America Latina: l’intreccio perverso tra politica e giustizia
Il golpe in Bolivia, le ombre sul giudice Moro in Brasile, le accuse a Macri in Argentina: storie di uso politico della giustizia e uso giudiziario della politica
Il golpe in Bolivia, le ombre sul giudice Moro in Brasile, le accuse a Macri in Argentina: storie di uso politico della giustizia e uso giudiziario della politica
In Bolivia la ex Presidente Añez è in carcere preventivo, accusata di golpismo. In Brasile, Lula, dopo il carcere e un processo mediatizzato, è stato assolto dalle accuse. In Argentina, il nuovo Ministro della Giustizia annuncia di voler smontare il lawfare contro la ex Presidente CFK. Storie diverse, ma con un elemento comune: l’uso politico della giustiziae l’uso giudiziario della politica.
Bolivia, il processo ‘golpe de Estado’
Da sabato scorso la ex Presidente ad interim della Bolivia, Jeanin Áñez, è in carcere preventivo per quattro mesi, accusata di essere responsabile del golpe del 2019. È attorno alla definizione di golpe che si consuma la frattura tra le parti in Bolivia. A novembre 2019, Áñez ha assunto la presidenza del Governo, a seguito delle elezioni presidenziali dell’ottobre dello stesso anno. Furono quelle elezioni a scatenare la spirale di ostilità tutt’ora in corso. Alle urne di ottobre risultò vittorioso il tre volte Presidente Evo Morales, del MaS – Movimento al Socialismo. L’opposizione lo accusò di brogli e un documento dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) presentò evidenze di irregolarità.
Añez era all’epoca vice Presidente del Senato boliviano. Dopo l’esilio forzato del Presidente e il suo vice ha assunto il Governo, grazie a un’interpretazione molto contestata della Costituzione. Anche il suo giuramento è materia d’accusa: si svolse in una seduta parlamentare priva del numero legale, si legge nella richiesta di cattura della procura.
Durante il primo mese di Governo Añez, si scatenarono gravi scontri tra i sostenitori dei due fronti, seguiti da una feroce repressione militare. I militari sono accusati di aver commesso gravi crimini, sostiene un rapporto della Commissione per i diritti umani dell’Onu. Vi furono 36 morti, decine di denunce di torture, stupri e violenze commesse dalle forze dell’ordine. Morales lasciò il Paese, Áñez assunse la presidenza con la promessa di portarlo a elezioni al più presto, ma non lesinò scelte importanti in materia economica. Intanto, col tempo si scoprì che il documento della OEA era assai lacunoso e parziale. Infine, a novembre 2020, la Bolivia tornò a votare e scelse Luis Arce, ex Ministro e leader del partito MaS di Morales. L’arresto di Áñez e dei suoi Ministri è l’ultima tappa delle ostilità tra il Governo del MaS di sinistra e l’opposizione di destra, divisi sull’interpretazione degli avvenimenti degli ultimi due anni. Sull’arresto, i sostenitori di Morales dicono che non si tratta di vendetta ma di giustizia per le vittime del golpe del 2019. Di tutt’altro avviso la diretta interessata, Jeanin Áñez, che accusa: “Il Mas decide e il sistema giudiziario obbedisce: mi condannano per un golpe che non c’è mai stato”, scrive sul suo profilo Twitter.
L’Alto Commissario per i diritti umani in Bolivia ha chiesto garanzie per un “processo giusto, imparziale e indipendente” per Áñez. Gli hanno fatto eco sia l’Unione europea, sia l’Organizzazione degli Stati Americani, con la richiesta di una commissione internazionale d’inchiesta. Le prese di posizione dell’OEA sul caso boliviano ne hanno fatto un attore ritenuto non imparziale dalla maggioranza degli osservatori.
Brasile, Lula libre
Sembra essere finita l’odissea giudiziaria di Luiz Inacio Lula da Silva, incarcerato per corruzione in un processo che ha raccolto l’attenzione del mondo.
Il giudice del Tribunale Supremo Federale del Brasile ha annullato le sentenze emesse dal 2017 contro l’ex Presidente nell’ambito delle indagini dell’operazione Lava Jato, la maxinchiesta contro la corruzione della politica brasiliana. Secondo il giudice del Supremo Tribunale, il tribunale federale di Curutiba, che ha emesso le sentenze contro il leader della sinistra, non aveva giurisdizione nel caso, e l’intera indagine dovrà dunque ripartire da capo nelle aule federali della capitale Brasilia.
