La IEA prevede che le emissioni di anidride carbonica saliranno a 33 miliardi di tonnellate nel 2021. In questo contesto, Biden convoca un summit virtuale con 40 leader
La IEA prevede che le emissioni di anidride carbonica saliranno a 33 miliardi di tonnellate nel 2021. In questo contesto, Biden convoca un summit virtuale con 40 leader
Con milioni chiusi in casa, molte attività ferme e il crollo del traffico aereo l’aria delle città del pianeta è stata più pulita per un anno. Niente sarà più come prima, ci siamo detti, e tra le cose che immaginavamo durante i faticosi mesi del lockdown più severo c’era anche la speranza che la pandemia portasse con sé riflessioni su un modello di consumo delle risorse naturali che, per usare un eufemismo, sta mostrando diverse crepe.
La speranza è l’ultima a morire e qualche segnale positivo c’è, ma i dati diffusi dalla IEA, la International Energy Agency, nel suo Global Energy Review 2021 indicano quanto lo sforzo necessario per rendere l’aria dell’atmosfera più pulita resti immane. Nel rapporto si prevede che le emissioni di anidride carbonica saliranno a 33 miliardi di tonnellate, con un aumento di 1,5 miliardi di tonnellate rispetto al 2020. Si tratterebbe del più grande aumento in più di un decennio dovuto, certo, al crollo delle emissioni del 5,8% determinato dal lockdown, ma comunque un segnale che le cose non cambiano da sole.
L’aumento delle emissioni sarà causato prevalentemente dall’uso del carbone della macchina produttiva asiatica che per prima si è rimessa in moto: l’80% dell’aumento di consumo di carbone dovrebbe venire dalla Cina.
Il Leaders Summit on Climate
È in questo contesto che Joe Biden ha convocato 40 leader tra cui i 17 dei Paesi responsabili per l’80% delle emissioni, a un vertice virtuale il 22 e 23 di aprile. “Il Leaders Summit on Climate sottolineerà l’urgenza – e i benefici economici – di un’azione più forte in materia di clima. Sarà una pietra miliare sulla strada verso la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP26) il prossimo novembre a Glasgow”, leggiamo sul comunicato che presenta l’iniziativa. Il comunicato è enfatico, ma lo sforzo dell’amministrazione reale. La partecipazione brasiliana, cinese e indiana è un segnale positivo, i nuovi grandi inquinato ci saranno e, nonostante le tensioni, su questa materia Stati Uniti e Cina puntano più a competere che non a farsi i dispetti. La scorsa settimana lo “zar” per il clima John Kerry è stato a Shanghai dove ha incontrato l’inviato speciale della Cina per il cambiamento climatico, Xie Zhenhua, i due hanno promesso cooperazione: “Gli Stati Uniti e la Cina sono impegnati a cooperare tra loro e con altri Paesi per affrontare la crisi climatica, che deve essere affrontata con la serietà e l’urgenza che richiede” si legge nella dichiarazione congiunta.
Al summit l’amministrazione presenterà i propri nuovi obbiettivi, molto più ambiziosi di quelli di Parigi e di quelli individuati durante la presidenza Obama. Il Presidente si impegnerà a ridurre le emissioni di gas serra degli Stati Uniti almeno della metà entro la fine del decennio – ma senza presentare un piano dettagliato. Biden ha imbarcato pezzi consistenti dell’industria, ha messo in moto una macchina diplomatica e anche una che potremmo definire di narrativa nei confronti del popolo americano. Il 19 aprile il Segretario di Stato Blinken ha rivolto un discorso al Paese dalla Baia di Chesapeake raccontando come quell’area dove vivono 18 milioni di persone e 30mila vivono di pesca, sia a rischio.
Nel suo discorso Blinken ha ricordato la catastrofica stagione degli incendi in California e i milioni di ettari non seminati a causa delle inondazioni, tutto per un costo di 100 miliardi di dollari in un anno. Il capo della diplomazia Usa non ha sottolineato solo i costi umani ed economici della crisi climatica ma, come il suo ruolo impone, tutti i rischi che questa porta con sé sugli scenari internazionali. Blinken ha parlato di aumento delle migrazioni, nuovi conflitti possibili e di competizione internazionale: “La Cina è il più grande produttore ed esportatore di pannelli solari, turbine eoliche, batterie, veicoli elettrici. Detiene quasi un terzo dei brevetti mondiali sulle energie rinnovabili. Se non ci mettiamo al passo, l’America perderà la possibilità di plasmare il futuro climatico del mondo in un modo che rifletta i nostri interessi e valori, e perderemo innumerevoli posti di lavoro”. E poi anche cooperazione internazionale perché, se cambiano solo gli Stati Uniti, non serve.
L’ostacolo dei repubblicani
Il tentativo americano di intestarsi la leadership della lotta al cambiamento climatico è per adesso poco credibile. Biden dovrà riuscire a far davvero passare alcune leggi in Senato, trovare i soldi e mettere in moto meccanismi reali per tradurre la nuova linea ambientalista in realtà. Lo sforzo sembra essere quello. Allo stesso modo e con difficoltà simili si trova l’Europa. La Gran Bretagna ha annunciato l’obbiettivo del taglio del 78% delle emissioni per il 2035. L’Europa è pure impegnata in uno sforzo in questa direzione, ma come leggiamo in un rapporto dell’European Council on Foreign Relations, sono divisi su molte cose: hanno opinioni diverse su questioni quali il ruolo dell’energia nucleare nel futuro mix energetico europeo, le tecnologie ponte nella transizione verso le zero emissioni nette e le conseguenze socioeconomiche della chiusura delle industrie ad alta intensità di carbonio. I fronti non sono due, ma diversi e per sottogruppi e sottoinsiemi, c’è chi è contrario al nucleare ma favorevole al carbone e viceversa, il che rende al contempo più difficile e facile trovare delle mediazioni. Con il problema che il clima, a differenza dell’economia, non è una creazione dell’uomo, ma va avanti per conto suo, a prescindere dalle mediazioni e dalla lungaggini necessarie per prendere decisioni e implementarle.
Vedremo se il vertice di Biden sarà solo una passerella o porterà ad annunci pesanti. Sarà comunque un momento importante per sensibilizzare l’opinione pubblica americana e mondiale. E per contrastare il messaggio di figure come Mike Pompeo, ex segretario di Stato con mire alla candidatura presidenziale repubblicana che scrive su Twitter: “In ogni decisione che abbiamo preso, abbiamo messo l’America al primo posto. Sembra che la missione dell’amministrazione Biden sia più simile a “Il cambiamento climatico prima di tutto”. Questo non è ciò che gli americani vogliono o di cui hanno bisogno”. L’atteggiamento repubblicano, che cavalcherà la protesta di chi verrà inizialmente colpito dalla trasformazione epocale che si annuncia, sarà un ostacolo enorme per Biden.
La IEA prevede che le emissioni di anidride carbonica saliranno a 33 miliardi di tonnellate nel 2021. In questo contesto, Biden convoca un summit virtuale con 40 leader
Con milioni chiusi in casa, molte attività ferme e il crollo del traffico aereo l’aria delle città del pianeta è stata più pulita per un anno. Niente sarà più come prima, ci siamo detti, e tra le cose che immaginavamo durante i faticosi mesi del lockdown più severo c’era anche la speranza che la pandemia portasse con sé riflessioni su un modello di consumo delle risorse naturali che, per usare un eufemismo, sta mostrando diverse crepe.
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Abbonati per un anno a tutti i contenuti
del sito e all'edizione cartacea + digitale della rivista di
geopolitica