La missione diplomatica di Macron rappresenta la tappa finale della normalizzazione dei rapporti con il Ruanda. In programma, il vertice Africa-Francia il prossimo ottobre
La missione diplomatica di Macron rappresenta la tappa finale della normalizzazione dei rapporti con il Ruanda. In programma, il vertice Africa-Francia il prossimo ottobre
A oltre dieci anni di distanza dall’ultima visita di un capo di Stato francese in Ruanda, lo scorso 27 maggio il Presidente Emmanuel Macron si è recato a Kigali, la capitale del Paese africano. La missione diplomatica di Macron arriva a 27 anni dal genocidio cominciato nell’aprile del 1994, che nell’arco di pochi mesi avrebbe lasciato sul terreno circa 800mila persone (tra tutsi e hutu moderati). Una visita molto attesa, volta a normalizzare le relazioni tra i due Paesi, rimaste tese per oltre un quarto di secolo a causa delle narrazioni contrastanti sul ruolo della Francia durante il genocidio. E le aspettative della vigilia non sono state disattese, come dimostrano le parole pronunciate dal venticinquesimo inquilino dell’Eliseo davanti al memoriale di Gisozi, dove sono sepolti i resti di 250mila delle vittime del genocidio.
La missione di Macron
“Questa visita è la tappa finale della normalizzazione delle relazioni tra i nostri Paesi. Sebbene la Francia non sia stata complice di quelle morti, per troppo tempo ha fatto prevalere il silenzio sulla ricerca della verità”. Una dichiarazione che rappresenta un’assunzione delle responsabilità da parte di Parigi nel suo sostegno al Governo ruandese in quel momento. Un gesto altamente simbolico che produrrà una distensione nelle relazioni Ruanda-Francia e potenzialmente aprirà la porta ad altri atti riparatori. Del resto, lo scorso 26 marzo era stato presentato a Macron il rapporto della commissione presieduta dallo storico francese Vincent Duclert, incaricata di esaminare il ruolo della Francia in Ruanda dal 1990 al 1994.
Lascia spazio a qualche perplessità il fatto che i due Paesi per dialogare abbiano utilizzato due interposti rapporti, anche se gli avvocati americani affermano che “non hanno elaborato una risposta al rapporto francese e che la ricerca in questione è stata compiuta prima della pubblicazione del rapporto Duclert”.
Tuttavia, le affermazioni dei legali del blasonato studio di Washington potrebbero essere smentite dal fatto che il rapporto Duclert era già in fase di elaborazione da due anni. In realtà, l’utilizzo dei due rapporti sembra essere mirato alla volontà dei entrambe i Paesi di modificare le proprie posizioni senza approfondirle troppo, nell’intento di muovere verso una normalizzazione delle relazioni.
Gli interessi della Francia
Prima della missione diplomatica, non era scontato che Macron avrebbe presentato le sue scuse per l’operato francese durante il genocidio dei tutsi in Ruanda. Gli stessi tutsi che da sempre rimproverano alla Francia di aver sostenuto il regime genocidario del Presidente hutu Juvénal Habyarimana, tragicamente perito in un incidente aereo che il 6 aprile 1994 scatenò la mattanza.
Appare, inoltre, molto singolare che, tenendo conto del tempo trascorso e della situazione attuale, Parigi e Kigali ora si ritrovino in posizioni assai simili a quelle che avevano trent’anni fa. Adesso, però, i francesi hanno l’interesse prioritario di mantenere la loro influenza diplomatica in Africa, riaffermando le parole pronunciate nel lontano 1957 da François Mitterrand, che dichiarò “senza l’Africa, non ci sarà una storia francese nel XXI secolo”.
La visita in Ruanda rientra chiaramente nel tentativo di riformare gli approcci tradizionali della Francia nei confronti dell’Africa, ma resta da vedere se i diversi incontri di alto livello programmati dal Governo francese, potranno contribuire a cambiare un insieme di relazioni storicamente complesso.
La crescita economica dell’Africa e l’espansione della sua influenza politica a livello internazionale hanno attratto partner esterni desiderosi di rinnovare e costruire relazioni con il continente. Come indica il fatto che Russia, Cina, Turchia, Giappone, India, Regno Unito e la stessa Francia organizzino vertici con gli Stati africani.
