Le delegazioni di Libano e Israele si sono incontrate ieri con la mediazione di Nazioni Unite e Stati Uniti per porre fine alla disputa decennale sui confini marittimi
Le delegazioni di Libano e Israele si sono incontrate ieri con la mediazione di Nazioni Unite e Stati Uniti per porre fine alla disputa decennale sui confini marittimi
Dopo l’apertura del Presidente del LibanoMichel Aoun al dialogo con Israele, sembra smuoversi lo stallo che vede i due Paesi non solo in un conflitto latente ma anche bloccati sulla disputa per i confini marittimi. Beirut e Tel Aviv sono ancora formalmente in guerra, ma l’interesse crescente per l’esplorazione dei giacimenti oil&gas nel Mediterraneo orientale potrebbe portarli a un accordo, che metterebbe un freno ad eventuali future e rischiose dispute nei mari.
Le aspirazioni del Libano
Il Generale Bassam Yassine, Presidente della delegazione libanese per le negoziazioni tecniche indirette per la definizione della demarcazione del confine sud con Israele, ha affermato che Beirut spera di giungere a un accordo nell’arco di un periodo di tempo definito ragionevole. “Oggi siamo qui per discutere e negoziare la demarcazione dei nostri confini marittimi sulla base della legge internazionale, l’Accordo di Tregua del 1949 così come documentato dalle Nazioni Unite e l’Accordo Paulet-Newcombe del 1923, in particolare con attenzione su quanto stipulato relativamente alla linea di terra che parte da Ras Al-Naqoura”, ha dichiarato l’esponente militare.
Ancora una volta, il presente di quell’area si scontra e deve fare i conti col retaggio coloniale britannico e francese. In questo caso, la menzione di Yassine rievoca l’accordo ideato dal Colonnello francese Paulet e dal Tenente Colonnello Newcombe relativamente ai confini dei rispettivi mandati. Il trattato segue quello Sykes-Picot, accordo segreto che prende il nome dai diplomatici di Gran Bretagna e Francia che organizzarono la spartizione del Vicino Oriente in sfere d’influenza all’indomani della sconfitta dell’Impero Ottomano.
La posizione di Hezbollah
Il movimento sciita Hezbollah, centrale nella politica istituzionale libanese e alleato del Presidente Aoun, ha fatto sapere che i contatti con Israele non sono un segnale che presto ci sarà la definitiva pace tra i due Paesi. Insieme al partito Amal, il gruppo sciita guidato da Hassan Nasrallah critica la formazione della delegazione libanese, chiedendo in particolar modo la presenza di soli esponenti militari e non politici.
Le aspettative israeliane
A quanto si apprende, Tel Aviv non ha grandi aspettative sull’esito dell’incontro odierno e, sulla falsa riga di quanto dichiarato da Hezbollah, non sarebbe il preludio all’avvio di un processo di normalizzazione dei rapporti. Si sottolinea che quella dei confini marittimi è una disputa minore che riguarda la demarcazione del territorio nel quale si potranno realizzare le esplorazioni. Il Ministro dell’Energia Yuval Steinitz ha inoltre affermato che questo “è un tentativo per chiarire un problema tecnico-economico che per una decina d’anni ci ha impedito lo sviluppo con le risorse naturali, che beneficerà le persone di tutta la regione”.
La mediazione degli Stati Uniti
Molto attiva l’amministrazione di Donald Trump nel cercare di oliare gli ingranaggi della diplomazia internazionale nei confronti di Israele. Dopo gli accordi sottoscritti con Emirati Arabi Uniti e Bahrein, un aiuto anche relativo ai confini marittimi con il Libano sarebbe la positiva conclusione per un percorso ideato con l’ingresso del 45° Presidente alla Casa Bianca e concretizzatosi con i primi colloqui preliminari nel 2019. All’incontro presente anche David Schenker, assistente del Segretario di Stato per le questioni nel Vicino Oriente, responsabile dell’avvio del dialogo tra le due nazioni.
Le delegazioni di Libano e Israele si sono incontrate ieri con la mediazione di Nazioni Unite e Stati Uniti per porre fine alla disputa decennale sui confini marittimi
Dopo l’apertura del Presidente del LibanoMichel Aoun al dialogo con Israele, sembra smuoversi lo stallo che vede i due Paesi non solo in un conflitto latente ma anche bloccati sulla disputa per i confini marittimi. Beirut e Tel Aviv sono ancora formalmente in guerra, ma l’interesse crescente per l’esplorazione dei giacimenti oil&gas nel Mediterraneo orientale potrebbe portarli a un accordo, che metterebbe un freno ad eventuali future e rischiose dispute nei mari.
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