Mukhtar Ablyazov, a capo dell’opposizione kazaka, dice che l’Occidente dovrebbe trascinare fuori il Kazakistan dalla sfera di influenza della Russia
Mukhtar Ablyazov, il capo di un movimento di opposizione kazako, pensa che l’Occidente dovrebbe attivarsi per trascinare fuori il Kazakistan dall’orbita di influenza russa, altrimenti Mosca lo farà confluire dentro “una struttura simile all’Unione sovietica”.
Chi è Mukhtar Ablyazov
Ablyazov è stato Ministro dell’Energia del Kazakistan sotto Nursultan Nazarbaev, l’ex Presidente che ha retto in maniera autoritaria la nazione dal 1990 al 2019 ma è ancora influentissimo. Nel 2016 Ablyazov è stato accusato di aver istigato le proteste anti-governative e di aver orchestrato un omicidio; condannato a morte (e a quindici anni di carcere in Russia), è fuggito in Francia, dove ha ottenuto lo status di rifugiato. Da Parigi, dove vive e da dove ha condotto l’intervista a Reuters, guida il movimento Scelta democratica del Kazakistan e si considera il leader dell’opposizione.
Back in the U.S.S.R.
Ai giornalisti dell’agenzia Ablyazov ha detto che l’Occidente dovrebbe intervenire nelle vicende kazake, ma non ha spiegato in che modo o se crede che sia necessario ricorrere all’uso della forza. Sostiene comunque che, in caso di inazione, la Russia finirà col trasformare il Paese in una nuova Bielorussia (cioè uno stato vassallo dipendente da Mosca) e il Presidente Vladimir Putin “imporrà metodicamente il suo programma: la ricostruzione di una struttura simile all’Unione sovietica”.
Il Kazakistan ha fatto parte dell’Urss, e Putin ha effettivamente un piano per riportare le ex-repubbliche sovietiche saldamente dentro la sfera d’influenza russa: è la sua visione di lungo termine per l’Ucraina, ad esempio; nel caso della Bielorussia, il disegno è in fase più avanzata.
Movimenti e paure intorno al Kazakistan
Da diversi giorni in Kazakistan sono in corso delle grandi proteste contro il Governo, scoppiate per l’aumento dei prezzi del Gpl (il costo del carburante è più che raddoppiato dopo la rimozione del tetto massimo) ma sintomo di una rabbia popolare più profonda. Il Presidente Kassym-Jomart Tokayev ha ordinato la repressione violenta, paragonando i manifestanti a dei terroristi. La Russia, alleata del regime kazako, ha inviato delle truppe: lo ha fatto richiamandosi all’alleanza militare CSTO (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva), di cui il Kazakistan fa parte assieme ad altri ex-membri dell’Unione sovietica.
Mosca è molto attenta a ciò che succede in Asia centrale, sua storica area di proiezione geopolitica, perché teme che le situazioni di instabilità attorno ai propri confini possano espandersi e “influenzare” anche la popolazione russa, stimolando il dissenso verso il Cremlino.
In allerta è anche la Cina, che confina con il Kazakistan, vi intrattiene relazioni diplomatiche e commerciali (vi acquista il gas naturale) e più in generale non gradisce l’instabilità intorno al proprio territorio. La Repubblica popolare, in maniera non dissimile dalla Federazione russa, teme che un cambio di regime a Nur-Sultan possa far svanire la sua influenza e i suoi interessi in Kazakistan.
Oltre che con Russia e Cina, il Kazakistan ha buoni rapporti anche con l’Occidente invocato da Ablyazov: cioè con l’Unione europea e gli Stati Uniti.
Mukhtar Ablyazov, a capo dell’opposizione kazaka, dice che l’Occidente dovrebbe trascinare fuori il Kazakistan dalla sfera di influenza della Russia