Si pensa alla ripartenza della vendita di petrolio e allo sblocco di 7 miliardi di dollari iraniani congelati nelle banche sudcoreane. In una fase complessa l’accordo sul nucleare, colpa anche della crisi in Ucraina
Dialogo serrato tra Iran e Corea del Sud, che con ottimismo lavorano sulla ripartenza delle forniture petrolifere, in attesa della fine delle tensioni sul JCPoA. La Repubblica islamica, quarto Paese al mondo per riserve, ha come cliente privilegiato Seul che, al contempo, vende alla nazione sciita equipaggiamenti industriali, ricambi per le auto ed elettrodomestici. L’interscambio commerciale è fermo dal 2019, dall’imposizione, decise l’anno precedente, delle sanzioni da parte degli Stati Uniti di Donald Trump, che hanno creato un’ulteriore frizione proprio sull’asse Teheran-Seul: il congelamento di 7 miliardi di dollari, fermi in due banche sudcoreane.
I pagamenti all’Onu
Da allora, l’Iran vive una difficile fase di crisi finanziaria, con l’inflazione galoppante che ha portato alla forte diminuzione del potere di acquisto per la popolazione. A causa della scarsa disponibilità liquida nelle casse del tesoro, per il secondo anno consecutivo Teheran ha pagato in ritardo le previste quote obbligatorie di mermbership alle Nazioni Unite, elargite nel 2022 dalla Corea del Sud. Un anticipo rispetto al capitale congelato nelle banche di Seul, in attesa che le trattative per il Joint Comprensive Plan of Action arrivino a una positiva conclusione.
Le potenzialità petrolifere dell’Iran
Eppure, l’Iran ha tutte le potenzialità per essere un attore ancor più centrale nel panorama geopolitico sia regionale che internazionale. Basti pensare che, secondo le stime di Citigroup, il Paese potrebbe immettere nel mercato petrolifero fino a 500 mila barili di petrolio giornalieri già da aprile/maggio, cifra che potrebbe raggiungere il milione e 300 mila entro la fine dell’anno. Con conseguente abbassamento generale dei prezzi, oggi stretti nella morsa della crisi Ucraina e del gas.
Il rapporto tra Teheran e Seul
La Corea del Sud importava, fino al 2018, 18.5 milioni di barili di petrolio iraniano. L’importanza del mercato sudcoreano è massima per l’Iran, che spera di poter riprendere presto e a pieno titolo il ritorno sul palcoscenico internazionale. Gli incontri di ieri e oggi a Seul sono un importante punto di partenza. Alle consultazioni hanno partecipato esponenti di Governo sia sudcoreani che iraniani, insieme ai funzionari delle principali banche coinvolte e ai membri della National Iranian Oil Company.
La situazione JCPoA all’ombra della crisi ucraina
L’accordo sul nucleare iraniano, però, non è stato ancora raggiunto. Le discussioni a Vienna sono evidentemente in una fase cruciale e avanzata, ma — come ricordato nei giorni scorsi dal portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh — “le negoziazioni sono complesse e difficili. In gioco ci sono una serie di dispute che richiedono importanti decisioni da parte di Washington”.
E la crisi in Ucraina non agevola la situazione: l’accordo JCPoA, infatti, è stato sottoscritto dall’Iran con Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Unione europea. Lavorare parallelamente su due tavoli diversi può risultare in salita: in caso di invasione russa, le trattative sul nucleare iraniano sarebbero destinate a collassare. Ma se gli Usa decideranno di concentrarsi principalmente sull’Ucraina, potrebbero assumere un atteggiamento più morbido nella capitale austriaca che sta ospitando i talks.
Si pensa alla ripartenza della vendita di petrolio e allo sblocco di 7 miliardi di dollari iraniani congelati nelle banche sudcoreane. In una fase complessa l’accordo sul nucleare, colpa anche della crisi in Ucraina