Canale di Suez bloccato: le navi cargo hanno 20 giorni di navigazione in più per circumnavigare l’Africa con un incremento del costo del trasporto dall’Asia all’Europa del 360%. A Suez transitava il 40% del Made in Italy, a rischio il 16% dell’export italiano.
E’ sempre più alta la tensione nel Mar Rosso, dove le milizie yemenite degli Houthi stanno dando non poco filo da torcere. Da novembre, poco dopo l’inizio della guerra tra Israele ed Hamas, i miliziani Houthi, gruppo di ribelli che hanno il controllo di gran parte dello Yemen e che sono spalleggiati dall’Iran, hanno cominciato a minacciare tutta la zona del Mar Rosso attaccando con missili navi cargo e altri mercantili che percorrevano quel tratto di mare.
Gli attacchi sono andati sempre a peggiorare: nelle ultime settimane si sono registrate le prime vittime tra i marinai e una nave è stata affondata. Ne hanno risentito i traffici commerciali, che per motivi di sicurezza hanno dovuto modificare le rotte, con un aumento notevole dei tempi e dei costi. A causa degli attacchi Houthi, la rotta utilizzata non è più quella tramite il canale di Suez.
Anche l’Italia ne ha fortemente risentito. Basti pensare che dal canale di Suez transitava il 40% del Made in Italy. Con il blocco di Suez, oltre ad un crollo dell’economia egiziana, si ipotizza un aumento dell’inflazione italiana dell’1,8% per la crisi di Bab el-Mandeb, lo stretto dinanzi allo Yemen che è l’accesso al Mar Rosso.
Qualche settimana fa, Banca d’Italia stimava che è a rischio, direttamente o indirettamente, il 16% del nostro export. Con l’aumento di 20 giorni di navigazione, dal momento che ora le navi devono circumnavigare l’Africa, si registra un incremento del costo del trasporto dall’Asia all’Europa del 360%. Impatto negativo non solo legato al trasporto di beni, anche a quello informatico.
Dinanzi alle coste dello Yemen, infatti, passano importanti cavi sottomarini di comunicazione, che collegano l’Asia con l’Europa. Poche settimane fa sono stati tagliati quattro cavi di comunicazione sottomarini nel Mar Rosso, colpendo il 25% del traffico dati che scorre tra l’Asia e l’Europa. In un comunicato, la società che li gestisce ha spiegato che l’80% del traffico diretto a ovest dall’Asia passava attraverso i quattro cavi (Seacom, TGN-Gulf, Asia-Africa-Europa 1 e Europe India Gateway). Gli Houthi, che più volte hanno minacciato azioni del genere, non hanno rivendicato questo atto, incolpando invece le operazioni belliche congiunte anglo-americane.
A muovere le azioni degli Houthi è l’appoggio a Gaza e la volontà di combattere Israele. Non a caso gli Houthi hanno chiaramente parlato di una guerra intesa anche come campagna di solidarietà con i 2,2 milioni di palestinesi di Gaza.
La reazione dell’Occidente non si è fatta attendere e una coalizione formata dagli USA e dal Regno Unito, insieme ad altri 8 Paesi ovvero Australia, Bahrein, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Corea del Sud ha iniziato attacchi sistematici nell’area contro obiettivi Houthi in Yemen.
A febbraio anche altri paesi europei sono scesi in campo con la missione Aspides (ne fanno parte Grecia, Belgio, Germania e appunto Italia). L’idea alla base della missione non è quella di colpire (come invece fanno gli americani) obiettivi Houthi in Yemen ma svolgere per lo più una funzione difensiva, inviando appunto navi che possano scortare le navi mercantili che passano nell’area, abbattendo ovviamente eventuali droni o minacce degli Houthi.
Che è appunto quello che ha fatto nei giorni scorsi il cacciatorpediniere italiano Caio Duilio quando ha abbattuto tre droni (uno a inizio marzo e due qualche giorno fa). Non è chiaro se i droni si stessero dirigendo proprio contro la nave italiana, comunque sono stati intercettati in quanto ritenuti pericolosi e quindi da abbattere.
Fatto sta che da quel momento l’attenzione del gruppo yemenita si è spostata un po’ anche verso l’Italia. Il portavoce degli Houthi, Nasr al-Din Amer, ha detto che l’operazione italiana era “inaccettabile” ma che il gruppo sciita almeno per ora non intende prendere di mira l’Italia, avendo come obiettivo principale le navi americane, britanniche e israeliane. Gli Houthi hanno anche di recente annunciato che intensificheranno le operazioni militari durante il mese sacro islamico del Ramadan.
Continuano intanto gli attacchi mirati dell’aviazione anglo-americana che nei giorni scorsi ha effettuato sei attacchi di autodifesa contro obiettivi Houthi solo poche ore dopo l’ultimo attacco ad una nave mercantile della zona.
Secondo fonti yemenite, gli attacchi aerei Usa avrebbero ucciso almeno 11 persone e ferite 14. L’agenzia Novosti, citando una fonte militare, ha scritto che i ribelli Houthi avrebbero testato con successo un razzo ipersonico nello Yemen. Gli Houthi starebbero pianificando di iniziare a produrre missili da utilizzare contro obiettivi nel Mar Rosso, nel Mar Arabico e nel Golfo di Aden, nonché contro Israele.
Gli Stati Uniti avrebbero usato canali diplomatici per fare indirettamente pressioni sull’Iran affinché spinga gli Houthi a fermare le loro azioni. Da novembre, da quando hanno cominciato a prendere di mira le navi di passaggio, il gruppo sciita filo iraniano ha lanciato più missili di quanti lanciati negli otto anni di guerra con i sauditi.
E’ sempre più alta la tensione nel Mar Rosso, dove le milizie yemenite degli Houthi stanno dando non poco filo da torcere. Da novembre, poco dopo l’inizio della guerra tra Israele ed Hamas, i miliziani Houthi, gruppo di ribelli che hanno il controllo di gran parte dello Yemen e che sono spalleggiati dall’Iran, hanno cominciato a minacciare tutta la zona del Mar Rosso attaccando con missili navi cargo e altri mercantili che percorrevano quel tratto di mare.
Gli attacchi sono andati sempre a peggiorare: nelle ultime settimane si sono registrate le prime vittime tra i marinai e una nave è stata affondata. Ne hanno risentito i traffici commerciali, che per motivi di sicurezza hanno dovuto modificare le rotte, con un aumento notevole dei tempi e dei costi. A causa degli attacchi Houthi, la rotta utilizzata non è più quella tramite il canale di Suez.