Coronavirus: in Africa la sussistenza quotidiana è a rischio. In un continente dove ogni anno si muore di AIDS, malattie respiratorie e malaria, la risposta alla pandemia deve essere differente
La storia si ripete, ancora una volta. Il Covid-19 è arrivato in Africa e nessuno è pronto. Questa volta la minaccia al continente nero non si presenta sotto forma di vascelli e di conquistadores, ma il suo effetto sarà altrettanto catastrofico.
Dopo aver creduto per mesi che l’Africa potesse rimanere immacolata dalla diffusione della pandemia, dal Senegal alla Tanzania, fino al Sudafrica, i primi tamponi hanno cominciato a mostrare positività, prima tra i lavoratori stranieri e poi tra gli africani. Un professore dell’Università del Ruanda conosce bene la situazione: “In Congo se non esci di casa non mangi, e in Etiopia è stato detto a una collega di lasciare il Paese, lavora nel nord, dove si temono rivolte sociali”. In un continente dove ogni anno un milione di persone muore di AIDS, un altro milione di malattie respiratorie e 500mila di malaria, Covid-19 sarà il colpo di grazia o semplicemente farà parte della lista?
L’avvento della pandemia ha certamente terrorizzato i Governi africani, che ancora una volta hanno fornito alla loro popolazione una soluzione occidentale. Uno dopo l’altro i Paesi al di sotto del Sahel hanno intrapreso misure di lockdown, distanziamento sociale e hanno bloccato le attività scolastiche, i mercati, gli uffici, le cerimonie pubbliche e religiose, proprio come è successo in Cina, in Europa e negli Stati Uniti. Poi, come prescrive l’Oms, hanno detto ai loro cittadini di usare sistemi di protezione personale, di lavarsi spesso le mani e di igienizzare le loro case. In un continente dove il 60% della popolazione ricava il proprio cibo dal lavoro quotidiano nei campi, al danno si è aggiunta la beffa.
Nell’Africa subsahariana, 340 milioni di persone non hanno accesso all’acqua pulita e ogni giorno devono percorrere chilometri per riempire le taniche. Dove ogni mattina si spera solo di trovare un lavoro occasionale per guadagnare i €0,50 necessari per comprare il pane per il pasto quotidiano della propria famiglia, le raccomandazioni dell’Oms suonano come pallottole sparate a un uomo in fin di vita. Gli studenti sono stati mandati via dalle scuole superiori e questo significa che ora ogni famiglia ha più bocche da sfamare. Il commercio di generi alimentari, che garantisce l’esistenza di una parte importante della popolazione, è stato bloccato e, non essendoci alcuna forma di previdenza sociale, la sussistenza quotidiana di milioni di persone è minacciata.
“La situazione in alcuni villaggi è terribile. La gente faticava a vivere prima dell’isolamento, ora è molto difficile per loro, molti non hanno scorte” ammette un sacerdote nel nord del Ruanda dove attraverso la Caritas parrocchiale cercano di aiutare come possono.
Quelli che stanno facendo qualcosa sono la Banca Mondiale e soprattutto il Fondo monetario internazionale. Entrambi hanno stanziato circa 60 miliardi di dollari a tasso zero per i Paesi più poveri e stanno lanciando un programma G2P (government to people) in cui cercheranno di eliminare quanta più burocrazia possibile e di consegnare il denaro ai cittadini in due soli step. Il 3 aprile scorso Malpass (Bm), Georgieva (Fmi), il Presidente dell’Unione Africana Ramaphosa e alcuni governatori, tra cui Kagame (Ruanda) e Kenyatta (Kenya), si sono incontrati in streaming per affrontare il problema e decidere le prime misure da adottare.
Kagame ha twittato dopo l’incontro: “Abbiamo discusso della necessità che l’Africa sia unita, parli con una sola voce. Un grazie alle iniziative delle istituzioni africane, come la Banca africana di sviluppo e la Trade Finance Bank of Africa, per il loro sostegno”.
