La candidata del presidente Lopez Obrador sbanca ai comizi federali. Claudia Sheinbaum sarà la prima presidente donna della storia del Messico. Il suo partito, Morena, governerà 24 dei 32 stati messicani. Il “Movimento della Quarta Trasformazione” della sinistra messicana passa la prova delle urne e promette di rafforzare il modello.
Claudia Sheinbaum, candidata del governante partito Morena, è stata eletta presidente della repubblica messicana alle elezioni di domenica scorsa. Il trionfo è storico e contundente. Perché sarà la prima donna della storia del Messico ad assumere la presidenza. Perché ha battuto il record del suo predecessore e mentore, il presidente Andrés Manuel López Obrador che nel 2018 aveva vinto col 53% dei voti: secondo i dati preliminari Sheinbaum avrebbe raggiunto tra il 58 e il 60% dei voti e sarà la presidente più votata di sempre. Perché nonostante i timori della sinistra messicana, Morena ha sbancato su tutto il territorio nazionale: ha vinto 7 degli 8 stati disputati questa domenica, compresa la capitale, Città del Messico, confermandosi al governo di 24 dei 32 stati messicani. Perché anche alle elezioni legislative Morena ha stravinto: se si confermano nelle prossime ore i dati preliminari, la coalizione di sinistra potrà vantare maggioranza assoluta in entrambe le camere, e portare avanti così il progetto più ambito da López Obrador, la riforma della Costituzione.
Nel suo primo discorso come presidente eletta, Sheinbaum ha promesso di dare continuità al vincente programma lanciato da López Obrador nel 2018, primo presidente di sinistra della storia moderna del Messico: “Dedicheremo, con convinzione, il bilancio pubblico a garantire tutti i programmi di benessere lanciati dal presidente López Obrador. Porteremo il Messico sulla strada della sicurezza. Rispetteremo la libertà imprenditoriale e promuoveremo e faciliteremo onestamente gli investimenti privati nazionali ed esteri che promuovono il benessere sociale e lo sviluppo regionale, garantendo sempre il rispetto dell’ambiente. Con gli Stati Uniti ci sarà un rapporto di amicizia, rispetto reciproco e uguaglianza come è stato finora, e difenderemo sempre i messicani che si trovano dall’altra parte del confine”.
Una “figlia del ’68”, come ama autodefinirsi, la vita di Sheinbaum è da sempre attraversata dalla politica e l’amore per la scienza. Figlia di un chimico di origine ebreo-lituana e una biologa protagonisti delle celebri proteste universitarie che culminarono nel Massacro di Tlatelolco, il 2 ottobre del 1968, Sheinbaum ha seguito le orme della sua famiglia, diventando negli anni ’80 una notevole ricercatrice dopo la laurea in Fisica e una dirigente studentesca di prim’ordine.
Nel 1986 era la presidente dell’Unione degli Studenti del Messico durante la seconda protesta studentesca più importante della storia del paese dopo quella vissuta dai suoi genitori. Il salto alla politica di partito fu un passo quasi naturale. Militò nelle fila del Partido de la Revolución Democrática (PRD), una scissione a sinistra del tradizionale Partido de la Revolución Institucional (PRI), che mise per ben due volte in crisi l’intero sistema politico messicano: nel 1988, quando il fondatore del PRD, Cuauhtémoc Cárdenas, perse per un soffio le elezioni presidenziali, e nel 2006, quando a perdere per un pugno di voti fu l’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador.
Intanto l’attuale presidente eletta del Messico continuava la propria carriera scientifica: è stata membro dell’Intergovernmental Panel on Climate Change che ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 2007, ed ha scritto libri e articoli scientifici su energia e sviluppo sostenibile sulle più prestigiose riviste internazionali. Quando anche il PRD sembrò ormai troppo moderato e dilaniato dai conflitti interni, Sheinbaum decise di seguire López Obrador nella sua nuova avventura, la fondazione del Movimiento de Regeneración Nacional (Morena) per il quale è stata eletta sindaca della gigantesca Città del Messico nel 2018, anno in cui López Obrador ha assunto l’incarico di presidente. È già da allora che si prepara per raggiungere la presidenza.
Il programma con cui Sheinbaum ha vinto domenica scorsa è quello ambizioso della Quarta Trasformazione (4T), progetto che vorrebbe aggiungersi alle altre tre svolte epocali vissute dal Messico nella sua storia: l’indipendenza all’inizio del XIX secolo, il programma di riforme di Benito Juárez (1861-1872), primo presidente indigeno della storia messicana, e la Rivoluzione di Villa e Zapata del 1910-1920.
I principi del movimento che Sheinbaum si accinge a guidare sono stati posti dallo stesso López Obrador: annientare la corruzione, rafforzare le istituzioni democratiche, ridurre ai minimi storici la povertà specialmente tra le comunità indigene, promuovere una maggior distribuzione della ricchezza, ripristinare il ruolo dello Stato come attore fondamentale nell’economia, costruire una società più egualitaria.