La vicenda giudiziaria di Lula è spesso indicata come un caso di lawfare, la persecuzione giudiziaria – altamente mediatizzata – con finalità politica.
Nell’ambito dell’operazione Lava Jato, che portò alle dimissioni l’ex Presidente Dilma Rousseuf, si aprì un periodo di “stato di eccezione giurisdizionale”, scrivono i giuristi Rafael Valim e Rubens Casara. È in tale contesto che nel 2016 l’ex Presidente Lula venne accusato di aver ricevuto tangenti tramite la compagnia statale Petrobras. Il giudice Sergio Moro, Presidente del tribunale di Curitiba, lo condannò a nove anni e mezzo di carcere per aver ricevuto un immobile in una località di villeggiatura in cambio di favorire alcune aziende in gare d’appalto statali. Lula passò 580 giorni in una cella dell’edificio della polizia federale di Curutiba, fino alla sua scarcerazione a fine 2019. Moro, assurto alle cronache nazionali, divenne Ministro della Giustizia del Governo di estrema destra di Jair Bolsonaro. Oggi la Corte Suprema indaga il ruolo di Moro e la sua faziosità. Sono emersi messaggi tra pubblico ministero e il giudice, orientati pregiudizialmente alla condanna di Lula, in modo da escluderlo dalle elezioni presidenziali del 2018, in cui era ampiamente favorito. Moro intanto ha lasciato il Governo di Bolsonaro, dopo un forte scontro col Presidente sul ruolo delle forze di sicurezza. Lula potrà quindi presentarsi alle elezioni del 2022, per le quali conta su un forte appoggio popolare.
Argentina, giustizia che divide
Il neo Ministro della Giustizia, Martín Soria, ha assicurato che cercherà di “smontare il lawfare” in atto nel suo Paese, riferendosi al processo per corruzione contro la ex Presidente Cristina Kirchner. Ha specificato che non ha nessuna intenzione di “rimuovere i giudici” e ha affermato che la vice Presidente “vuole che sia la giustizia a scagionarla dalle accuse”.
Soria ha accusato il Governo precedente, di Mauricio Macri, di una relazione perversa con i giudici ai quali chiedeva condanne e assoluzioni in tempi rapidi, una giustizia ad personam. “Deve esserci una relazione istituzionale e trasparente tra i poteri dello Stato. Uno dei nostri obiettivi principali è porre fine alla giustizia a tavolino”, ha detto il Ministro.
È insorta l’opposizione, che accusa Soria di voler “trasformare la causa di corruzione kirchnerista in persecuzione politica. Noi difendiamo la verità e l’indipendenza della giustizia: chi ruba, paga”, ha scritto su Twitter Patricia Bullrich, Presidente del partito di centrodestra Propuesta Republicana (PRO).
Il caso colombiano
Il processo “golpe de Estado” in Bolivia, la vicenda di Sergio Moro, le notizie che vengono dall’Argentina, benché raccontino di Paesi e vicende diverse, sono manifestazioni di un fenomeno simile, di violazione sia del principio dell’indipendenza e imparzialità della giustizia, sia di quello della separazione dei poteri, garanzia del giusto processo e dello stato costituzionale di diritto.
In un’America Latina divisa da mille fratture, la relazione giustizia-politica è uno dei problemi indicati come di urgente soluzione. Ma vi sono anche vari casi virtuosi. Tra questi, quello forse meno conosciuto è la Colombia. Un Paese che si etichetta frettolosamente come Narco-Stato ha in realtà una magistratura autonoma ed efficace, come ha dimostrato in più occasioni, perseguendo sia grandi narcotrafficanti sia potenti politici, come nel caso dell’ex Presidente Alvaro Uribe.
Il golpe in Bolivia, le ombre sul giudice Moro in Brasile, le accuse a Macri in Argentina: storie di uso politico della giustizia e uso giudiziario della politica
In Bolivia la ex Presidente Añez è in carcere preventivo, accusata di golpismo. In Brasile, Lula, dopo il carcere e un processo mediatizzato, è stato assolto dalle accuse. In Argentina, il nuovo Ministro della Giustizia annuncia di voler smontare il lawfare contro la ex Presidente CFK. Storie diverse, ma con un elemento comune: l’uso politico della giustiziae l’uso giudiziario della politica.
Bolivia, il processo ‘golpe de Estado’
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