Mosca avrebbe minacciato Nuova Delhi di cancellare la cooperazione energetica e difensiva se non si impegnerà a bloccare l’inserimento nella black list delle nazioni che riciclano denaro. Il ruolo dell’Ue per fermare l’arrivo del petrolio russo tramite l’India
Rischia di complicarsi lo standing internazionale dell’India, che dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina ha mantenuto una forte posizione di neutralità. Nuova Delhi intrattiene rapporti economici e militari stretti con la Federazione, giovando persino di prezzi del petrolio vantaggiosi grazie alle sanzioni imposte dall’Unione Europea e una tutela speciale da parte degli Stati Uniti in quanto strumento utile nell’architettura di contenimento della Cina nella regione dell’Indo-Pacifico. Tuttavia, l’idillio tra i due Paesi sarebbe compromesso se l’India non fosse capace di gestire le pressioni in arrivo dalla Russia, che chiede supporto all’interno degli organismi internazionali.
La black list FATF
Come riportano Alberto Nardelli e Sudhi Ranjan Sen su Bloomberg, il Cremlino avrebbe esplicitamente chiesto al Governo di Narendra Modi di bloccare la Financial Action Task Force, FATF, organizzazione intergovernamentale deputata alle politiche sul riciclaggio di denaro sporco. L’inserimento del Paese nella black list — o persino nella gray list — delle nazioni che compiono tali operazioni, insieme a Iran, Corea del Nord e Myanmar, comporterebbe ulteriori problematiche per la vacillante economia russa, obbligando gli operatori del settore a fermare le richieste in arrivo da Mosca per la tutela del sistema finanziario internazionale.
Secondo Bloomberg, un’agenzia statale russa avrebbe avvisato gli indiani di “una serie di conseguenze imprevedibili e negative” se FATF adottasse nuove misure contro il Cremlino. A rischio, dunque, i progetti di cooperazione energetica tra Rosneft e Nayara Energy Limited, l’export di armi e i lavori congiunti in ambito difesa, gli accordi sullo sviluppo del corridoio Nord-Sud per i trasporti cargo. I russi hanno inoltre sottolineato che il passaggio nella gray list — nella quale Mosca si ritroverebbe insieme ad altri 23 Paesi, tra cui Albania, Turchia, Sud Africa e Emirati — causerebbe difficoltà nel rispettare gli impegni verso Nuova Delhi sulla fornitura di armi, così come la collaborazione agli altri progetti.
Come spiegato dal Fondo Monetario Internazionale, non è un passaggio di poco conto quello che vivono i Paesi inseriti nella gray list del Financial Action Task Force. Infatti, secondo lo studio degli economisti FMI, si è sottoposti a maggiori controlli che risultano poi “in una statisticamente significativa riduzione del capital inflow”. Ovvero, meno capitali in arrivo, ora più che mai di fondamentale importanza per Mosca. Motivo per il quale — scrivono i due giornalisti di Bloomberg — la Russia, in una nota inviata ai funzionari indiani ad inizio maggio, ha espresso un certo disappunto per il fatto che Nuova Delhi non ha in qualche modo tutelato gli interessi della Federazione, nonostante la “speciale fiducia” che le viene riposta da parte del FATF.
Il petrolio russo dall’India all’Europa
Intanto, l’Unione Europea si muove affinché venga evitata la triangolazione del petrolio fornito dalla Russia in India, che poi arriva proprio nel Vecchio Continente. Bruxelles, d’altro canto, è piuttosto cauta nelle critiche verso l’India, in qualche modo discolpata per l’acquisto di petrolio a basso costo. “Grazie alle nostre limitazioni sul prezzo del petrolio, l’India paga meno e fa entrare meno risorse alle casse della Russia”, si giustifica Josep Borrell, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Ue. “Non incolpiamo il Governo indiano per tali acquisti, sono legali perché le nostre sanzioni non sono extra territoriali”, ricorda Borrell.
Ma la questione non è evidentemente semplice: l’Alto Rappresentante parla di possibili sanzioni alle aziende europee che acquistano petrolio di origine russa. Tutto ancora da decidere, in un quadro certamente non favorevole all’Ue sul fronte energetico ed economico vista l’alta inflazione, ancora ferma intorno al 7%. Citato dal Financial Times il 16 maggio, Borrell era sembrato più deciso nel prendere di petto la situazione, infastidendo direttamente l’India. Nel corso di una conferenza stampa, il Ministro degli Esteri Subrahmanyam Jaishankar puntualizzò che “il petrolio si trasforma in una nazione terza e non viene più trattato come russo”, citando il Regolamento UE 833/2014 del Consiglio, “concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina”.
Fatto che ha spinto l’Alto Rappresentante, in più occasioni, a ribadire che le sue parole non erano da intendersi come un’accusa all’India. “L’ho detto chiaramente e lo voglio ripetere: se l’India acquista petrolio russo è legale, è un fatto normale. Non ho incolpato il Governo indiano. Le aziende europee sono obbligate a rispettare le nostre decisioni — prosegue Borrell — ma non possiamo imporre nulla né al Governo indiano né alle aziende indiane”. Un’incongruenza politica evidente, di difficile spiegazione verso quelle nazioni che, come l’India — ma probabilmente considerate meno rilevanti dal punto di vista strategico — non hanno ancora assunto una chiara posizione contro la Russia ma sono pressate dall’Ue per farlo, e che pone in difficoltà le stesse imprese del Vecchio Continente, che devono competere in un contesto sempre più costoso e non equilibrato rispetto ai competitor extra europei.