Parigi ha cercato di preservare i suoi interessi e la sua influenza principalmente nei Paesi francofoni, rivolgendo negli ultimi anni anche la sua attenzione agli Stati dell’Africa orientale e meridionale. Non a caso, la Francia quest’anno ha organizzato due vertici per rimodulare la sua strategia verso il continente.
Il 18 maggio, Emmanuel Macron ha organizzato un vertice internazionale sul finanziamento delle economie africane, al quale hanno partecipato 22 capi di Stato del continente. Poi, il prossimo ottobre, a Montpellier si terrà il 28esimo vertice Africa-Francia, per dare voce alla società civile africana e in particolare alle generazioni più giovani e agli imprenditori.
Gli investimenti
Ma la riconciliazione con Kigali e i due vertici, oltre a cambiare le relazioni tra Francia e Africa, devono generare risultati tangibili e rilevanti anche a livello politico. Il vertice del 18 maggio ha prodotto la risoluzione secondo cui il Fondo monetario internazionale (Fmi) emetterà diritti speciali di prelievo (DSP) fino a 650 miliardi di dollari (Il DSP è una sorta di assegno convertibile in dollari, distribuito in proporzione al peso specifico dei Paesi e al loro contributo alle risorse del Fmi).
Il ricorso a tale meccanismo finanzierà nell’immediato i Paesi africani per 33 miliardi di dollari, 24 dei quali destinati all’area sub-sahariana. Molti dei Governi africani hanno ritenuto che la somma fosse troppo esigua e diversi Stati, tra cui la Francia, si sono impegnati a riallocare i propri diritti speciali di prelievo.
Del resto, il Fmi stima che il continente avrà bisogno di 285 miliardi di dollari tra il 2021 e il 2025 per evitare la recessione economica causata dalla pandemia da Covid-19. Quindi gli stanziamenti del vertice del 18 maggio sembrano insufficienti rispetto alle effettive necessità finanziarie dell’Africa.
Ci sono altre questioni fondamentali che questo tipo di riunioni non possono affrontare, come la struttura stessa di molte economie africane, perpetuata ed esacerbata dalle sfide sistemiche e dai profondi deficit di governance che caratterizzano il continente africano.
Se i due attori intendono migliorare le relazioni dovrebbero stabilire un rapporto basato sul rispetto e sulla fiducia reciproci, nel quale dovranno impegnarsi a garantire che le relazioni siano più eque e che entrambe le parti ne traggano beneficio. Le relazioni della Francia con le sue ex colonie sono sempre state complesse, principalmente a causa del retaggio dell’epoca, al quale ha fatto seguito un periodo post-coloniale durante il quale la Francia ha mantenuto relazioni politiche ed economiche privilegiate con quasi tutti i Paesi africani che aveva assoggettato.
Per questa serie di motivazioni, il prossimo vertice di Montpellier dovrebbe essere una piattaforma per rilanciare queste argomentazioni e riformare i legami postcoloniali, che in gran parte hanno perpetuato un sistema di sfruttamento delle nazioni francofone africane.
La missione diplomatica di Macron rappresenta la tappa finale della normalizzazione dei rapporti con il Ruanda. In programma, il vertice Africa-Francia il prossimo ottobre
A oltre dieci anni di distanza dall’ultima visita di un capo di Stato francese in Ruanda, lo scorso 27 maggio il Presidente Emmanuel Macron si è recato a Kigali, la capitale del Paese africano. La missione diplomatica di Macron arriva a 27 anni dal genocidio cominciato nell’aprile del 1994, che nell’arco di pochi mesi avrebbe lasciato sul terreno circa 800mila persone (tra tutsi e hutu moderati). Una visita molto attesa, volta a normalizzare le relazioni tra i due Paesi, rimaste tese per oltre un quarto di secolo a causa delle narrazioni contrastanti sul ruolo della Francia durante il genocidio. E le aspettative della vigilia non sono state disattese, come dimostrano le parole pronunciate dal venticinquesimo inquilino dell’Eliseo davanti al memoriale di Gisozi, dove sono sepolti i resti di 250mila delle vittime del genocidio.
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