Il viaggio del Presidente turco a Gedda, il primo dopo l’omicidio di Khashoggi, si spiega con la volontà da parte di Ankara di riallacciare i legami con alcuni storici rivali regionali come gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e Israele
Giovedì il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan è arrivato in Arabia Saudita, dove si è riunito con il re Salman e, soprattutto, con il regnante di fatto, il principe ereditario Mohammed bin Salman. La sua visita è importante per due motivi su tutti: perché è la prima dall’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi (dissidente saudita assassinato a Istanbul nel 2018), che aveva creato una frattura nei rapporti tra Ankara e Riad; e perché dovrebbe servire – questa almeno è la speranza di Erdogan – ad “aprire le porte a una nuova era” delle relazioni bilaterali.
L’incontro con Mohammed bin Salman è il più significativo perché Erdogan lo aveva accusato indirettamente dell’omicidio di Khashoggi: nello specifico, aveva indicato come mandanti i “più alti livelli” del governo saudita senza menzionare esplicitamente il principe, ma aveva anche precisato di non ritenere responsabile il re.
Cosa vuole la Turchia
Il viaggio del Presidente turco a Gedda si inserisce in un tentativo più ampio della Turchia di riallacciare i legami con alcuni storici rivali regionali quali gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e Israele. L’avvicinamento all’Arabia Saudita, in particolare – preparato dal trasferimento del processo a ventisei presunti responsabili dell’omicidio di Khashoggi da un tribunale di Istanbul a uno nel regno –, risponde a un’urgenza di tipo economico.
Da tempo infatti Erdogan sta portando avanti una politica monetaria di svalutazione della lira tura per favorire il riorientamento dell’economia nazionale verso l’export; di riflesso, però, le (corpose) importazioni si sono fatte molto più care e l’inflazione, stimolata ulteriormente dalla guerra in Ucraina, ha peggiorato la situazione. Il tempo per aggiustare le cose stringe, perché a giugno 2023 in Turchia ci saranno le elezioni generali, anche presidenziali.
Investimenti e valuta estera
Ankara ha bisogno di riequilibrare il suo deficit commerciale e di valuta estera. Il boicottaggio delle importazioni turche imposto in via ufficiosa dall’Arabia Saudita aveva fatto crollare del 98% gli acquisti di prodotti turchi da parte di Riad. Per questo ora Erdogan cerca di replicare, con i sauditi, gli accordi stipulati lo scorso novembre con gli Emirati Arabi Uniti, contenenti investimenti multimiliardari nella tecnologia, nella logistica, nella sanità e nell’energia. E vorrebbe anche firmare con l’Arabia Saudita un accordo di swap di valute come quello (da quasi 5 miliardi di dollari) raggiunto a gennaio sempre con Abu Dhabi.
Pragmatismo contro ideologia
Howard Eisenstatt, analista del Middle East Institute, ha spiegato a Foreign Policy che il viaggio di Erdogan in Arabia Saudita rappresenta una vittoria del pragmatismo sull’ideologia. Pragmatismo, perché Erdogan ha bisogno di tutto l’aiuto possibile per risollevare l’economia e presentarsi come uno statista capace di fronte agli elettori. Ideologia, invece, perché Erdogan si faceva promotore dell’Islam politico nel contesto della cosiddetta “primavera araba”; i sauditi, dall’altro lato, difendevano e difendono lo status quo monarchico.
L’incontro con Mohammed bin Salman è il più significativo perché Erdogan lo aveva accusato indirettamente dell’omicidio di Khashoggi: nello specifico, aveva indicato come mandanti i “più alti livelli” del governo saudita senza menzionare esplicitamente il principe, ma aveva anche precisato di non ritenere responsabile il re.