Gli strumenti messi a punto dal governo di Morena negli ultimi cinque anni per raggiungere tali obiettivi hanno ottenuto considerevoli successi, pur non essendo estranei alle critiche. Oltre ad avere un rapporto molto conflittuale con la stampa, accusata permanentemente di rappresentare gli interessi dell’oligarchia messicana detronizzata che vuole infangare il suo progetto, il presidente uscente si è spesso lanciato in vere e proprie crociate che si sono dimostrate lontanissime dalle esigenze popolari. Come le dispute pubbliche durante le sue Mañaneras, le conferenze stampa quotidiane che rilascia nel palazzo di governo, sulle percentuali dei principali indicatori economici del paese; o come quando volle portare alla sbarra tutti gli ex presidenti vivi del Messico, proposta sonoramente bocciata nel referendum del 2021. Anche i sostenitori più acerrimi di López Obrador, come lo scrittore Paco Taibo II, ammettono certa impazienza per vedere gli effetti concreti sul popolo messicano delle nuove raffinerie, della nazionalizzazione del litio, delle nuove centrali idroelettriche.
Di ricadute positive sulla vita quotidiana dei messicani, in ogni caso, ce ne sono sicuramente state. A partire dalla spesa sociale del governo, che ha raggiunto il 71% delle famiglie del paese ed ha ottenuto risultati positivi in vari ambiti, come la riduzione del 30% dell’abbandono scolastico. La povertà durante il periodo di López Obrador è diminuita drasticamente, dal 41,9% del 2018 al 35,6% del primo trimestre del 2024. Il salario minimo in Messico è stato portato a 500 dollari mensili, uno dei più alti dell’America Latina (il doppio rispetto all’Argentina ad esempio) e secondo dati ufficiali i salari hanno avuto un incremento medio del 14,2% tra il 2018 e il 2022.
A questo si aggiunge il fenomeno del “Super Peso”: la politica monetaria di López Obrador ha permesso un significativo apprezzamento della moneta nazionale, specialmente in relazione col dollaro: nel 2018 con un dollaro si potevano comprare 25 pesos, oggi invece la moneta statunitense ne vale 16. A sostenere la crescita è soprattutto l’aumento degli investimenti internazionali in Messico, che nel 2023 hanno raggiunto un nuovo record storico, e nel primo trimestre 2024 hanno già superato i 20 miliardi di dollari.
A guadagnarci col modello 4T dunque non sono stati solo i settori umili e i lavoratori, ma anche i grandi imprenditori, specialmente quelli legati al mondo delle finanze: secondo López Obrador le banche hanno incassato più di 16 miliardi di dollari nel periodo 2018-2023. Le ragioni della vittoria di Sheinbaum vanno ricercate proprio nel successo del governo di Morena.
Sheinbaum si propone ora di rafforzare ed ampliare il percorso già iniziato da López Obrador, il “secondo piano della quarta trasformazione”, che prevede ingenti investimenti in infrastruttura per il trasporto, l’energia e la sicurezza. Quest’ultimo è sicuramente uno degli elementi più interessanti e polemici del progetto della sinistra messicana.
Giunto al potere con la promessa di chiudere definitivamente il capitolo della Guerra contro la Droga, il piano di militarizzazione del paese per combattere il flagello dei cartelli messicani, López Obrador ha invece approfondito la relazione con le Forze Armate, a tal punto da aver aperto le porte ai militari in settori ad essi estranei fino ad ora: ha creato un nuovo corpo, la Guardia Nazionale, che agisce di fronte a problematiche estremamente diverse, dalle migrazioni alla delinquenza urbana; ha permesso a ufficiali dell’esercito di integrare alti incarichi nelle compagnie statali; li ha integrati nei progetti di costruzione di infrastruttura (come nel caso del polemico Tren Maya, progetto turistico avversato dalle comunità indigene del sud del paese). Oggi, il 20% della spesa pubblica messicana viene gestita da militari.
La grande sfida per Sheinbaum sarà ora sostenere questo ritmo di crescita, mitigando però gli effetti negativi della strategia fin qui seguita da López Obrador: lo strapotere delle forze armate nel governo e la relazione evidentemente subordinata ai voleri della Casa Bianca nell’ambito delle migrazioni e la politica commerciale fanno storcere sempre più il naso ai settori progressisti della coalizione che sostiene il progetto di Morena.
La nuova presidente, tra l’altro, pur essendo rappresentante dell’ala più a sinistra del Movimento, non è particolarmente gradita a certi settori molto influenti della sinistra messicana, come il movimento femminista, che le rimprovera di non aver abbracciato la maggior parte delle cause delle donne messicane e di aver addirittura ordinato lo sgombero e la repressione di alcune manifestazioni femministe nella Capitale; o i movimenti per i diritti umani, che le chiedono un impegno più concreto a favore delle famiglie dei desaparecidos e delle vittime delle violazioni ai diritti umani commesse da esercito e polizia.
Claudia Sheinbaum, candidata del governante partito Morena, è stata eletta presidente della repubblica messicana alle elezioni di domenica scorsa. Il trionfo è storico e contundente. Perché sarà la prima donna della storia del Messico ad assumere la presidenza. Perché ha battuto il record del suo predecessore e mentore, il presidente Andrés Manuel López Obrador che nel 2018 aveva vinto col 53% dei voti: secondo i dati preliminari Sheinbaum avrebbe raggiunto tra il 58 e il 60% dei voti e sarà la presidente più votata di sempre. Perché nonostante i timori della sinistra messicana, Morena ha sbancato su tutto il territorio nazionale: ha vinto 7 degli 8 stati disputati questa domenica, compresa la capitale, Città del Messico, confermandosi al governo di 24 dei 32 stati messicani. Perché anche alle elezioni legislative Morena ha stravinto: se si confermano nelle prossime ore i dati preliminari, la coalizione di sinistra potrà vantare maggioranza assoluta in entrambe le camere, e portare avanti così il progetto più ambito da López Obrador, la riforma della Costituzione.