A Tienanmen tutti di nuovo in piazza, trentuno anni dopo il massacro
Del massacro di Tienanmen in Cina non se ne parla. Ma a Hong Kong il ricordo della strage è forte; nonostante il divieto, in migliaia scesi in piazza per una fiaccolata
Manifestanti indossano mascherine protettive mentre partecipano a una fiaccolata per ricordare il 31° anniversario della repressione delle proteste democratiche in Piazza Tiananmen a Pechino nel 1989, dopo che la polizia ha respinto la veglia di massa annuale per motivi di salute pubblica, a Victoria Park, a Hong Kong , Cina, 4 giugno 2020. REUTERS/Tyrone Siu
Del massacro di Tienanmen in Cina non se ne parla. Ma a Hong Kong il ricordo della strage è forte; nonostante il divieto, in migliaia scesi in piazza per una fiaccolata
Manifestanti indossano mascherine protettive mentre partecipano a una fiaccolata per ricordare il 31° anniversario della repressione delle proteste democratiche in Piazza Tiananmen a Pechino nel 1989, dopo che la polizia ha respinto la veglia di massa annuale per motivi di salute pubblica, a Victoria Park, a Hong Kong , Cina, 4 giugno 2020. REUTERS/Tyrone Siu
Il 4 giugno del 1989 – trentuno anni fa, ieri – il Governo cinese represse con violenza le proteste di studenti e lavoratori che chiedevano maggiori riforme democratiche. L’episodio è noto come “il massacro di Tienanmen”, dal nome della grande piazza di Pechino in cui si erano concentrate le manifestazioni. Ancora oggi non si conosce il numero esatto dei morti: 300 secondo le autorità cinesi; diverse migliaia, invece, per gli attivisti e i familiari delle vittime.
Di quanto successo a Pechino nel 1989 in Cina non si parla: il Partito comunista ha infatti imposto una censura fortissima, sia su Internet che fuori, con l’obiettivo di cancellare i fatti dalla memoria storica nazionale. Il ricordo della strage è invece forte a Hong Kong, l’unico territorio cinese – insieme a Macao – in cui le commemorazioni delle proteste di piazza Tienanmen sono consentite, in virtù del regime amministrativo speciale a cui è sottoposta la regione.
Quest’anno però, per la prima volta, la polizia di Hong Kong ha vietato la grande (e molto sentita) veglia a Victoria Park, ufficialmente per evitare assembramenti e quindi nuovi contagi da coronavirus. C’è tuttavia chi crede che il vero motivo sia un altro, di natura politica: la Cina starebbe cioè già comprimendo le libertà di Hong Kong dopo l’approvazione – ma l’iter non è concluso – di una nuova legge sulla sicurezza nazionale, che in sostanza aumenterà l’ingerenza di Pechino negli affari della ex-colonia britannica. Mettendo fine al modello di semi-autonomia condensato nella formula “un Paese, due sistemi”.
Nonostante il divieto, comunque, a Hong Kong una sorta di fiaccolata c’è stata lo stesso: migliaia di persone sono scese in strada con una candela accesa per osservare un minuto di silenzio. Ma tra gli abitanti della città circola il timore che le celebrazioni di quest’anno possano essere le ultime, vista la stretta sulle libertà che Pechino si prepara a imporre su Hong Kong. I dettagli della legge sulla sicurezza nazionale non sono chiari, ma è possibile che possa venire impiegata per giustificare la repressione delle forme di dissenso verso il Partito comunista.
Un passo importante verso la limitazione della libertà di espressione a Hong Kong è comunque avvenuto proprio ieri, nel trentunesimo anniversario del massacro di Tiananmen. Il Parlamento di Hong Kong ha infatti approvato una legge sul vilipendiodell’inno nazionale cinese, che prevede multe e perfino il carcere (fino a tre anni) per chiunque manchi di rispetto alla Marcia dei volontari, ad esempio fischiando contro l’inno oppure distorcendone il testo e la musica.
Il 4 giugno del 1989 – trentuno anni fa, ieri – il Governo cinese represse con violenza le proteste di studenti e lavoratori che chiedevano maggiori riforme democratiche. L’episodio è noto come “il massacro di Tienanmen”, dal nome della grande piazza di Pechino in cui si erano concentrate le manifestazioni. Ancora oggi non si conosce il numero esatto dei morti: 300 secondo le autorità cinesi; diverse migliaia, invece, per gli attivisti e i familiari delle vittime.
Di quanto successo a Pechino nel 1989 in Cina non si parla: il Partito comunista ha infatti imposto una censura fortissima, sia su Internet che fuori, con l’obiettivo di cancellare i fatti dalla memoria storica nazionale. Il ricordo della strage è invece forte a Hong Kong, l’unico territorio cinese – insieme a Macao – in cui le commemorazioni delle proteste di piazza Tienanmen sono consentite, in virtù del regime amministrativo speciale a cui è sottoposta la regione.
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