Il Consiglio Nazionale di Difesa e Sicurezza ha inoltre deciso di estendere il mandato della giunta guidata da Min Aung Hlaing
Sono passati ormai 2 anni da quando il Tatmadaw, l’esercito del Myanmar, si è ripreso il potere. A partire dal 2010, la Birmania — il nome preferito dai locali per identificare il proprio Paese — aveva iniziato un processo di democratizzazione e graduale marginalizzazione dell’esercito nella politica. La Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) era il partito che più rappresentava questo processo e Aung San Suu Kyi il suo leader indiscusso, nonché simbolo della lotta contro i militari. A due anni dal golpe, tutti i membri del parlamento e del governo eletti democraticamente sono stati arrestati; chi è riuscito a fuggire ha lasciato il Paese, oppure si è unito alla guerriglia con il Governo di Unità Nazionale (NUG), un esecutivo ombra formato da membri della NLD e della società civile.
La sera di mercoledì 1 febbraio, alla vigilia dei 2 anni dal colpo di stato, i media statali hanno annunciato che i membri del Consiglio Nazionale di Difesa e Sicurezza del Myanmar (NDSC) hanno deciso di estendere lo stato di emergenza e il mandato della giunta guidata da Min Aung Hlaing per altri sei mesi. Inoltre, la giunta ha esteso la legge marziale in 37 comuni del Paese per far fronte agli attacchi delle forze di resistenza. Il capo del Tatmadaw ha presentato ai membri del Consiglio un report che riflette sui due anni di governo militare, concludendo che il Paese rimane in circostanze “straordinarie” e “non è ancora tornato alla normalità”. Per motivare la proroga è stata citata la sezione 425 della Costituzione: essa afferma che “se il Comandante in Capo dei Servizi di Difesa presenta la proroga della durata prescritta, motivando le ragioni per cui non è stato in grado di svolgere i compiti assegnati”, l’NDSC può “consentire due proroghe della durata prescritta per un periodo di sei mesi per ciascuna proroga”. Lo stato di emergenza era stato dichiarato il giorno del golpe, nel 2021, da quel momento vi sono state due proroghe che hanno portato alla sua estensione fino a mercoledì 1 febbraio 2023, giorno in cui, in teoria, è scaduta. Si dice in teoria perché, nella pratica, ciò non ha impedito alla giunta di estendere per una terza volta la proroga dello stato di emergenza. Min Aung Hlaing ha ripetuto la solite giustificazioni per il colpo di Stato, citando accuse infondate di frode elettorale nelle elezioni generali del 2020, vinte in modo schiacciante dalla Lega Nazionale per la Democrazia (NLD).
Come procedono gli scontri tra la giunta militare e la resistenza democratica?
In Birmania si combatte una vera e propria guerra civile tra le forze democratiche del NUG — considerate dal governo come ribelli — e quelle del regime golpista del Tatmadaw. Il numero di prigionieri politici ha superato i 13 mila, si stima che oltre 1700 persone siano state processate senza poter essere assistite da un avvocato e circa 140 condannate a morte in processi a porte chiuse. Nonostante la grande disparità di addestramento ed equipaggiamento, le forze a supporto della democrazia riescono, da ormai due anni, a mettere in grande difficoltà il Tatmadaw, che tutt’ora non controlla diverse aree del Paese, governate invece dal NUG. Alla resistenza, però, manca un leader carismatico e una struttura che metta ordine tra le diverse forze in campo. Attualmente, si possono identificare tre gruppi armati principali, alcuni sono controllati dal NUG, altri agiscono più indipendentemente: le forze di difesa del popolo (PDF), Forze di Difesa Locali (LDF) e Squadre di Difesa del Popolo (PDT). Le PDF sono unità armate abbastanza grandi che operano, principalmente, sotto sistemi di comando congiunti stabiliti dal NUG e da altre organizzazioni etniche armate, molte delle quali combattono i militari della giunta da decenni; le LDF sono milizie che operano autonomamente a livello locale, spesso perseguendo missioni proprie e separate da quelle del NUG; le PDT sono unità di guerriglia localizzate, formate per scopi di difesa e sicurezza locale. Le PDF sono le unità militari più regolarizzate che operano in comuni e stati/regioni, mentre le LDF e le PDT sono milizie di autodifesa o di sicurezza comunitaria che operano a livello di comunità.
