L’affare Snowden ancora fresco, la guerra in Ucraina, le sanzioni occidentali e le controsanzioni russe, l’espulsione dal G8 e la minaccia di chiudere lo spazio aereo russo ai voli civili europei e americani. Eppure non c’è niente di più sbagliato che tirare in ballo la Guerra fredda.
“Qualcosa sta accadendo quest’estate che potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla politica estera dell’Ue e degli Usa, e non è quello che infiamma le piazze del Medio oriente”. Iniziava così un mio articolo dell’agosto 2013 sulla guerra doganale della Russia all’Ucraina. Euromaidan non era ancora nata e Janukovich era saldamente al potere, l’ipotesi della firma dell’Accordo di associazione con l’Unione europea era ancora sul tavolo e persino l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione eurasiatica di Putin non sembrava impossibile. “La decisione di Yanukovich non sarà né facile né priva di costi per il Paese”, scrissi. Quello che è successo dopo lo sappiamo tutti.
Quel mio articolo usciva in un momento in cui sembrava non passasse settimana senza che qualche screzio sorgesse tra Russia e Stati Uniti. L’affare Snowden, il Magnitsky act, la legge contro le adozioni di bambini russi da parte di cittadini americani, la clamorosa lettera di Putin pubblicata dal New York Times sull’“eccezionalismo” americano. Furono in molti già allora – ben prima che la crisi ucraina sfociasse in scontro aperto e nella guerra in Donbass – a tirare in ballo un ritorno della Guerra fredda. Anche in quell’occasione, scrissi subito che si trattava di un errore rifarsi a un precedente storico, che le relazioni tra la Russia e l’Occidente non erano mai state così intense e che mancavano tutta una serie di presupposti.
Perché non c’è nessuna guerra fredda
No, davvero, la guerra fredda non c’entra niente. Gli esperti di geopolitica sono tutti d’accordo nel dire che non è altro che una semplificazione giornalistica. Un cliché facile per dare una facile spiegazione delle mosse russe, europee e americane attorno alla crisi in Ucraina, frutto di “una banale inerzia cognitiva, che induce a interpretare il mondo di oggi con i criteri del mondo di ieri”, secondo le parole di Alessandro Colombo dell’Ispi. Vediamo per quali motivi.
1. All’epoca della cortina di ferro, Usa e Urss erano due superpotenze mondiali. Anche se secondo alcuni storici non è mai stata messa in discussione l’egemonia statunitense, non c’è dubbio che l’Unione Sovietica avesse una dimensione globale in grado di interferire sulla politica estera americana. La Russia di Putin è tutt’altro che una potenza globale, è semmai un grosso attore regionale che rivendica il diritto di azione esclusiva in quella che ritiene la propria sfera geografica esclusiva.
2. Lo scontro tra Occidente e mondo sovietico era imperniata su una contrapposizione ideologica. Contro il capitalismo materialista del resto del mondo si scagliava la dottrina comunista. Erano due diverse visioni del mondo. Oggi, tanto la Russia quanto l’Unione eurasiatica(che molti insistono a vedere come una riedizione dell’Urss) non sono portatrici di alcuna ideologia.
3. La Russia non è una minaccia. Non lo è, almeno, per l’America e parte dell’Europa. Non lo è come lo era l’Urss, quando l’ipotesi di una guerra nucleare era costantemente sui tavoli delle diplomazie e l’Armata rossa guastava il sonno dei comandanti militari della Nato. L’espansionismo russo, o quello che sia, è solo un riflesso della sua dimensione di potenza regionale che vede minacciato il proprio ruolo.
4. La Russia dipende dall’Occidente almeno quanto il resto del mondo dipende dalle sue materie prime. Il bilancio di mosca si poggia letteralmente sull’export energetico, che ne costituisce addirittura il 50%. Per avere un’idea della dipendenza dell’economia russa dalla vendita di gas e petrolio basti pensare che il bilancio pluriennale sta in piedi grazie a un calcolo del prezzo del greggio (cui è legato anche quello del gas) di 100 dollari al barile. Un prezzo di molto inferiore sarebbe la catastrofe. È chiaro che la Russia non può permettersi di perdere il suo miglior cliente solvibile, l’Europa.
5. Il mondo del 2014 non è quello del 1960. Le interrelazioni economiche sono estremamente più ramificate e interconnesse. La Russia fa parte del Wto, del Consiglio d’Europa, del Fondo monetario internazionale e di numerose altre organizzazioni internazionali. Uno scenario da Guerra fredda non conviene a nessuno, prima di tutti alla Russia. L’isolamento internazionale, al di fuori della retorica nazionalista a uso interno, è uno spauracchio tanto per Putin quanto per la cerchia di oligarchi che lo sostengono. Non dev’essere un caso se è stato proprio il ministro degli Esteri russo Lavrov a chiedere, pochi giorni fa, un nuovo reset delle relazioni con gli Usa.
L’affare Snowden ancora fresco, la guerra in Ucraina, le sanzioni occidentali e le controsanzioni russe, l’espulsione dal G8 e la minaccia di chiudere lo spazio aereo russo ai voli civili europei e americani. Eppure non c’è niente di più sbagliato che tirare in ballo la Guerra fredda.