La costituzione pacifista imposta dagli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale sta sempre più stretta al Giappone che, negli attuali equilibri in Asia orientale, ha molto da dire
Talvolta, la storia diventa più veloce. E si è costretti ad accelerare il passo per starle dietro. In Asia orientale si parla tanto di risvegli. Quello della Cina ha potuto essere progressivo, con una lunga fase nella quale Pechino ha potuto “nascondere la propria forza” come richiesto da Deng Xiaoping. Tale lusso non è concesso al Giappone. Al termine di tre “decenni perduti”, Tokyo sta cercando di ridestarsi da un lungo torpore. Quello economico è cominciato negli anni Novanta, quello geopolitico e militare già dal secondo dopoguerra. Negli scorsi anni, Abe Shinzo è stato l’uomo che ha cercato di spingere il Giappone a rimettersi in piedi. In modo più evidente dal punto di vista economico, attraverso l’Abenomics, in maniera più soffusa dal punto di vista geopolitico e strategico, col tentativo di un progressivo superamento di una serie di auto-imposizioni prescritte dalla costituzione pacifista imposta dagli Stati Uniti.
Ma ridestarsi è complesso per la terza economia mondiale che vive ormai stagflazione, deficit e debito pubblico come problemi cronici, con un trend demografico negativo difficilmente reversibile. Eppure, alcuni episodi stanno accelerando il ritorno del Giappone sulla scena. Prima il Covid, che ha convinto Abe e poi i suoi successori a lanciare una campagna di diversificazione economica. Tokyo mantiene forti legami commerciali con Pechino, ma sta anche capitanando il tentativo di costruzione di un’architettura asiatica che possa sperare di assorbire in qualche modo l’impatto della crescita dell’assertività cinese ma anche dell’imprevedibilità statunitense. La morte di Abe e le tensioni sullo Stretto di Taiwan stanno ulteriormente aumentando l’urgenza del risveglio.
La morte di Shinzo Abe
L’omicidio del premier più longevo degli ultimi decenni e ancora deus ex machina della politica nipponica può avere un forte influsso sul Governo di Fumio Kishida. L’attuale leader può cercare di implementare le sue politiche economiche senza l’ingombrante figura del padre dell’Abenomics. Kishida immagina una nuova forma di capitalismo basata non sulla spesa pubblica ma sull’abbattimento del debito e un rafforzamento del welfare. Su difesa e politica estera sembra invece destinato a seguire ancora più rapidamente le orme di Abe, magari completando quello che il predecessore non è riuscito a portare a termine. Grazie alle elezioni per il rinnovo parziale della Camera alta, svoltesi pochi giorni dopo l’omicidio di Abe, il Partito liberaldemocratico ha a disposizione la maggioranza di due terzi necessaria per avviare l’iter di revisione costituzionale. L’obiettivo storico è il superamento dell’articolo 9, che impone al Giappone delle forze di autodifesa al posto di un vero e proprio esercito. Così come gli impedisce di schierare armi offensive.
La questione Taiwan
Tutto questo può cambiare dopo l’inasprirsi delle tensioni intorno a Taiwan. Durante le esercitazioni militari cinesi più vaste di sempre intorno all’isola, 5 degli 11 missili balistici lanciati dall’Esercito popolare di liberazione sono caduti nelle acque della zona economica speciale di Tokyo, non riconosciuta da Pechino che anzi negli scorsi mesi ha solcato sempre più spesso le acque (talvolta insieme a navi russe) intorno alle isole contese Senkaku/Diaoyu. Mossa non casuale, così come quella di utilizzare target giapponesi in alcuni test a fuoco vivo: la Cina ha voluto dire a Tokyo di restare fuori dalla vicenda taiwanese, perché altrimenti non avrebbe problemi a prenderla di mira. D’altronde, poco prima di morire Abe aveva chiesto alla Casa Bianca di abbandonare l’ambiguità strategica su Taiwan, una questione che per Tokyo è strettamente correlata alla sua sicurezza nazionale. Il Partito comunista è stato molto infastidito anche dalla visita giapponese di William Lai, attuale vicepresidente taiwanese e probabile candidato del partito di maggioranza alle elezioni del 2024. Una figura ben più radicale dell’attuale leader Tsai Ing-wen. Kishida, al contrario del Presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, non ha avuto problemi a ricevere Nancy Pelosi due giorni dopo la sua visita a Taipei, condannando duramente le esercitazioni cinesi. E il nuovo Ministro della Difesa, Hamada Yasukazu, fa parte della fazione delle colombe guidata un tempo dal Ministro degli Esteri Hayashi Yoshimasa, ma ha incontrato Tsai a Taipei solo un paio di settimane prima della nomina.
