Nell’Indo-Pacifico vivono 1,6 milioni cittadini francesi e 7mila militari. Nell’area, la Francia possiede una Zona economica esclusiva da 10,2 milioni di kmq, la seconda più grande al mondo
Nella regione dell’Indo-Pacifico, la Francia naviga in cattive acque. A portare fuori rotta Parigi ci ha pensato l’Australia, che a metà settembre ha fatto colare a picco un contratto da 56 miliardi di euro firmato nel 2016 che prevedeva la fornitura di 12 sottomarini francesi a Canberra. Una decisione unilaterale, arrivata all’improvviso, che ha mandato su tutte le furie il presidente Emmanuel Macron. Quello che agli occhi dell’Eliseo appariva come un partner affidabile ha preso il largo in direzione di Stati Uniti e Regno Unito, con i quali ha stretto l’alleanza Aukus (acronimo di Australia, United Kingdom e United States): un accordo strategico in chiave anti-Cina che porterà Washington a rifornire l’Australia di sottomarini a propulsione nucleare con la collaborazione dei britannici.
Uno schiaffo diplomatico per Macron, che da un giorno all’altro si è ritrovato all’angolo senza neanche sapere come. Dopo i primi momenti di smarrimento, la Francia ha alzato la voce, ha denunciato una pugnalata “alla schiena” e ha richiamato gli ambasciatori da Washington e Canberra. A far più male sono stati soprattutto i modi, almeno a detta dei francesi, che hanno lamentato il fatto di essere stati avvisati all’ultimo minuto. Molto rumore per nulla: mentre nei corridoi dei Ministeri della Difesa e degli Esteri di Parigi regnava lo smarrimento più totale, dall’altra sponda dell’Atlantico arrivavano dichiarazioni concilianti, con toni che irritavano ancora di più i funzionari francesi.
Gli animi si sono calmati dopo che Macron ha parlato al telefono con l’omologo statunitense Joe Biden e con il premier britannico Boris Johnson. L’inquilino della Casa Bianca ha riconosciuto che la crisi si sarebbe potuta evitare con “consultazioni aperte” e il presidente francese ha rinviato a Washington il suo ambasciatore, così come il suo collega di Canberra alcuni giorni dopo. E mentre l’articolo va in stampa, arriva la notizia ufficiale che Macron e Biden, abbiano previsto un bilaterale a margine del G20 di Roma proprio per affrontare il dossier.
Ma lo strappo resta, e per ricucirlo ci vorrà del tempo. La perdita del “contratto del secolo” con l’Australia per la Francia non rappresenta solamente un danno economico (risarcito con modalità che verranno negoziate per mesi). Macron ha visto affondare da un giorno all’altro la sua strategia geopolitica nell’Indopacifico, costruita grazie ad un lungo e paziente dialogo iniziato all’indomani del suo arrivo all’Eliseo, con l’obiettivo di spianare la strada ad una “terza via” capace di posizionare la Francia tra i due grandi protagonisti: Stati Uniti e Cina.
“Il concetto di terza via si sviluppa nella strategia indopacifica della Francia per tre ragioni: gestire la Cina, garantire l’alleanza americana e premunirsi di strumenti adatti a contenere la rivalità cino-statunitense”, spiega Frédéric Grare, ricercatore allo European council of foreign relations (Ecfr). Macron stava quindi seguendo la sua solita linea improntata sul multilateralismo e il dialogo già vista in molti altri dossier internazionali. “In quest’ottica si sviluppano rapporti con i Paesi della zona, si continua a cooperare nell’Alleanza atlantica mantenendo un obiettivo nella regione e si ha nei confronti di Pechino una politica con elementi di dissuasione, ma anche di cooperazione”, aggiunge l’esperto.
Ma la Francia adesso si ritrova vaso di coccio in mezzo ai colossi, e il rischio di finire in frantumi arriva proprio dalla sponda occidentale. La nonchalance dimostrata da Biden nell’accantonare l’alleato francese ha spiazzato Parigi, che di certo non ha la stazza diplomatica per ingaggiare un braccio di ferro con Washington. Nell’obiettivo di contenere l’avanzata della Cina, gli Stati Uniti si sono rivolti a un partner naturale rimanendo su un asse anglosassone che ha incluso anche il Regno Unito. “La politica di Biden si inserisce nella continuità con quella del suo predecessore Donald Trump: ha una formazione anti-cinese e resta limitata su mezzi quasi esclusivamente militari”, sostiene Grare.
