Covid e sanzioni hanno messo in ginocchio il più grande Paese del Medio Oriente. Elettorato scettico
Sabato scorso è andato in onda il primo confronto televisivo tra i candidati ammessi a concorrere alle elezioni presidenziali iraniane, previste per il prossimo 18 giugno. Registratisi in oltre 500, solo 7 sono i candidati ritenuti idonei dal Consiglio dei Guardiani, l’organo che si occupa di valutare e selezionare i candidati prima di ogni elezione.
Il Consiglio, in mano agli altri ultraconservatori, ha escluso dalla competizione i più importanti politici riformisti e moderati. Particolare scalpore ha fatto l’esclusione di Ali Larijani, membro di una importante famiglia iraniana ed ex Presidente del Parlamento, che poteva avere qualche chance di farcela. Nonostante sia un conservatore, Larijani è considerato un pragmatico. In passato, appoggiò per esempio l’accordo sul nucleare voluto da Barack Obama e dal Governo di Rouhani. Su di lui poteva convogliare il sostegno dei moderati e dei riformisti, che adesso non hanno figure di peso su cui convergere.
Al dibattito di sabato, occhi puntati sul favoritissimo Ebrahim Raisi. Ultraconservatore, a capo della magistratura iraniana, aveva sfidato 4 anni fa, perdendo, il moderato Hassan Rouhani. Con pochi rivali di livello, la sua vittoria alle presidenziali potrebbe portarlo in seguito alla Guida Suprema. Khamenei è malato da tempo e Raisi potrebbe ripercorrere il suo cursus honorum, passato proprio per la presidenza della Repubblica. Nel confronto televisivo di sabato si è parlato soprattutto di economia, che ha subito un duro colpo negli ultimi tre anni, sotto le sanzioni statunitensi e la pandemia. Il Paese affronta un’inflazione e una disoccupazione pesantissime.
Raisi, durante il dibattito, è stato attaccato dall’unico candidato riformista, l’ex vicepresidente Mohsen Mehralizadeh, vicino ad Hassan Rouhani, che lo ha accusato di non avere la formazione economica necessaria a gestire un Paese di oltre 82 milioni di persone.
I candidati conservatori e intransigenti (l’alto funzionario della sicurezza Saeed Jalili, il segretario del Consiglio di opportunità, Mohsen Rezaei e i legislatori Alireza Zakani e Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi) non hanno contestato Raisi, attaccando pesantemente invece Mehralizadeh e Abdolnasser Hemmati (l’ex capo della Banca centrale, espressione dei moderati), per la situazione in cui si trova il Paese.
I problemi economici e il Covid hanno drasticamente ridotto la pazienza della popolazione; secondo i sondaggi, metà degli iraniani potrebbe disertare le urne.
Covid e sanzioni hanno messo in ginocchio il più grande Paese del Medio Oriente. Elettorato scettico
Sabato scorso è andato in onda il primo confronto televisivo tra i candidati ammessi a concorrere alle elezioni presidenziali iraniane, previste per il prossimo 18 giugno. Registratisi in oltre 500, solo 7 sono i candidati ritenuti idonei dal Consiglio dei Guardiani, l’organo che si occupa di valutare e selezionare i candidati prima di ogni elezione.
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