Non si sa ancora se le elezioni, previste in tre tornate a partire dal 22 maggio, siano state cancellate o solo rimandate, ma che Abu Mazen non avesse intenzione di cedere il potere era chiaro
Non si sa ancora se le elezioni, previste in tre tornate a partire dal 22 maggio, siano state cancellate o solo rimandate, ma che Abu Mazen non avesse intenzione di cedere il potere era chiaro
Studenti palestinesi camminano in un’università di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, 1 aprile 2021. REUTERS/Ibraheem Abu Mustafa
Entro la fine della settimana da Ramallah si dovrebbe svelare il segreto di Pulcinella: le elezioni nei Territori Palestinesi, previste in tre tornate a partire dal 22 maggio, non si terranno. Non si sa se cancellate o solo rimandate. In verità sono pochi coloro i quali hanno creduto che i palestinesi quest’anno, dopo 15 anni di attesa, sarebbero stati chiamati a maggio per eleggere il loro Parlamento, a luglio il loro Presidente e ad agosto il Parlamento dell’Olp.
Che Mahmoud Abbas (Abu Mazen) non avesse alcuna intenzione di cedere il potere era chiaro e i dati elettorali degli ultimi tempi, associati a una politica suicida di Fatah, ha messo il partito che fu di Yasser Arafat in una situazione di inferiorità rispetto a tutti. Per la stampa libanese e per alcuni funzionari egiziani, il Presidente dell’Autorità Palestinese avrebbe già deciso di rinviare o cancellare le elezioni previste per il prossimo 22 maggio. La motivazione risiederebbe nell’impossibilità di tenere le elezioni anche a Gerusalemme est per il rifiuto israeliano, rifiuto che in verità non c’è mai stato.
Fino a oggi, le autorità israeliane non hanno mai annunciato né smentito che permetteranno, come già successo nel 2006, le elezioni palestinesi anche a Gerusalemme est. In particolare un alto funzionario del Ministero degli Esteri israeliano ha ribadito che il suo Paese non intende bloccare o essere coinvolto nelle elezioni palestinesi. Lo ha detto il direttore politico del Ministero degli Esteri Alon Bar agli ambasciatori europei, dopo che questi si sono incontrati con Bar per sottolineare “l’importanza delle elezioni democratiche nei Territori Palestinesi per rafforzare la partecipazione e la responsabilità politica, nonché i controlli e gli equilibri democratici”, secondo alcuni tweet pubblicati da molte ambasciate.
L’Unione europea e i singoli Paesi del vecchio continente avevano più volte richiesto a Israele di non impedire le operazioni di voto palestinesi, arrivando anche a proporre un voto online che è stato però respinto come possibilità dal Governo di Ramallah. Dopotutto Israele avrebbe potuto addurre motivi di ordine pubblico, visto che da giorni si registrano scontri tra la comunità araba e quella ebraica prima e poi con la polizia, dinanzi alla porta di Damasco, una delle otto porte della città vecchia di Gerusalemme, attraverso la quale sia arabi che ebrei raggiungono i loro luoghi sacri.
Cosa è successo
Tutto è cominciato con le restrizioni del Ramadan, per il quale la polizia ha cercato di impedire ai non vaccinati di salire sulla spianata. Gruppi della destra ebraica hanno marciato contro gli arabi al grido di “morte agli arabi” mentre questi, al grido di “Allah Akbar” hanno attaccato ebrei e polizia. Scontri anche a Sheikh Jarrah, storico quartiere di Gerusalemme est, a causa di allontanamenti forzati di residenti arabi da case che rivendicano gli ebrei. Ma la polizia israeliana, dopo giorni di assedio, ha anche tolto le barriere dinanzi alla porta di Damasco, riducendo le tensioni. Neanche il dossier di 213 pagine di Human Right Watch che definisce Israele Stato apartheid ha sortito alcun effetto, se non la reazione di pragmatica di Israele e l’ovazione di Ramallah che, comunque, impedendo di fatto le elezioni da 15 anni e bloccando i contribuiti a Gaza, all’interno del suo territorio opera comunque una sorta di apartheid nei confronti dei palestinesi. Sia il giornale libanese Al-Akhbar che il network emiratino Al Arabiya riportano la notizia che Abu Mazen avrebbe già informato i Paesi europei, la Giordania e l’Egitto della decisione di non tenere le elezioni; non è chiaro se sospenderle per rinviarle a data certa o cancellarle per il momento. Il media di Dubai cita anche fonti dell’intelligence egiziana, che ha lavorato molto nei mesi scorsi per ricucire lo strappo tra Fatah e Hamas e portare il Paese alle prime elezioni dopo 15 anni, per ribadire che i vertici palestinesi avrebbero già deciso sul non tenere la tornata elettorale.
Da diversi giorni, sia il Presidente palestinese che il Primo Ministro Sthayyeh hanno ribadito che senza Gerusalemme est non si sarebbero tenute le elezioni, per una questione politica, perché avrebbe significato accettare il controllo israeliano sulla città che da Ramallah considerano la capitale. Hamas però si è dichiarata contraria alla scelta e spinge affinché si tengano lo stesso le consultazioni, forte del suo consenso elettorale che lo da in testa rispetto a Fatah. Secondo molti osservatori, quella di Gerusalemme est sarebbe solo una scusa per Abbas per non perdere il potere, dal momento che lui e Fatah sono dati dietro a molti altri. Decisione, quella del non tenere le elezioni, che se da un lato priva per l’ennesima volta il popolo palestinese di un legittimo esercizio democratico, riduce il rischio per Stati Uniti, Israele e molte potenze occidentali che considerano Hamas gruppo terrorista, di trovarsi questi come interlocutori, come accadde nel 2006.
Non si sa ancora se le elezioni, previste in tre tornate a partire dal 22 maggio, siano state cancellate o solo rimandate, ma che Abu Mazen non avesse intenzione di cedere il potere era chiaro
Entro la fine della settimana da Ramallah si dovrebbe svelare il segreto di Pulcinella: le elezioni nei Territori Palestinesi, previste in tre tornate a partire dal 22 maggio, non si terranno. Non si sa se cancellate o solo rimandate. In verità sono pochi coloro i quali hanno creduto che i palestinesi quest’anno, dopo 15 anni di attesa, sarebbero stati chiamati a maggio per eleggere il loro Parlamento, a luglio il loro Presidente e ad agosto il Parlamento dell’Olp.
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