Libia: Serraj e Saleh ordinano il cessate-il-fuoco immediato. Il Ministro della Difesa italiano Guerini fa sapere che Roma è vicina a Tripoli, che teme un'eccessiva presenza turca
Libia: Serraj e Saleh ordinano il cessate-il-fuoco immediato. Il Ministro della Difesa italiano Guerini fa sapere che Roma è vicina a Tripoli, che teme un’eccessiva presenza turca
La crescita della pandemia da Covid-19 (nelle ultime 24 ore 395 nuovi contagi e 9.463 casi totali) ha accelerato il processo della normalizzazione in Libia già avviato dopo la sconfitta militare del generale Haftar. Venerdì, il Presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, che si propone sempre di più come “padre della patria” ha chiesto a tutte le parti di “osservare il cessate-il-fuoco immediato e fermare tutte le operazioni militari in tutta la Libia”.
Anche a ovest, il Presidente del Governo di accordo nazionale di Tripoli, Fayez al-Serraj, “alla luce della situazione che sta vivendo il Paese e alla luce dell’emergenza coronavirus, ordina a tutte le forze militari di osservare un cessate-il-fuoco immediato e di fermare tutte le operazioni di combattimento in tutti i territori libici”. Per Saleh questo vorrà dire che i contractors russi della Wagner e i siriani assoldati dai turchi dovranno lasciare il Paese così come Serraj auspica che non ci dovranno essere più presenze di forze egiziane o emiratine a est.
In una nota, la Farnesina accoglie “con grande favore” il cessate-il-fuoco e fa sapere che “continuerà a svolgere il suo ruolo attivo di facilitazione per una soluzione politica alla crisi”. L’Italia “esorta tutte le parti interessate a dare un seguito rapido e fattivo al percorso delineato nei comunicati del Consiglio Presidenziale e dalla Camera dei Rappresentanti” e “auspica una concreta applicazione a tutte le articolazioni dell’industria petrolifera libica su tutto il territorio del Paese”.
Apprezzamenti anche da parte dell’ambasciata Usa in Libia, mentre da parte egiziana il Presidente al-Sisi annuncia che “continuerà a lavorare per la fine delle ostilità, per la riattivazione completa della produzione petrolifera e la riapertura di un serio dialogo politico intra-libico, sotto guida Onu”.
Il problema centrale per la sopravvivenza economica del Paese resta la riapertura dei pozzi petroliferi in tutto il territorio libico. La riapertura dei pozzi soltanto a est – annunciata da Aguila Saleh e dal Presidente dell’Alto Consiglio di Stato, Khalid al Mishri -, creerebbe nuovi problemi poiché la Noc è l’unico ente che ha sovranità su tutto il territorio libico, tanto che sia gli emiratini che i francesi stanno invitando Haftar a una completa riapertura dei terminal anche a ovest. Il gasdotto dell’Eni non è interessato alla chiusura ma il permanere di una situazione di instabilità è valutato con preoccupazione dai vertici dell’Ente.
Nel frattempo l’Italia cerca di recuperare il terreno perso e riguadagnare in credibilità. Il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, è volato a Tripoli l’8 agosto scorso per assicurare che l’Italia vuole continuare a essere vicina al popolo libico. Il responsabile della Difesa non ha nascosto le numerose ambiguità dei Governi italiani ma ha tenuto a ricordare che, anche da Presidente del Copasir, si è sempre speso in prima persona per sostenere, anche se non militarmente, le ragioni di Tripoli. L’accordo firmato da Guerini con i vertici militari di Serraj prevede lo spostamento dell’attuale ospedale da campo (circa 380 tra militari e personale medico) dall’aeroporto di Misurata a una nuova collocazione sempre a Misurata. Questo non per fare posto a una base turca (che verrà insediata a Khoms), ma per riprendere le attività dell’accademia aeronautica nell’aeroporto di Misurata.
Oltre a questo, a Tripoli verrà creata una nuova struttura ospedaliera nell’ambito della cooperazione sanitaria militare. Sono già in corso le attività di sminamento con 9 genieri (ma si arriverà a regime a 80) e l’invio di strumenti per la bonifica degli ordigni. Stabilito anche un intenso programma di formazione e training per ufficiali libici da svolgersi sia in Libia che nelle accademie militari italiane. I seguiti operativi dell’accordo sono stati fissati il 17, 18 e 19 agosto a Roma in incontri tra i vertici militari libici e gli uffici del Capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Vecciarelli. Il Governo di Tripoli guarda con estremo favore alla cooperazione italiana e teme invece un’eccessiva a presenza turca anche per il ricordo mai cancellato della dominazione ottomana durata cinque secoli.
Certo, Serraj non ha potuto rifiutare le richieste di chi bene o male è riuscito a bloccare militarmente l’aggressione di Haftar. Lunedì 17 agosto a Tripoli il Ministro della difesa turco, Halusi Akar, e quello del Qatar, Khalid al Attyha, hanno firmato con Serraj accordi per creare la base navale a Khoms e aerea ad al-Watya nella Tripolitania Occidentale, mentre il Qatar aiuterà finanziariamente la ricostruzione di un esercito. Nelle stesse ore il Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas lavorava per la trasformazione di Sirte in zona neutrale e per liberare l’aeroporto di Jufra dalle forze del generale Khalifa Haftar cercando di rimettere in pista un ruolo europeo (sancito con la conferenza di Berlino contro le interferenze e gli aiuti militari esterni) e la road map delle Nazioni Unite.
Ma, secondo Aguila Saleh, la città di Sirte diventerà la “sede temporanea del nuovo Consiglio di presidenza” e di “una forza di polizia di sicurezza ufficiale di diverse regioni” dovrà garantirne la sicurezza. Tutto ciò “in preparazione dell’unificazione delle istituzioni statali come elemento essenziale della fase consensuale di costruzione, a condizione che gli accordi militari siano completati secondo il percorso di negoziazione militare (5+5), sotto gli auspici della missione Onu”.
Insomma, in altre parole, il cammino del dopoguerra libico sarà lungo e accidentato ma appare comunque ben più complesso rispetto a come spesso gli osservatori occidentali lo semplificano in molte delle loro analisi.
La crescita della pandemia da Covid-19 (nelle ultime 24 ore 395 nuovi contagi e 9.463 casi totali) ha accelerato il processo della normalizzazione in Libia già avviato dopo la sconfitta militare del generale Haftar. Venerdì, il Presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, che si propone sempre di più come “padre della patria” ha chiesto a tutte le parti di “osservare il cessate-il-fuoco immediato e fermare tutte le operazioni militari in tutta la Libia”.
Anche a ovest, il Presidente del Governo di accordo nazionale di Tripoli, Fayez al-Serraj, “alla luce della situazione che sta vivendo il Paese e alla luce dell’emergenza coronavirus, ordina a tutte le forze militari di osservare un cessate-il-fuoco immediato e di fermare tutte le operazioni di combattimento in tutti i territori libici”. Per Saleh questo vorrà dire che i contractors russi della Wagner e i siriani assoldati dai turchi dovranno lasciare il Paese così come Serraj auspica che non ci dovranno essere più presenze di forze egiziane o emiratine a est.
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