Rispetto al 2021, la guerra civile si è sempre più spostata nel cuore del territorio birmano. I volontari della resistenza stanno diventando sempre più abili nella guerriglia “mordi e fuggi”. Il loro addestramento spesso si fonda su tutorial YouTube che, ad esempio, ti insegnano come lanciare bombe da un pezzo di tubo attaccato a un drone economico. Questi metodi vengono impiegati per bombardare i convogli della giunta. La guerra con i droni è diventata così efficace che le forze armate ricorrono sempre più spesso ad attacchi aerei su città e villaggi sospettati di ospitare militanti, piuttosto che utilizzare le forze terrestri. Ciò ha fatto sì che le grandi città del Paese, in passato teatro di proteste e violenze di strada, siano oggi relativamente più tranquille. Nonostante abbia dovuto affrontare gravi e feroci repressioni, il movimento rivoluzionario di guerriglia del Myanmar è sopravvissuto alla prima fase e continua ad accrescere il suo consenso tra i cittadini birmani. Mao Zedong disse che “ci sono poche speranze di distruggere un movimento di guerriglia rivoluzionario dopo che è sopravvissuto alla prima fase e ha acquisito il sostegno empatico di un segmento significativo della popolazione”. Le forze di resistenza, e nello specifico il NUG, trovano la loro principale forza proprio nel sostegno trasversale che sono riuscite ad ottenere; potenzialmente, esse potrebbero formare il governo più eterogeneo e rappresentativo che il Myanmar ha mai avuto, includendo anche la minoranza musulmana Rohingya.
Le conseguenze economiche e sociali
Il Paese, insieme alla democratizzazione aveva avviato anche un processo di sviluppo economico importante. Ciò poteva essere percepito nelle strade, in cui erano spuntati bar e attività di ogni genere. L’impatto di queste attività andava oltre l’economia: le nuove generazioni si erano riprese le strade e la vita delle città. Dopo il golpe, la vita in Myanmar non si è fermata, ma è cambiata radicalmente. Le conseguenze economiche e sociali della guerra civile, innescata dal colpo di stato militare, sono devastanti. Il prodotto interno lordo si è ridotto di quasi un quinto nel 2021 prima di crescere di appena il 3% — partendo da un livello molto più basso — nel 2022. La Banca Mondiale ha stimato che il Pil del Myanmar nel 2023 sarà ancora inferiore a quello dell’economia pre-golpe. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il tasso di povertà del Myanmar è più che raddoppiato rispetto ai livelli pre-COVID, il reddito delle famiglie si è ulteriormente ridotto e l’insicurezza alimentare continua a peggiorare. L’instabilità politica del Myanmar sta avendo effetti negativi sull’intera stabilità della regione. Si conta che oggi siano più di 1.5 milioni le persone che hanno lasciato il Paese in cerca di rifugio, affollando i campi profughi di Bangladesh e Thailandia; inoltre, il continuo blocco degli aiuti umanitari internazionali da parte della giunta, fa sì che i flussi continueranno ad aumentare nell’imminente futuro. Il crollo dello stato di diritto e della sicurezza nel Paese non solo ha provocato un drammatico aumento dei bisogni umanitari, ma ha contribuito a far emergere una serie di enclavi criminali controllate da gruppi in stretta alleanza con le triadi cinesi. L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine riferisce che la produzione di oppio — uno dei principali introiti del Tatmadaw — è quasi raddoppiata nell’ultimo anno, insieme all’aumento della produzione e del traffico di metanfetamine con i Paesi limitrofi.
Per quanto passata in secondo piano a causa del conflitto in Ucraina, la situazione in Myanmar rimane cruciale, non solo per le sorti di un Paese che aveva abbracciato un percorso democratico, ma per la stabilità e prosperità dell’intera regione indocinese.
La sera di mercoledì 1 febbraio, alla vigilia dei 2 anni dal colpo di stato, i media statali hanno annunciato che i membri del Consiglio Nazionale di Difesa e Sicurezza del Myanmar (NDSC) hanno deciso di estendere lo stato di emergenza e il mandato della giunta guidata da Min Aung Hlaing per altri sei mesi. Inoltre, la giunta ha esteso la legge marziale in 37 comuni del Paese per far fronte agli attacchi delle forze di resistenza. Il capo del Tatmadaw ha presentato ai membri del Consiglio un report che riflette sui due anni di governo militare, concludendo che il Paese rimane in circostanze “straordinarie” e “non è ancora tornato alla normalità”. Per motivare la proroga è stata citata la sezione 425 della Costituzione: essa afferma che “se il Comandante in Capo dei Servizi di Difesa presenta la proroga della durata prescritta, motivando le ragioni per cui non è stato in grado di svolgere i compiti assegnati”, l’NDSC può “consentire due proroghe della durata prescritta per un periodo di sei mesi per ciascuna proroga”. Lo stato di emergenza era stato dichiarato il giorno del golpe, nel 2021, da quel momento vi sono state due proroghe che hanno portato alla sua estensione fino a mercoledì 1 febbraio 2023, giorno in cui, in teoria, è scaduta. Si dice in teoria perché, nella pratica, ciò non ha impedito alla giunta di estendere per una terza volta la proroga dello stato di emergenza. Min Aung Hlaing ha ripetuto la solite giustificazioni per il colpo di Stato, citando accuse infondate di frode elettorale nelle elezioni generali del 2020, vinte in modo schiacciante dalla Lega Nazionale per la Democrazia (NLD).