Il Fmi ha approvato un esborso di 109 milioni di dollari a favore del Ruanda in risposta agli effetti economici del virus. Nel piccolo Paese africano, il Governo sta cercando di aiutare i cittadini più colpiti andando di casa in casa con riso e fagioli per chi soffre la fame. Si è iniziato nella capitale, Kigali, ma non è garantito che si riuscirà a coprire l’intero Paese. La mattina del 6 aprile, giorno importante per i ruandesi, il 26° anniversario dell’inizio del genocidio, il Governo ha voluto inviare un messaggio importante e tagliare gli stipendi di tutti i membri del gabinetto, del Parlamento e degli alti funzionari. Il denaro sarà utilizzato per aumentare gli strumenti di previdenza sociale.
![Coronavirus, Africa: sussistenza quotidiana a rischio](https://eastwest.eu/wp-content/uploads/2020/04/coronavirus-africa-2.jpeg)
Nei Paesi occidentali è dimostrato che il virus è più letale nelle fasce d’età più anziane e questo potrebbe essere un fattore a favore dell’Africa, dove l’età media è di 19 anni, molto meno dei 38 della Cina e dei 43 dell’Europa. Nell’Africa subsahariana, invece, le malattie respiratorie sono tra le più letali e uccidono soprattutto i bambini sotto i 5 anni che saranno tra i più colpiti dal virus. Mentre negli Stati Uniti le unità di terapia intensiva sono 34 ogni 100.000 abitanti, in Germania 29 e in Italia 12, in Uganda sono 0,1 e in media in Africa 0,3. I sistemi sanitari sono già sotto stress per le malattie che normalmente affliggono la popolazione. Preparare un piano efficace di risposta al virus sarebbe molto complicato, se non impossibile. “I decessi di Covid-19 in Africa saranno probabilmente registrati e classificati nelle grandi città, per il resto si muore senza sapere perché. Si muore di malaria. Si muore di fame, ancora. Quindi, un virus non fa differenza”, conclude il professore.
Cosa fare allora? Di cosa dovrebbero preoccuparsi maggiormente i Governi africani? Dovrebbero concentrarsi sulla salvaguardia della salute o evitare il baratro economico? Kagame ha ragione quando dice che la risposta africana deve essere unica, ma la risposta africana deve essere africana perché deve rispondere alle esigenze degli africani e non degli occidentali.
Aiutare l’Africa costa incredibilmente meno di qualsiasi altro continente. Il Fmi e le Nazioni Unite devono prima di tutto aiutare i Governi africani a resistere all’impatto della pandemia, aumentando i finanziamenti e inviando materiali. Poi, quando la tempesta sarà passata in Occidente, gli Stati Uniti e l’Europa devono fare un ulteriore sforzo per affrontare il virus in Africa inviando personale e attrezzature. Inoltre, la Cina, che negli ultimi anni ha investito più di chiunque altro nello sviluppo del continente, dovrà continuare a fornire il suo contributo economico e a mettere le sue competenze al servizio degli Africani.
Un modello unico non va bene per tutti e l’Africa, che ha problemi che altri non hanno, probabilmente più gravi di Covid-19, deve essere in grado di attuare politiche sociali, economiche e di welfare che non annullino tutti i successi ottenuti, con fatica, negli ultimi anni.
Guarda lo speciale coronavirus Africa.
Dopo aver creduto per mesi che l’Africa potesse rimanere immacolata dalla diffusione della pandemia, dal Senegal alla Tanzania, fino al Sudafrica, i primi tamponi hanno cominciato a mostrare positività, prima tra i lavoratori stranieri e poi tra gli africani. Un professore dell’Università del Ruanda conosce bene la situazione: “In Congo se non esci di casa non mangi, e in Etiopia è stato detto a una collega di lasciare il Paese, lavora nel nord, dove si temono rivolte sociali”. In un continente dove ogni anno un milione di persone muore di AIDS, un altro milione di malattie respiratorie e 500mila di malaria, Covid-19 sarà il colpo di grazia o semplicemente farà parte della lista?