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Iraq: un anno dopo le proteste, cosa è cambiato?


La volontà di al-Kadhimi di dare al Paese una stabilità interna e di allentare la morsa Usa-Iran si scontra con la durata limitata del suo mandato

A un anno dalle proteste popolari che hanno mobilitato migliaia di persone nelle piazze di Baghdad e delle principali città irachene e a quasi sei mesi dalla nomina del Primo Ministro Mustafa al-Khadimi, le sfide che deve affrontare il potere esecutivo restano numerose. La crisi economica senza precedenti, dovuta al crollo del prezzo del petrolio e alla conseguente mancanza di liquidità, la pandemia Covid-19, la disoccupazione, il dissenso popolare e il fragile equilibrio tra i blocchi politici, le grandi potenze e gli attori regionali, sono alcuni dei problemi strutturali che al-Khadimi deve fronteggiare.

Il mandato del Primo Ministro

A peggiorare la situazione attuale, c’è la questione temporale perché il mandato del Primo Ministro incaricato scade a giugno 2021 ma i problemi strutturali accumulati dall’Iraq richiedono tempo e negoziazione, elementi che difficilmente lo porteranno a compiere le riforme di largo respiro richieste dalla maggior parte della popolazione. Se è vero che le proteste popolari hanno innescato un meccanismo di cambiamento e di spinta generazionale senza precedenti, con l’entrata in scena di giovani iracheni provvisti di un’esperienza politica diversa rispetto alle generazioni precedenti, è anche vero che i problemi strutturali accumulati dall’Iraq e legati al sistema politico del dopo Saddam, fanno sì che la classe politica non abbia alcun interesse a compiere passi avanti verso le riforme.

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