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Elezioni anticipate: che governo ne uscirà?


I partiti sono ormai da settimane in piena corsa verso il voto, consapevoli di dover sfruttare ogni giorno di quella che sarà una campagna elettorale cortissima, ancor più per uno stato che non è abituato a tornare a votare prima della fine naturale della legislatura.

In Germania, è caduto il governo guidato da Olaf Scholz. Da settimane si sapeva con certezza che sarebbe accaduto e lunedì è successo effettivamente, quando il Bundestag non ha accordato la fiducia a Scholz e ai suoi ministri. Per continuare a governare, all’esecutivo serviva il sostegno della maggioranza assoluta dei deputati, corrispondente a 367 voti su 733. Ad esprimersi favorevolmente sono stati però soltanto in 207, a fronte di 394 voti contrari e 116 astenuti.

A votare a favore della continuazione del governo Scholz sono stati ovviamente i socialdemocratici, compagni di partito del Cancelliere. Ma non soltanto: con ogni probabilità alcuni dei voti di fiducia sono arrivati dalle file di AfD, la formazione di estrema destra. AfD è isolata dagli altri partiti, che hanno deciso di non collaborarci per via delle sue posizioni xenofobe e a tratti neo-naziste. Nei giorni scorsi era tuttavia emersa la volontà del partito di ultradestra di accordare la fiducia a Scholz, per creare scompiglio. In questo modo, AfD avrebbe costretto l’esecutivo ad andare avanti ed avrebbe perciò vanificato l’accordo raggiunto tra le altre forze politiche per organizzare nuove elezioni a fine febbraio. Per evitare che questo potesse accadere, i Verdi hanno deciso di astenersi dal voto di fiducia, nonostante facessero parte a tutti gli effetti della maggioranza.

Ora che è stato sfiduciato, Olaf Scholz chiederà che il Parlamento venga sciolto, come precedentemente accordato anche con l’opposizione. Da quel momento, il Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier avrà 21 giorni per sciogliere il Bundestag. Una volta che questo sarà accaduto, la Germania avrà 60 giorni di tempo per tenere le nuove elezioni federali. In ogni caso, le diverse forze politiche hanno già concordato che il voto si terrà il 23 febbraio.

Per la Germania, la sfiducia a Scholz e i passaggi che avverranno nei prossimi giorni hanno un significato relativo. I partiti sono ormai da settimane in piena corsa verso il voto, consapevoli di dover sfruttare ogni giorno di quella che sarà una campagna elettorale cortissima, ancor più per uno stato che non è abituato a tornare a votare prima della fine naturale della legislatura.

I sondaggi presentano una partita che sembra già chiusa o quasi. In testa c’è la CDU: il partito cristianodemocratico è dato costantemente sopra al 30% e si prepara a guidare il Paese con il proprio candidato alla cancelleria, Friedrich Merz. Le altre formazioni sono ampiamente staccate. Al secondo posto c’è AfD, con il 19% delle intenzioni di voto. Pochi punti più indietro si trovano i socialdemocratici, che con la ricandidatura dell’impopolarissimo Scholz hanno fatto capire di non ambire a nulla di più che non a salvare il salvabile. Nemmeno i Verdi possono puntare ad un risultato importante: da mesi navigano poco sopra il 10% e sembra impossibile che possano avvicinarsi all’estrema destra o ai propri partner di governo.

Le uniche incognite riguardano le performance dei partiti più piccoli. Il Bündnis Sahra Wagenknecht - nato da una scissione dalla Linke, la sinistra tedesca - sembra essere in una fase di calo, dopo l’euforia iniziale, ma comunque saldamente sopra la soglia di sbarramento del 5%. Diverso è il discorso per Liberali e Linke. Il partito di Christian Lindner, al centro dell’attenzione per il ruolo avuto nella caduta dell’esecutivo, è tutt’altro che certo di entrare nel nuovo Bundestag. La sinistra è invece relegata a percentuali minime e dovrebbe essere tagliata fuori dai giochi.

Più che il voto, che già sembra indirizzato, sarà interessante osservare quello che accadrà dopo. Comunque vada, la CDU non avrà infatti i numeri necessari per governare da sola e dovrà quindi trovare degli alleati. Ma non sarà un compito semplice, anche considerando che una collaborazione con l’estrema destra è stata ripetutamente esclusa e che l’alleato naturale della CDU, i Liberali, rischiano di non essere presenti in Parlamento. Il partito di Merz sarà quindi costretto a rivolgersi a Socialdemocratici o Verdi, se non a entrambi. Dovendo accettare dei compromessi significativi, considerata la distanza che lo divide dalle altre due formazioni.

 

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