Canberra si doterà così di sottomarini che, contrariamente a quelli di classe Attack proposti dalla Francia, avranno una propulsione nucleare.
“L’Australia li avrebbe potuti acquistare anche da Parigi. La vera questione che si pone con la scelta dei modelli americani riguarda la sovranità del Paese, che non ha un’industria nucleare civile e a priori non è in grado di gestire una simile tecnologia. Viene da chiedersi cosa trasferiranno gli Stati Uniti, tradizionalmente reticenti a questo tipo di operazioni”, dice l’esperto di Asia, e sicurezza marittima della regione.
“Adesso − spiega Grare − la Francia si adatterà a questo nuovo scenario, ridefinirà il ruolo dell’Australia nell’architettura che stava costruendo”, insieme al rapporto con gli Stati Uniti nell’area. “Non si tratta di riacquistare un peso, perché la Francia è già presente nella zona”, aggiunge, facendo riferimento al fatto che nell’Indopacifico vivono 1,6 milioni di cittadini francesi in dipartimenti, collettività e regioni d’oltremare. Parigi conta poi 7mila militari stanziati nella regione e possiede una Zona economica esclusiva (Zee) da 10,2 milioni di chilometri quadrati, la seconda più grande al mondo.
Forte di questo suo posizionamento, Parigi farà leva sui rapporti con gli altri Paesi della zona, primi fra tutti Giappone e India, con i quali intrattiene delle relazioni già forti. Alcuni giorni dopo lo scoppio della crisi diplomatica, Macron ha avuto un colloquio telefonico con il premier indiano Narendra Modi, durante il quale è stata confermata la “volontà di agire in modo congiunto in uno spazio indopacifico aperto e inclusivo”, ha fatto sapere dall’Eliseo, senza fare riferimento ad Aukus. Un alleato essenziale per il presidente francese, che in passato si è rivelato essere anche un cliente di primo piano nel settore della Difesa con il contratto firmato nel 2016 per l’acquisto di 36 caccia Rafale. Nuova Delhi è al centro del gioco soprattutto grazie al suo status di membro del Quad (Quadrilateral Security Dalogue) insieme a Stati Uniti, Australia e Giappone. Il formato, che si è riunito in presenza a Washington a fine settembre, potrà avanzare in parallelo con Aukus, come uno strumento complementare che Biden sfrutterà contro la Cina con modalità che vanno al di là degli aspetti strategici e militari.
“Ma le relazioni non devono essere presentate in termini di opposizione”, avverte Grare. “L’India ha buoni contatti con i membri del Quad, ma anche con la Francia, che fa lo stesso anche se in questo momento si trova in una situazione più complessa”.
E per riorganizzarsi nell’Indopacifico, la Francia farà leva soprattutto sull’Unione europea, che ha avuto bisogno di qualche giorno prima di schierarsi apertamente al fianco di Parigi, seppur con qualche riserva da parte di alcuni Stati membri, come ad esempio la Danimarca. La notizia della nascita di Aukus è arrivata in contemporanea con la presentazione della strategia europea nell’Indopacifico, che si basa essenzialmente sul piano economico per stringere maggiormente i legami con un’area che genera il 60% del Pil mondiale. Secondo Grare, “Aukus non contraddice il contenuto della strategia di Bruxelles e le sue intenzioni, ma indebolisce la posizione della Francia, che rappresenta il legame principale tra l’Ue e la regione”.
Con la presidenza francese del Consiglio dell’Ue che comincerà a gennaio, Macron porrà sicuramente il dossier al centro delle discussioni. Il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan prima, seguito dal dossier dei sottomarini dovrebbero dare un nuovo impulso a Bruxelles, sempre più consapevole del bisogno di rafforzare il processo di autonomia strategica che ad oggi avanza a passi di elefante.
L’inquilino dell’Eliseo potrebbe inoltre consumare la sua vendetta nei confronti di Canberra rallentando le discussioni sul Trattato di libero scambio (Ale) tra Australia e Ue, già rinviate a novembre su pressioni di Parigi dopo la rottura del contratto. Una ritorsione che di certo non basterebbe a risanare la crisi che si è aperta.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di novembre/dicembre di eastwest.
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