La decisione del leader sciita, vincitore delle elezioni di ottobre 2021, è conseguenza dell’impasse post elettorale e della crisi tra le istituzioni, sotto l’influenza delle varie potenze internazionali.
L’Iraq sprofonda in una crisi politica e sociale di difficile soluzione all’indomani della decisione del leader sciita Muqtada al-Sadr, che ha annunciato il ritiro dalla vita politica e la chiusura degli uffici della sua organizzazione. Alle proteste, che durano da mesi, dei supporter sadristi che chiedevano nuove elezioni, si è ora sommata la rabbia per la scelta del religioso sciita, giunta proprio a causa dell’impasse verificatasi in seguito alle elezioni di ottobre 2021, che tra l’altro hanno visto il suo movimento vittorioso, non riuscendo però a formare una maggioranza parlamentare.
Dalle elezioni allo stallo sul Governo
Le complicazioni nella formazione del nuovo Governo — ormai quasi un anno con l’esecutivo di Mustafa Al-Khadimi che lavora in ordinaria amministrazione — hanno accresciuto il fastidio verso il sistema politico e istituzionale iracheno, giungendo allo scontro diretto con la Corte Suprema. Per Muqtada al-Sadr, i giudici avrebbero dovuto sciogliere il parlamento, per poi indire nuove elezioni. Ma il rifiuto del consiglio giudiziario, secondo il quale non ha l’autorità di dissolvere la Camera, ha creato ulteriori frizioni, nonostante il riconoscimento da parte dei giudici delle criticità del sistema, “incapace — come scritto in un comunicato — di eleggere Presidente della Repubblica e Primo Ministro”.
Lotta tra sciiti?
La crisi ha causato 30 morti e oltre 700 feriti. Il Governo in carica ha istituito il coprifuoco, annullato dopo l’appello ai manifestanti di al-Sadr — entrato in sciopero della fame — affinché le violenze cessassero. La situazione rischia di degenerare in una lotta per il potere tra sciiti (chi legati all’Iran, chi al potere ecclesiastico locale), visto l’allontanamento dell’Ayatollah Kadhim al-Haeri dalle posizioni di al-Sadr.
L’Ayatollah, infatti, ha chiesto ai suoi fedeli — molti dei quali a loro volta sadristi — di seguire le indicazioni dell’Ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema della Repubblica Islamica, piuttosto che quelle dei leader spirituali locali di Najaf. Inoltre, al-Haeri si è dimesso a sua volta dal ruolo, parlando di problemi di salute. Come detto al Guardian dall’ex Ambasciatore britannico in Iraq, Sir John Jenkins, l’Ayatollah al-Haeri ha di fatto scomunicato al-Sadr, ma sarebbe stato pressato direttamente dall’Iran per arrivare ad un gesto così eclatante. “La domanda — si chiede l’Ambasciatore — è: i sadristi ascolteranno?”
La presenza statunitense e iraniana
Le complicate condizioni di vita degli iracheni sono ulteriormente frustrate dall’incapacità delle istituzioni di dare risposta concreta a povertà e disoccupazione, in un quadro che evidenzia l’intromissione negli affari interni di potenze regionali, come l’Iran, e internazionali, in particolare gli Stati Uniti. Negli anni sono state numerose le proteste contro la presenza di Teheran e Washington, visti sempre più come concausa dell’instabilità del Paese.
Tentativi propositivi da parte governativa non sono mancati, indirizzati ad esempio a pacificare il rapporto tra la Repubblica Islamica e l’Arabia Saudita. Le azioni del Pm Al-Khadimi sono state efficaci, con l’Iraq diventato vero e proprio broker per la pace, nella speranza che la risoluzione della crisi tra la nazione sciita e quella sunnita potesse pagare dividendi positivi anche a Baghdad. Lo stesso Al-Khadimi ha recentemente partecipato ad un incontro con altri leader arabi svolto in Egitto, a dimostrazione dell’importanza che il Paese riveste per l’intera area mediorientale.
Eppure, viste le complicanze interne — e indotte — dell’Iraq, tutto ciò non è stato sufficiente ad orientare le problematiche verso soluzioni concrete. Pesano ancora gli anni di occupazione statunitense e l’uso indiscriminato del territorio iracheno da parte Usa e iraniana. Tra i casi più noti, l’assassinio del Generale Qasem Soleimani, a capo della Forza Quds delle Guardie della Rivoluzione Islamica, morto nel 2020 per volontà dell’ex Presidente Donald Trump.
Le complicazioni nella formazione del nuovo Governo — ormai quasi un anno con l’esecutivo di Mustafa Al-Khadimi che lavora in ordinaria amministrazione — hanno accresciuto il fastidio verso il sistema politico e istituzionale iracheno, giungendo allo scontro diretto con la Corte Suprema. Per Muqtada al-Sadr, i giudici avrebbero dovuto sciogliere il parlamento, per poi indire nuove elezioni. Ma il rifiuto del consiglio giudiziario, secondo il quale non ha l’autorità di dissolvere la Camera, ha creato ulteriori frizioni, nonostante il riconoscimento da parte dei giudici delle criticità del sistema, “incapace — come scritto in un comunicato — di eleggere Presidente della Repubblica e Primo Ministro”.