Nel suo intervento al Dialogo Shangri-La, un importante vertice asiatico sulla sicurezza, il Primo Ministro del Giappone Fumio Kishida ha promesso un rafforzamento “radicale” delle capacità di difesa del Paese “entro i prossimi cinque anni”. Il bilancio di questo comparto, dunque, conoscerà un “aumento sostanziale”.
Ma la dichiarazione in assoluto più significativa è stata un’altra: il Primo Ministro ha detto che Tokyo ha adottato una “diplomazia del realismo per una nuova era”. In trenta minuti di discorso, insomma, Kishida sembra aver annunciato una svolta nella politica estera e securitaria del Giappone rispetto alla linea pacifista tenuta dalla fine della Seconda guerra mondiale. A essere cambiato è il contesto regionale, ovvero l’intenzione della Cina – che Kishida non chiama però direttamente in causa nel suo keynote speech – di modificare unilateralmente lo status quo nel mar Cinese orientale, nel mar Cinese meridionale e nello stretto di Taiwan, mettendo a rischio la sicurezza e l’integrità territoriale giapponese.
Il Primo Ministro ha detto che il Giappone fornirà aiuti ai Paesi dell’Indo-Pacifico per almeno 2 miliardi di dollari in tre anni, che verranno spesi in equipaggiamenti per la sicurezza marittima (imbarcazioni per il pattugliamento, ad esempio) e in infrastrutture per i trasporti acquatici. Svolgerà questo compito di sostegno alla regione anche attraverso il Quad, il quadrilatero securitario con Stati Uniti, Australia e India che è fondamentale per la politica americana di contenimento cinese.
Il nuovo realismo giapponese è anche il risultato dell’invasione dell’Ucraina: come la Russia sta cercando di cambiare con la forza l’assetto politico nell’Europa dell’est, lo stesso potrebbe succedere in futuro in Asia orientale. “Ho la forte sensazione che l’Asia orientale sarà l’Ucraina di domani”, ha dichiarato Kishida. Ha promesso che cercherà di costruire un ordine internazionale stabile “attraverso il dialogo, non il confronto. Allo stesso tempo, tuttavia”, ha precisato, “dobbiamo essere preparati all’emergere di un’entità che calpesterà la pace e la sicurezza di altri paesi con la forza o la minaccia senza rispettare le regole”. Si riferiva a Pechino.
Non è chiaro quanto aumenterà di preciso il bilancio giapponese per la difesa. Ma la tabella di marcia del Governo fa riferimento all’obiettivo di spesa minimo previsto dalla Nato (l’alleanza militare di cui Tokyo non fa parte, anche se ultimamente vi si sta avvicinando), ovvero il 2% del prodotto interno lordo. Attualmente il Giappone destina al settore all’incirca l’1 per cento del suo Pil.
Nel 2021 la spesa militare del Paese ha raggiunto la cifra record di 54,1 miliardi di dollari, la nona più alta al mondo ma nettamente inferiore a quella della Cina (293 miliardi) e degli Stati Uniti (801 miliardi). Al terzo posto della classifica stilata dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (SIPRI) c’è l’India, con 76,6 miliardi. La somma giapponese è comunque significativa, specialmente per il tasso di crescita su base annua (7,3 per cento), il più alto dal 1972. Il governo aveva peraltro stanziato per la difesa un bilancio addizionale da 7 miliardi, in aggiunta a quello ordinario.