Il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov è arrivato a Nuova Delhi per una visita di due giorni: la Russia vorrebbe vendere all’India milioni di barili di petrolio a un prezzo scontato e questa potrebbe accettare. Preoccupati gli Stati Uniti
In India è in corso una battaglia per l’influenza tra l’Occidente e la Russia: gli Stati Uniti (soprattutto loro) vorrebbero che Nuova Delhi si allineasse nel contrasto del Cremlino per l’invasione dell’Ucraina; Mosca, invece, sta cercando in Asia una sponda economica e politica per ammortizzare la pressione di una parte rilevante della comunità internazionale. E se il Giappone e la Corea del Sud l’hanno punita con le sanzioni, lo stesso non hanno fatto i due giganti del continente: la Cina e, appunto, l’India.
La visita di Lavrov
Giovedì il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è arrivato a Nuova Delhi per una visita di due giorni; poco prima era stato a Pechino, ottenendone una maggiore determinazione allo sviluppo dei rapporti bilaterali. Le discussioni con la controparte indiana, Subrahmanyam Jaishankar, hanno riguardato principalmente il commercio: la Russia vorrebbe vendere all’India milioni di barili di petrolio a un prezzo scontato, e in India – che ne acquista dall’estero quasi tutto quello che consuma (ma pochissimo da Mosca, finora) – si sono detti “felici di accettarlo”. I russi hanno anche proposto agli indiani l’istituzione di un meccanismo di scambio rubli-rupie che utilizzi l’SPFS, il sistema di trasmissione dei messaggi finanziari sviluppato dalla Banca centrale della Russia: è un modo, riassumendo, per aggirare le sanzioni ed evitare di passare per il dollaro e lo Swift, lo standard internazionale.
La convenienza non è solo per Mosca, ma anche per Nuova Delhi. Che, con un certo opportunismo, vuole approfittare di questa fase di isolamento del Cremlino per espandersi nel mercato russo e riequilibrare la bilancia degli scambi: punta a esportare più prodotti farmaceutici e chimici.
Gli avvertimenti dell’America
Gli Stati Uniti non sono contenti del comportamento dell’India, ma non possono ostacolarla perché ne hanno bisogno in funzione anti-cinese. Stanno comunque facendo trasparire il loro malumore con delle dichiarazioni. La segretaria al Commercio Gina Raimondo, per esempio, ha detto che “è il momento di stare dalla parte giusta della storia, di stare con gli Stati Uniti e con decine di altri Paesi, di difendere la libertà, la democrazia e la sovranità con il popolo ucraino, e non alimentare e aiutare la guerra del Presidente Putin”. Difficilmente, tuttavia, queste esortazioni morali convinceranno Nuova Delhi ad agire diversamente.
Daleep Singh, viceconsigliere americano per la sicurezza nazionale e gli affari economici internazionali, è arrivato in India all’incirca nello stesso momento di Lavrov. E ha rilasciato due dichiarazioni importanti. Ha detto che gli americani non imporranno a Nuova Delhi alcuna “linea rossa” sulle importazioni energetiche da Mosca perché non è quello che fanno gli “amici”. Ha precisato però che Washington non vuole che gli acquisti accelerino troppo rapidamente. E soprattutto che non gradirà la vista di “meccanismi destinati a sostenere il rublo o a minare il sistema finanziario basato sul dollaro, o ad aggirare le nostre sanzioni finanziarie”. Il messaggio è chiaro: vedremo se verrà recepito. Anche perché quello americano è un mercato ben più grande di quello russo per le merci indiane.
Gli Stati Uniti non sono gli unici a cercare di mettere un po’ di pressione all’India. Pure gli altri membri del Quad, il quadrilatero securitario dell’Indo-Pacifico, si sono mossi: il Primo Ministro australiano Scott Morrison ha avuto una riunione virtuale con l’omologo indiano Narendra Modi; due settimane fa Fumio Kishida, Primo Ministro del Giappone, è andato in visita in India. Mercoledì scorso il ministro australiano del Commercio ha detto che le democrazie dovrebbero lavorare assieme per garantire la prosecuzione del sistema “basato sulle regole” e non sulla prevaricazione. Nuova Delhi, comunque, si è riunita anche con Pechino.
Come pensa l’India
La posizione indiana è chiara. Sostiene che, nonostante l’avvicinamento al blocco americano, ha bisogno della Russia e delle sue armi (l’85% di quelle in suo possesso provengono da lì) per difendersi dalla Cina e dal Pakistan.
Al di là delle valutazioni strategiche, per cogliere l’umore popolare dell’India nei confronti della crisi ucraina è più utile guardarne i notiziari e leggerne i giornali (non quelli in inglese, rivolti alle élite liberali): sono pieni di retorica anti-americana, come ha raccontato Gerry Shih sul Washington Post.