Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti saranno i nuovi membri dell’organizzazione, che rappresenterà il 37% del Pil mondiale e il 47% in termini demografici.
L’incontro tra capi di Stato e di Governo dei Paesi BRICS organizzato quest’anno in Sudafrica, con la pesante assenza di Vladimir Putin ma l’altrettanta importante presenza di Xi Jinping, ha portato alla decisione di allargare il gruppo — ora composto da Brasile, Russia, India, Cina e i padroni di casa sudafricani — ad Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Una scelta certamente non inaspettata dato che, come raccontato e anticipato su eastwest, il meeting di giugno dei Ministri degli Esteri aveva già segnato la strada all’ampliamento dell’organizzazione, che diventa ancor più globale abbracciando nazioni dell’area del Golfo, due nuovi ingressi dal continente africano e un importante vicino di casa del Brasile.
Una proiezione senza limiti quella dei BRICS, che stante così la realtà fattuale economica globale supera ampiamente il gruppo G7, che già aveva escluso dal club la Russia putiniana. Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti non arrivano a rappresentare neanche il 30% del Pil mondiale (a livello di popolazione solo il 9.8%), mentre il nuovo agglomerato di Stati tocca il 37% della ricchezza del pianeta, nonché il 47% delle persone abitanti la sfera terrestre. Numeri da capogiro che, legati all’incredibile peso politico che l’organizzazione potrebbe assumere, costringono l’Occidente a una profonda riflessione. Con l’avanzare degli anni, le democrazie occidentali sono state sempre più incapaci di cogliere i bisogni dell’altro mondo, quello che chiedeva da tempo maggiore rappresentatività sul piano internazionale e multilaterale.
Oggi si parla di multipolarità, rappresentata appieno dai BRICS: al suo interno, non solo la Cina, divenuta principale contendente alla supremazia statunitense, o la Russia, reazionaria e responsabile dell’invasione dell’Ucraina che ha modificato per sempre lo status quo internazionale. Pilastro portante del gruppo BRICS l’India, sponda amica per Stati Uniti —attraverso il Quad, insieme a Giappone e Australia — e Unione Europea nel contenimento di Pechino nel Pacifico e, dal 2024, l’Iran, nazione che diventerà membro effettivo, rientrando a pieno titolo nella comunità internazionale dopo l’allontanamento Usa voluto dall’amministrazione repubblicana di Donald Trump con l’uscita dal JCPoA.
Nell’allargamento dei BRICS si può leggere il fallimento delle cancellerie europee e dei Governi Usa nel non trovare con l’altro mondo una comune visione per affrontare le problematiche stringenti che affliggono l’umanità: dal cambiamento climatico al bisogno crescente di sicurezza, passando per un senso di ingiustizia che pervade ancora le comunità dei Paesi un tempo definiti in via di sviluppo, oggi stelle nascenti della nuova realtà internazionale, soffocati da regole e dettami imposti, che seguono ancora schemi novecenteschi, post seconda guerra mondiale.
Una realtà mal governata, che si è rivelata incapace di dare risposte, che ha escluso e non unito, obbligando i singoli Paesi a trovare forme alternative di collaborazione. La costruzione di nuove reti e la sottoscrizione di accordi tra capitali già da tempo dialoganti — il caso della Cina con Russia e Iran, i legami di Teheran con il Venezuela, gli agreement dell’India con Mosca — sono solo un esempio dei movimenti diplomatici, commerciali e militari avvenuti negli ultimi anni. Con la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran, mediate da Pechino, leggiamo la prima chiusura del capitolo di un libro che scriverà ancora tante pagine nel racconto delle relazioni internazionali attuali e future, dove il gruppo BRICS giocherà un ruolo da protagonista nella competizione per la primazia internazionale.
L’incontro tra capi di Stato e di Governo dei Paesi BRICS organizzato quest’anno in Sudafrica, con la pesante assenza di Vladimir Putin ma l’altrettanta importante presenza di Xi Jinping, ha portato alla decisione di allargare il gruppo — ora composto da Brasile, Russia, India, Cina e i padroni di casa sudafricani — ad Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Una scelta certamente non inaspettata dato che, come raccontato e anticipato su eastwest, il meeting di giugno dei Ministri degli Esteri aveva già segnato la strada all’ampliamento dell’organizzazione, che diventa ancor più globale abbracciando nazioni dell’area del Golfo, due nuovi ingressi dal continente africano e un importante vicino di casa del Brasile.
Una proiezione senza limiti quella dei BRICS, che stante così la realtà fattuale economica globale supera ampiamente il gruppo G7, che già aveva escluso dal club la Russia putiniana. Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti non arrivano a rappresentare neanche il 30% del Pil mondiale (a livello di popolazione solo il 9.8%), mentre il nuovo agglomerato di Stati tocca il 37% della ricchezza del pianeta, nonché il 47% delle persone abitanti la sfera terrestre. Numeri da capogiro che, legati all’incredibile peso politico che l’organizzazione potrebbe assumere, costringono l’Occidente a una profonda riflessione. Con l’avanzare degli anni, le democrazie occidentali sono state sempre più incapaci di cogliere i bisogni dell’altro mondo, quello che chiedeva da tempo maggiore rappresentatività sul piano internazionale e multilaterale.