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La nuova Germania e le riforme europee


L’anima riformista del Governo Scholz lascia sperare che, dopo il lungo regno immobilista di Angela Merkel, la Germania ritrovi il suo ruolo di motore d’Europa

Per l’eterogenea coalizione “semaforo” al governo in Germania, che vede insieme i Socialdemocratici del neo Cancelliere Scholz, i Verdi e i Liberali, i temi di politica economica europea sono quelli più controversi e forieri di potenziali conflitti; su Europa, regole, debito, il dettagliatissimo programma di coalizione cerca una difficile quadra tra partiti con piattaforme politiche molto diverse, quando non opposte.

L’accordo è importante tanto per quello che dice che per ciò che non dice. Una prima osservazione è che nel programma l’Europa è onnipresente, dalle politiche ambientali alla governance europea, dalla politica estera alla digitalizzazione e ai temi sociali; questo segnala che nei prossimi anni la Germania non intende rinunciare al proprio ruolo di perno della politica europea e di capomastro dei cantieri di riforma. Per provare a prevedere se questo ruolo sarà propulsivo o se la Germania continuerà ad essere una forza di conservazione come durante la crisi del debito sovrano, occorre entrare nei dettagli dell’accordo su due temi apparentemente non legati tra loro: le politiche per la transizione ecologica e le riforme della governance economica europea. Per quel che riguarda le prime, i Verdi sono riusciti a spuntare un’accelerazione dell’uscita dal carbone, anticipata al 2030 (dal 2038) quando l’80% dell’offerta di elettricità dovrà essere assicurata dalle energie rinnovabili. Questo richiederà investimenti pubblici colossali (stimabili in almeno 450 miliardi di euro nei prossimi dieci anni) che pongono il problema delle risorse e dei limiti alla politica di bilancio, in Germania come in Europa.

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