Una panoramica sulla più grande “nazione” del mondo ancora senza un suo Stato indipendente.
Quando si parla di storia e politica curde, il professore statunitense Michael M. Gunter è da ritenersi uno dei massimi esperti a livello globale.
Ha curato nove libri in materia, di cui uno in particolare offre una panoramica, chiara e accessibile, del ruolo dei curdi nel Medio Oriente di oggi e di ieri.
The Kurds: A Modern History (Markus Wiener Publishers, 2015, 256 pagine) unisce la storia all’analisi politica: è il frutto dei numerosi viaggi compiuti dall’oggi settantacinquenne Gunter nelle terre di cui scrive e degli incontri con alcuni dei leader più influenti, da Abdullah Ocalan (Pkk) a Mustafa Hijri (Kdpi).
Il libro si articola in una introduzione e sette capitoli. Il primo ripercorre le vicende che hanno segnato la storia curda fino al concludersi dell’era ottomana. I successivi quattro capitoli analizzano le specificità dei movimenti rispettivamente in Turchia, Iraq, Siria e Iran. Il sesto capitolo è dedicato a un’analisi degli alterni rapporti con gli Stati Uniti. Il settimo, infine, si concentra sui curdi al tempo dello Stato Islamico.
The Kurds: A Modern History racconta l’evoluzione dei movimenti che compongono la galassia curda e ne analizza le relazioni con i principali attori regionali, ma non manca di allargare lo sguardo all’Occidente e al suo peccato originale: l’Accordo Sykes-Picot, che nel 1916 ridisegnò i confini del Medio Oriente e, spiega Gunter, si trova ancora oggi alla base dell’annosa questione curda.
Una panoramica sulla più grande “nazione” del mondo ancora senza un suo Stato indipendente.