Partendo dalla naturale influenza che il Mahatma Gandhi avrebbe avuto nella formazione politica di Mandela, l’India oggi ricorda l’eroe anti apartheid appiattendosi sui valori della non violenza e del pacifismo. Dimenticandosi, come al solito, tutto il resto.
Le istituzioni indiane, negli anni, hanno riconosciuto ai più alti livelli le gesta di Mandela in Sudafrica, in un elogio abbastanza indiano-centrico di un uomo simbolo della seconda metà del secolo scorso.
Nel 1990 Mandela vince il Bharat Ratna, la più alta onorificenza civile dello stato indiano (unico non indiano, assieme all’attivista indipendentista pakistano Khan Abdul Ghaffar Khan, a ricevere il premio); nel 2000 Madiba vince invece l’International Gandhi Peace Prize, riconoscimento esteso a chi ha saputo influenzare politica e società nel solco degli insegnamenti gandhiani. Oggi, nel giorno della sua morte, Manmohan Singh descrive Mandela come un “vero gandhiano”, Narendra Modi ne loda l’operato come continuazione dei principi e valori di Gandhi, l’India indice cinque giorni di lutto.
Al netto della giusta esaltazione del personaggio, questo appiattimento della figura di Mandela come spin off africano di Gandhi, a pelle, mi sembra un’operazione un po’ sporca; l’impressione è che in India ci sia la gara ad appropriarsi di meriti altrui, di risultati ottenuti in tempi, condizioni e metodi del tutto differenti dal “padre della non violenza”.
Non sono esperto della vita di Mandela né della sua lotta per i diritti civili in Sudafrica e lo sono poco di più dell’opera di Gandhi pre indipendenza, ma mi pare di capire – leggendo qua e là – che i due fossero molto diversi.
Mentre Gandhi rimase adamantino nella negazione di una qualsiasi attività violenta all’interno del movimento per l’indipendenza indiano, Mandela concepiva il senso della lotta armata, mutuato dalla rivoluzione castrista a Cuba: ricordarlo solo come simbolo della non violenza africana non rende giustizia né a Mandela né alla storia della lotta all’apartheid.
Lo so, è sempre il discorso del pacifismo e della complessità di Gandhi e dell’Indipendenza indiana che avevo già provato a intavolare. L’esaltazione quasi istintiva del Mandela che piace a tutti ricordare (vecchio, sorridente, bonario) anche da ambienti indiani mi ha incuriosito e mi piacerebbe discuterne con chi vorrà qui sotto nei commenti.
La mia impressione è che Mandela abbia avuto varie fasi, varie influenze, sia maturato sempre tenendo al centro del suo pensiero la praticità della lotta, l’obiettivo dei diritti e della convivenza tra minoranza e maggioranza. Gandhi, per contro e probabilmente perché morto precocemente, mi pare un personaggio molto più estremo, meno aperto alla discussione o all’autoanalisi. Non mi sono fatto un’idea precisa e magari se qualcuno vuole intervenire proviamo a farcene una tutti insieme.
Partendo dalla naturale influenza che il Mahatma Gandhi avrebbe avuto nella formazione politica di Mandela, l’India oggi ricorda l’eroe anti apartheid appiattendosi sui valori della non violenza e del pacifismo. Dimenticandosi, come al solito, tutto il resto.