Per la prima volta la Corte si è espressa a favore della depenalizzazione dell’aborto: un voto che ha visto il parere unanime di tutti i giudici e che chiede allo Stato di Coahuila di rimuovere le sanzioni per l’aborto (da uno a tre anni di carcere)
“È incostituzionale criminalizzare completamente l’aborto. Per la prima volta, la Corte si è pronunciata a favore della garanzia del diritto delle donne e delle donne incinte di decidere, senza affrontare conseguenze penali”. Il tweet dell’account della Corte Suprema federale del Messico è inequivocabile e spiega in poche parole la sentenza storica per il Paese latinoamericano. Una sentenza che ha visto il parere unanime di tutti e dieci i giudici che siedono nell’alta Corte e che ordina allo Stato settentrionale di Coahuila di rimuovere le sanzioni per l’aborto (da uno a tre anni di carcere) dal suo codice penale. In seguito alla sentenza tutti gli altri Stati messicani dovranno rimuovere qualsiasi forma di pena o sanzione.
La sentenza è storica perché il Messico è un Paese cattolico praticante (82% della popolazione) dove la Chiesa ha giocato un ruolo storico e politico importante e dove la violenza nei confronti delle donne è un tema drammatico da anni. La sentenza è, in qualche modo, anche politica perché regola quello che i singoli Stati possono fare ed è, appunto, una risposta a quelle autonomie locali che hanno legiferato in materia di interruzione della gravidanza per ragioni politiche (un po’ come avviene negli Stati Uniti si legifera su quando cominci la vita).
C’è qualcosa di politico anche nella argomentazione del Presidente della Corte Arturo Zaldívar, che ha scritto: “La criminalizzazione dell’aborto punisce le donne più povere, le più emarginate, le dimenticate e le più discriminate del Paese. È un crimine che nella sua natura punisce la povertà”. Già, perché come in Italia un tempo e come in tutta l’America Latina oggi, l’alta borghesia è perfettamente i grado di pagarsi le spese per un’interruzione di gravidanza in una clinica privata messicana o statunitense, mentre le stesse donne che subiscono con più frequenza la violenza maschile, sono anche le stesse che non possono prendere decisioni sul loro corpo. Ogni anno centinaia di donne latinoamericane muoiono a causa di aborti clandestini e decine di migliaia vengono curate per complicanze a questi legate. Come ovunque nel mondo, l’interruzione di gravidanza si pratica diffusamente che questa sia legale o illegale, la differenza è il livello di sicurezza e dignità della persona nel quale questa viene praticata.
La decisione è anche il frutto di una pressione popolare. Il parere dell’opinione pubblica è mutato in pochi mesi (da 29% a 48% favorevoli tra gennaio 2020 e 2021) e negli ultimi anni le proteste dei movimenti femministi si sono fatte sentire, contro la violenza di genere così come per il diritto all’aborto. L’onda verde, chiamata così per i fazzoletti verdi portati in piazza dalle donne per prime in Argentina, ha così ottenuto il suo secondo successo.
L’importanza della decisione della Corte Suprema messicana non è solo nazionale. Fino allo scorso anno, in America Latina solo l’Uruguay e Cuba, oltre che la capitale federale Città del Messico e gli Stati di Oaxaca, Hidalgo e Veracruz non perseguivano l’aborto. Come i lettori probabilmente sapranno, in Salvador si finisce in carcere, mentre in Cile è possibile praticare l’interruzione di gravidanza in caso di violenza o pericolo per la salute della madre. In Nicaragua, Honduras, El Salvador, Repubblica Dominicana, Haiti e Suriname l’aborto è vietato in ogni caso.
Lo scorso anno e, appunto, sulla spinta di quella che venne definita “marea verde”, anche il Congresso argentino aveva votato una legge storica. Tanto più storica perché votata nel Paese di Papa Francesco – che aveva reso note la sua contrarietà. Dopo quel successo è stata la volta delle messicane: decine di migliaia di donne hanno portato le bandane verdi in piazza chiedendo la depenalizzazione dell’aborto.
È inutile dire che fa un certo effetto vedere come in Messico la Corte Suprema scelga di tutelare i diritti delle donne cancellando la legislazione di uno degli Stati che puniscono l’interruzione di gravidanza mentre dall’altra parte della frontiera la Corte di Washington mette i diritti del Texas davanti a quelli delle donne. La decisione della Corte statunitense avrà probabili conseguenze politiche ed elettorali – ma non ne parliamo qui – e allo stesso modo la decisione messicana avrà effetti sul dibattito pubblico negli Stati Uniti: “Una grande notizia in un momento in cui i diritti delle donne stanno subendo preoccupanti battute d’arresto. La maggioranza della Corte Suprema (USA) dovrebbe leggere la decisione di quella del Messico che depenalizza l’aborto”, scrive su Twitter Macarena Saez Torres, che dirige il dipartimento per i diritti delle donne di Human Rights Watch, mentre un comunicato di Paula Avila-Guillen, avvocato del Women’s Equality Center, mette in luce un paradosso: “Il modo più sicuro per le donne texane di avere accesso a un aborto sicuro e legale potrebbe presto essere quello di andare in Messico”.
Per la prima volta la Corte si è espressa a favore della depenalizzazione dell’aborto: un voto che ha visto il parere unanime di tutti i giudici e che chiede allo Stato di Coahuila di rimuovere le sanzioni per l’aborto (da uno a tre anni di carcere)