I fatti di Kabul diminuiscono l’influenza di Washington in Medio Oriente, lasciando il campo a molti attori regionali. E non parliamo solo dell’Arabia Saudita…
I fatti di Kabul, con i Talebani che sono ritornati al potere, non interessano solo Washington o i Paesi europei che temono nuove ondate migratorie, ma hanno un riverbero non indifferente anche nel Medio Oriente. Non solo perché molti Paesi mediorientali e del Golfo hanno interessi e rapporti con il Paese dei pashtun; ma soprattutto perché il ritiro americano dall’Afghanistan e la presa del potere da parte dei Talebani diminuiscono in Medio Oriente l’influenza di Washington, lasciando alcuni Paesi nel mezzo. Come l’Arabia Saudita.
Arabia Saudita
l regno dei Saud non ha mai fatto mistero delle sue relazioni nel Paese, dal finanziamento dei combattenti mujaheddin all’organizzazione dei colloqui di pace del 2008 a Medina, solo per citare qualcosa. Dopo l’apertura nel 2013 di un’ambasciata talebana a Doha, l’Arabia Saudita ha affermato che il Qatar ha sostenuto il “terrorismo”. Ma secondo un ex combattente afgano, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno cercato di ospitare i Talebani prima che il gruppo aprisse una rappresentanza in Qatar. Quando il principe ereditario Mohammad bin Salman (MBS) visitò il Pakistan due anni fa, si disse che avrebbe potuto incontrare rappresentanti dei Talebani, incontro poi non confermato.
Con la partenza americana, il Regno ha mostrato un netto distacco nei confronti degli sviluppi in Afghanistan, anche perché la visione di un Islam moderato di MBS (almeno nelle intenzioni) cozza con quella talebana. Riad è ferma alleata di Washington e non ha interesse che l’autorità mediorientale di quest’ultima venga minata. Intanto, ha evacuato tutto il suo personale diplomatico da Kabul. Le preoccupazioni per la crescita di un Islam meno moderato nell’area, sono anche di Egitto e Giordania, che vivono, soprattutto il secondo, periodi di non eccessiva stabilità e che temono rigurgiti fondamentalisti che possano inficiare la loro credibilità e immagine internazionale.
Iraq, Siria, Libano
Secondo gli analisti, il successo dei Talebani in Afghanistan avrà implicazioni anche per l’angolo più infiammabile del Medio Oriente. Sia in Iraq che in parti della Siria, dove gli Stati Uniti mantengono una presenza militare, l’uscita americana sarà inquietante, perché può creare un precedente. In Libano, che è diventato a tutti gli effetti uno Stato fallito, la débâcle in Afghanistan si aggiunge all’oscurità del momento e ringalluzzisce i movimenti fondamentalisti che non aspettato altro che prendere il potere nel Paese dei cedri. Spettatore inerme ma fortemente interessato è Israele, che deve fare i conti soprattutto con le implicazioni della battuta d’arresto subita dal suo principale alleato.
Israele
L’aumento dell’instabilità in Medio Oriente non è sicuramente a vantaggio di Israele. Tra Gerusalemme e Kabul non ci sono rapporti e l’Afghanistan ha più volte condannato la posizione israeliana contro i palestinesi. La presa dei Talebani preoccupa non poco Gerusalemme, così come la perdita di influenza americana nell’area. Hamas si è affrettata a salutare la vittoria talebana, parlando di incitamento a continuare a resistere alle occupazioni. A Gaza si è festeggiato e i leader palestinesi meno dialoganti si sono riuniti per definire le nuove azioni da intraprendere contro Israele. E, mentre discutevano, un razzo partito dalla striscia è stato intercettato dall’Iron Dome israeliano. Gerusalemme si sente ancora di più assediata e la situazione afghana fa temere per un isolamento maggiore, dovuto appunto alla perdita di influenza americana nell’area. Dall’altro lato, molti commentatori dello Stato ebraico leggono similitudini tra la questione afghana e quella palestinese, con il pericolo che, quindi, un ritiro o un allentamento del controllo israeliano sul territorio palestinese, possa portare alla crescita di uno Stato islamico fondamentalista. Ma, ovviamente, i due luoghi non sono paragonabili.
Iran, Turchia
È vero però che il ritorno dei Talebani ha dato vigore e incitamento al fondamentalismo nell’area. L’Iran è ovviamente il Paese più interessato non solo perché ospita migliaia di afghani, non solo perché condivide con l’Afghanistan un lungo confine, ma anche perché il ritiro americano e la perdita di influenza aumenta di contro la propria nell’area. Con i Talebani, pur non condividendo le identiche idee religiose, l’Iran ha sempre mantenuto rapporti. Anche perché teme che una nuova guerra civile possa provocare una nuova ondata di profughi nel proprio Paese, già minato dalle sanzioni. Ecco perché Teheran si è adoperata più volte per portare avanti colloqui di pace tra le fazioni e riempire così gli spazi lasciati vuoti da Washington.
Spazi che fanno gola anche ad Ankara, che mira non solo al controllo dell’aeroporto, ma anche ad altri investimenti, per accreditarsi sempre più, in assenza americana, come il più importante playmaker mediorientale, capace di tenere rapporti con tutti i Paesi. Non a caso lo stesso Erdogan si è reso disponibile a trattare con i Talebani.
I fatti di Kabul diminuiscono l’influenza di Washington in Medio Oriente, lasciando il campo a molti attori regionali. E non parliamo solo dell’Arabia Saudita…