Le tensioni con la Cina
Le tensioni con la Repubblica popolare si sono molto acuite negli ultimi tempi e le questioni Ucraina e Taiwan stanno ampliando ulteriormente la frattura. Sin dall’inizio della guerra, il Giappone è stato il Paese asiatico più esplicito nel condannare Mosca e si è anzi avvicinato sempre di più a Stati Uniti e Nato, cioè le due entità colpevoli di gettare “benzina sul fuoco” nella retorica applicata da Russia e Cina su Europa orientale e Asia-Pacifico. Dopo l’invasione russa Kishida è stato a più riprese in diversi Paesi del Sud-est asiatico e in India, per cercare di costruire un consenso regionale. È poi stato in Italia e nel Regno Unito, dove ha raggiunto un principio di accordo con Boris Johnson sull’interoperabilità delle rispettive forze armate. L’allineamento è anche sul fronte dell’intelligence. Il Giappone è ormai il “sesto occhio” dei Five Eyes, l’alleanza dei servizi segreti di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda. A fine maggio, Tokyo ha ospitato il summit del Quad. A giugno Kishida ha partecipato alle riunioni del G7 e, in una prima storica volta per un premier giapponese, al summit della Nato a Madrid. In concomitanza con questi appuntamenti Pechino e Mosca si sono mosse intorno al Giappone con incursioni aeree e navali, spesso congiunte. Mentre Kishida partecipava al summit della Nato, una flottiglia di navi dell’Esercito popolare di liberazione ha completato la circumnavigazione completa dell’arcipelago giapponese passando anche per gli stretti strategici. I mezzi di Mosca sono invece attivi intorno alle isole contese Curili ma anche sullo stretto di Tsugaru.
Nelle scorse settimane c’è stato un incontro durato 7 ore tra il direttore generale del Segretariato per la sicurezza nazionale Akiba Takeo e il capo della diplomazia cinese Yang Jiechi. Segnale che, nonostante le vedute differenti, c’è l’intenzione di tenere un canale aperto di comunicazione. Tanto che non va escluso un incontro (fisico o virtuale) tra Kishida e Xi Jinping in occasione del 50esimo anniversario della normalizzazione delle relazioni diplomatiche che si celebra il 29 settembre. Ma intanto continuano le visite di delegazioni giapponesi a Taipei, mentre Tokyo accelera sul fronte militare per far fronte a un ipotetico confronto con Pechino. Allo Shangri-La Dialogue di Singapore, Kishida è stato esplicito nel parlare di “rischio Ucraina” in Asia-Pacifico, parlando della necessità di Tokyo di “uscire dall’ombra” degli Usa per “migliorare la capacità di deterrenza e risposta”. Il premier giapponese ha promesso di voler raccogliere “l’eredità di Abe” anche sul “drastico” aumento delle spese militari. L’obiettivo è raddoppiare il budget per la difesa entro 5 anni, portandolo al 2% del Pil. Prima del 2023 sarà pubblicata una nuova strategia di sicurezza, in cui saranno citate Corea del Nord, Cina e Russia. E il Governo non esclude più di estendere le capacità di contrattacco delle forze di autodifesa. Si sta valutando lo schieramento di un migliaio di missili da crociera a lungo raggio (che passerebbe da 100 a 1000 chilometri) per aumentare la propria capacità di contrattacco contro la Cina.
Tokyo sta anche cercando di migliorare i rapporti con Seul, dopo le tensioni commerciali e diplomatiche degli ultimi anni. Con l’avvento del conservatore Yoon è ripreso il dialogo e ad agosto si sono svolte le prime esercitazioni congiunte trilaterali tra Giappone, Corea del Sud e Usa dopo 5 anni. Tra Pechino, Mosca e Pyongyang e un’economia che fatica a ripartire dopo il Covid e il conflitto in Ucraina, il Giappone ha fretta di rimettersi in marcia. Sperando che il risveglio non si riveli troppo brusco.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di settembre/ottobre di eastwest.
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La costituzione pacifista imposta dagli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale sta sempre più stretta al Giappone che, negli attuali equilibri in Asia orientale, ha molto da dire
Talvolta, la storia diventa più veloce. E si è costretti ad accelerare il passo per starle dietro. In Asia orientale si parla tanto di risvegli. Quello della Cina ha potuto essere progressivo, con una lunga fase nella quale Pechino ha potuto “nascondere la propria forza” come richiesto da Deng Xiaoping. Tale lusso non è concesso al Giappone. Al termine di tre “decenni perduti”, Tokyo sta cercando di ridestarsi da un lungo torpore. Quello economico è cominciato negli anni Novanta, quello geopolitico e militare già dal secondo dopoguerra. Negli scorsi anni, Abe Shinzo è stato l’uomo che ha cercato di spingere il Giappone a rimettersi in piedi. In modo più evidente dal punto di vista economico, attraverso l’Abenomics, in maniera più soffusa dal punto di vista geopolitico e strategico, col tentativo di un progressivo superamento di una serie di auto-imposizioni prescritte dalla costituzione pacifista imposta dagli Stati Uniti.