Il presidente tedesco Steinmeier e Xi Jinping, in una telefonata, hanno ribadito l’importanza delle relazioni tra i due Paesi: dall’economia, al ruolo della Ue, alla guerra in Ucraina. Perché è importante l’asse Berlino-Pechino
La Germania è il Paese del blocco transatlantico che più ha pagato alto il prezzo delle conseguenze dell’invasione russa in Ucraina. Col crescere della tensione e l’imposizione della sanzioni europee a Mosca, Berlino si è trovata a dover gestire una situazione economica e infrastrutturale complicata, alla ricerca di fonti energetiche alternative nel contesto del blocco delle forniture che arrivavano dal Nord Stream 1, e di quelle che sarebbero giunte con Nord Stream 2. Il tutto, nel mezzo della perdita di centralità nelle politiche decisionali europee con la fine dell’era merkeliana.
In questo frangente storico, a sgretolarsi è l’idea che l’instaurazione di accordi commerciali possa portare con sé l’espansione dei principi democratici, aspetto che va a intaccare pesantemente il modus operandi dei Governi tedeschi. La stessa Angela Merkel, al termine del suo mandato, si è vista bloccare a livello europeo il Comprehensive Agreement on Investment, che avrebbe creato un solido framework per l’interscambio tra Ue e Cina, agevolando direttamente la Repubblica Federale. Eppure, Berlino sembra voler puntare ancora sulla diplomazia economica, tanto che, fin dall’insediamento di Olaf Scholz alla Cancelleria, sono stati numerosi i contatti con Pechino, l’ultimo dei quali avvenuto nei giorni scorsi.
Il Presidente Frank-Walter Steinmeier ha avuto una conversazione telefonica con Xi Jinping, utile ad analizzare il quadro geopolitico e lo stato delle relazioni tra i due Paesi. Che, nonostante le tensioni sui diritti umani nello Xinjiang e relativamente alla guerra russa in Ucraina, sono a uno stato più che accettabile. Basti pensare alla decisione di permettere investimenti cinesi nello strategico porto di Amburgo, crocevia dei commerci via mare e gateway per la Nuova Via della Seta, con Berlino che ha accettato che l’azienda Cosco acquisisca il 25% di Hamburger Hafen und Logistik (HHLA), società che gestisce il terminal.
Steinmeier ha esplicitamente domandato al Presidente Xi di sfruttare la sua influenza su Vladimir Putin per mettere fine alla guerra in Ucraina, ringraziandolo inoltre per il suo supporto alla dichiarazione congiunta del G20 nella quale si sottolineava che l’uso dell’arma nucleare è inaccettabile. Tentativi, dunque, per esprimere fiducia verso il Governo di Pechino, nonostante le numerose diatribe in atto tra blocchi contrapposti, che trovano sfogo nella questione del free and open Indo-Pacifico e sullo status di Taiwan. Il Ministero degli Esteri cinese fa sapere che Pechino “supporta la parte europea nel dimostrare la sua autonomia strategica guidata dalla costruzione di un’architettura di sicurezza sostenibile, efficace e bilanciata affinché si possa giungere a una pace duratura, così come alla stabilità di lungo termine sul continente europeo”.
Sembra che la Germania sia ancora disposta a scendere a compromessi sui diritti umani pur di salvaguardare la propria stabilità economica. Gli accordi con la Cina per il porto di Amburgo nonostante la questione uigura e il recente deal sottoscritto con il Qatar per l’acquisto di GNL nei prossimi 15 anni non si allontana dalle politiche del passato, che hanno visto Berlino strettamente connessa, ad esempio, con Mosca, non certo campione nella tutela delle libertà individuali. Con le conseguenze negative del caso: affidare presente e futuro economico del Paese a statualità lontane dai principi democratici espone ai rischi evidenziati nell’ultimo anno. Ma questo non sembra modificare del tutto l’impostazione tedesca verso gli affari correnti.
La Germania è il Paese del blocco transatlantico che più ha pagato alto il prezzo delle conseguenze dell’invasione russa in Ucraina. Col crescere della tensione e l’imposizione della sanzioni europee a Mosca, Berlino si è trovata a dover gestire una situazione economica e infrastrutturale complicata, alla ricerca di fonti energetiche alternative nel contesto del blocco delle forniture che arrivavano dal Nord Stream 1, e di quelle che sarebbero giunte con Nord Stream 2. Il tutto, nel mezzo della perdita di centralità nelle politiche decisionali europee con la fine dell’era merkeliana.
In questo frangente storico, a sgretolarsi è l’idea che l’instaurazione di accordi commerciali possa portare con sé l’espansione dei principi democratici, aspetto che va a intaccare pesantemente il modus operandi dei Governi tedeschi. La stessa Angela Merkel, al termine del suo mandato, si è vista bloccare a livello europeo il Comprehensive Agreement on Investment, che avrebbe creato un solido framework per l’interscambio tra Ue e Cina, agevolando direttamente la Repubblica Federale. Eppure, Berlino sembra voler puntare ancora sulla diplomazia economica, tanto che, fin dall’insediamento di Olaf Scholz alla Cancelleria, sono stati numerosi i contatti con Pechino, l’ultimo dei quali avvenuto nei giorni scorsi.