Dopo una giornata di manifestazioni di piazza in tutto il Paese, svolta inattesa ma dai risvolti incerti. Decisiva sarà la posizione dell’esercito
Prima gli Stati Uniti e poi, a seguire, Canada, Brasile, Colombia, Perù, Ecuador, Costa Rica, Cile e Argentina. Juan Guaidó ha conquistato l’appoggio di Nazioni di peso, in attesa di comprendere quale ruolo avrà l’esercito in quella che è stata un’improvvisa accelerata della crisi venezuelana. Nicolas Maduro ha il supporto dei militari d’alto rango, con il Ministro della Difesa, generale Vladimir Padrino Lopez, che dice «non accettiamo un Presidente imposto all’ombra di oscuri interessi e autoproclamatosi al margine della legge». Maduro potrebbe non ricevere la stessa fiducia dai soldati che, come il resto della popolazione, patiscono le conseguenze di un’economia al collasso. Guaidó, dal canto suo, ha promesso amnistie e riconciliazione, aspetto che potrebbe avvicinare molti dei fedeli del Presidente in carica.
Juan Guaidó, eletto alla presidenza dell’Assemblea Nazionale all’inizio di gennaio, ha invocato l’Articolo 233 della costituzione venezuelana per dichiarare Maduro “illegittimo” e “usurpatore”. L’Articolo attribuisce al Presidente dell’Assemblea Nazionale — Juan Guaidó in questo caso — la presidenza ad interim della Repubblica, nei casi (tra i vari elencati) di morte, di infermità mentale o di revoca da parte del popolo del mandato del Presidente eletto. L’Assemblea Nazionale del Venezuela è controllata dall’opposizione. Secondo il Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, Guaidó “contrariamente a Maduro” — scrive in un tweet — “ha legittimità democratica”. Gli fa eco Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo, che scrive: “Spero che tutta l’Europa si unisca in supporto delle forze democratiche in Venezuela”.
Sul fronte opposto Evo Morales, Presidente della Bolivia, che su Twitter scrive un accorato messaggio di solidarietà a Nicolas Maduro: “La nostra solidarietà al popolo venezuelano e al fratello Nicolas Maduro, in queste ore decisive in cui gli artigli dell’imperialismo cercano nuovamente di ferire mortalmente la democrazia e l’autodeterminazione dei popoli del Sud America. Non saremo mai più nel cortile di casa degli Stati Uniti”.
Nicolas Maduro è stato rieletto Presidente del Venezuela nel maggio 2018. Bassa l’affluenza alle urne, con un turnout che, ufficialmente, si è fermato al 46% degli aventi diritto, meno della metà secondo fonti dell’opposizione.
In Venezuela, così come in altri contesti geopolitici (il caso Siria su tutti) è in atto uno scontro non solo di politica interna ma di rapporti tra potenze mondiali. Il Paese sudamericano, negli ultimi anni, ha stretto importanti rapporti con la Russia e con la Cina. Mosca ha recentemente inviato a Caracas due aerei militari per esercitazioni congiunte, Pechino ha acquistato nel 2015 il 9.9% delle azioni di Sinovensa, azienda di estrazione del petrolio sussidiaria di Petróleos de Venezuela. Ma la recente visita di Maduro in Cina ha creato forte malcontento persino verso l’opinione pubblica del gigante asiatico, che vede i prestiti al Venezuela come uno sperpero di denaro pubblico. Russia e Cina seguono con attenzione la situazione ma, non avendo preso una posizione pubblica sul cambio di rotta, potrebbero implicitamente aver lanciato un messaggio di sfiducia a Nicolas Maduro.
@melonimatteo
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