Se nulla è più attuale della mancanza di coesione in Europa, saldi legami abbondano nella storia di stati nazionali distanti, come ha ricordato in aprile un ciclo di conferenze tenutesi a Roma sul “Kalevala”, che ispirò i movimenti di autonomia nazionale finnica, trasformandosi, da affascinante scrigno di tradizioni popolari, in storia simbolica delle terre orientali della Finlandia.
Il “Kalevala” (riscritto da Elias Lönnrot nella versione più conosciuta) e la riscoperta de “Gli Dèi di Finlandia e di Carelia” di Mikael Agricola (una delle prime testimonianze scritte della lingua finlandese) offrono spunti di riflessione sul terreno culturale dell’indipendenza della Finlandia dell’Unità d’Italia, e di altri paesi europei.
Il poema finnico è stato fonte di ispirazione nella cultura angloamericana (dove le opere di Henry Wadsworth Longfellow ne ripresero il metro e i temi in un ambiente nativo “romantico”) e per gli autori di letteratura fantasy, fino a Tolkien. Anche nel Nord America si fatica distinguere i diversi contributi europei: parte del primo flusso finlandese, a causa della geografia politica dell’epoca, si è svolto ufficialmente come “Svedese” prima e “Russo” poi (senza menzionare i finlandesi di Carelia, che poi furono identificati come russi, anzi sovietici). Il Kalevala rimase – al pari della sauna – elemento di identità anche quando i finlandesi non erano più in grado di leggerlo, essendo scritto in una lingua arcaica.
A divenire norma letteraria in Finlandia fu la grammatica adottata da Mikael Agricola, ma la lingua del Kalevala restò orientale, essenzialmente canora. L’esercito finlandese, guidato da Mannerheim, cercò di affermarsi in Carelia, ma quest’ ultima, sebbene considerata terra del Kalevala e simbolo di identità finnica, dato l’esito della Seconda Guerra Mondiale divenne parte dell’Urss ed oggi è nella Federazione Russa.
Nell’ambito delle conferenze sul tema “Il poema epico e le sue influenze sulla cultura italiana e nordamericana” – il 4 aprile presso la Sala della Mercede di Palazzo Marino – Vesa Matteo Piludu (Università di Helsinki); Juha Pentikäinen (Università di Helsinki e della Lapponia); Andrea Carteny (Università La Sapienza); Alessandro Saggioro, (Università La Sapienza), hanno parlato dei progetti che l’Università di Roma “La Sapienza” potrebbe realizzare assieme alle università di Helsinki e di Lapponia. Gli studi sul Kalevala però non si sono limitati ai temi del mondo nordico e hanno stimolato molte ricerche anche sul tema dello sciamanesimo, ispirando quindi letteratura, arte e musica finnica contemporanee.
Come ci è stato consegnato da Lönnrot, il Kalevala è composto da cinquanta canti, nei quali è prevalente il carattere di poesia magica e sciamanica. In Italia, Domenico Comparetti fu il primo ad occuparsi dell’opera (nel 1891 pubblicò “il Kalevala e la poesia tradizionale dei Finni”) poi nel 1906 se ne occupò Igino Cocchi, geologo e naturalista che, nell’intento di elaborare spunti utili all’esperienza nazionale italiana – resa difficile dal persistente analfabetismo e da diversità regionali – si soffermò sull’alto tasso di alfabetizzazione riscontrato in Finlandia, che Cocchi attribuiva all’etica luterana, evidenziando l’elevata capacità della nazione nordica di sopravvivere in ambienti naturali estremamente duri ed in condizioni storiche difficili.
Igino Cocchi annotò quelle che considerava caratteristiche dei finlandesi, descrivendoli come individui forti e tranquilli, ma anche testardi e capaci di adombrarsi improvvisamente. Paolo Emilio Pavolini diede poi alle stampe, a Firenze nel 1910, una traduzione (in ottonari) simile nella metrica all’originale.
Gli influssi culturali furono reciproci: molti finlandesi ebbero come modello Giuseppe Garibaldi e inoltre polacchi e ungheresi si unirono agli italiani a Solferino, anche se tanti ne abbandonarono le fila dopo aver assistito alla repressione del brigantaggio, c’era anche il figlio (il cui nome venne italianizzato in “Lorenzo”) del poeta finno-svedese Johan Ludvig Runeberg.
Le tradizioni asiatiche e sciamaniche (riconoscibili anche nel Kalevala) prenderanno spesso la direzione del risveglio nazionale, ad esempio in Ungheria sulla strada conservatrice del Turanismo, che pretendeva di riportare sotto lo stesso tetto le minoranze della Transilvania come pure i giapponesi, nella paura di sparire sotto le maree montanti dell’espansionismo tedesco da nord e del panslavismo da est. Curiosamente, le prime società turaniche nascevano nel 1839 tra i Tatari di Crimea, oggi alla ribalta della cronaca geopolitica.
Se nulla è più attuale della mancanza di coesione in Europa, saldi legami abbondano nella storia di stati nazionali distanti, come ha ricordato in aprile un ciclo di conferenze tenutesi a Roma sul “Kalevala”, che ispirò i movimenti di autonomia nazionale finnica, trasformandosi, da affascinante scrigno di tradizioni popolari, in storia simbolica delle terre orientali della Finlandia.