Nagorno Karabakh: l’Armenia accoglie l’appello del Gruppo di Minsk dell’Osce al cessate-il-fuoco. Per Erdogan la richiesta è “inaccettabile”
Ieri l’Armenia si è detta pronta a collaborare con l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) per ristabilire il cessate-il-fuoco nel Nagorno Karabakh, il territorio conteso nel Caucaso meridionale dove da quasi una settimana sono ricominciati gli scontri con l’Azerbaijan.
La tregua è stata invocata giovedì da Francia, Russia e Stati Uniti, che assieme presiedono il Gruppo di Minsk, l’organismo dell’Osce creato nel 1992 appositamente per favorire una soluzione pacifica alla guerra tra Armenia e Azerbaijan. I due Paesi – riassumendo molto – rivendicano a sé il controllo del Nagorno Karabakh, che appartiene all’Azerbaigian ma che è abitato per la maggioranza da armeni, i quali di fatto si autogovernano dopo aver proclamato l’indipendenza nel 1988. L’Armenia appoggia i separatisti della regione, mentre l’Azerbaijan li contrasta.
Mentre l’Armenia ha accolto l’appello dell’Osce, nel momento in cui scriviamo l’Azerbaijan non ha risposto. Martedì scorso, però, il Presidente azero aveva detto di non voler trattare con l’Armenia. Giovedì, invece, la Turchia – che sta appoggiando l’Azerbaijan, anche militarmente – ha definito “inaccettabile” il coinvolgimento di Francia, Russia e Stati Uniti. Non solo: Erdogan ha detto che Ankara sosterrà l’Azerbaijan “con tutte le sue risorse e il suo cuore” e ha ribadito che l’Armenia deve ritirarsi dal Nagorno Karabakh; l’aveva già descritta come “la più grande minaccia alla pace nella regione”.
Cosa sta facendo la Turchia
Le parole di Erdogan fanno temere che i nuovi scontri tra Armenia e Azerbaijan possano non risolversi troppo presto. La paura degli analisti è che il conflitto nel Nagorno Karabakh si trasformi in una nuova “guerra per procura” (proxy war) tra Turchia e Russia, come successo in Siria e in Libia.
Così come Ankara ha trasferito dei propri guerriglieri dalla Siria alla Libia, così stavolta ha trasferito dei proxies dalla Siria al Nagorno Karabakh. Lo ha rivelato un’inchiesta di Reuters e lo ha sostenuto anche il Presidente francese Emmanuel Macron, che ha detto che 300 combattenti siriani – provenienti da gruppi jihadisti – si sono mossi da Aleppo a Gaziantep (in Turchia) per raggiungere l’Azerbaijan.
Macron si era già scontrato con Erdogan per la situazione nel Mediterraneo orientale. Stavolta il suo coinvolgimento si spiega anche con la presenza, in Francia, di una numerosa comunità armena.
La posizione della Russia
L’altra nazione straniera che potrebbe prendere parte al conflitto per tutelare la propria influenza sul Caucaso e contrastare la penetrazione turca è la Russia: come appunto già visto in Siria, in Libia e nel Mediterraneo, Erdogan ambisce a fare della Turchia una potenza regionale.
Al contrario di Ankara, però, Mosca non può permettersi di intervenire nel Nagorno Karabakh con la stessa facilità: sebbene sia più vicina all’Armenia – dove ha una base militare –, è in buoni rapporti con entrambe le ex repubbliche sovietiche. Per il momento, la Russia sembra preferire l’opzione diplomatica per la risoluzione della crisi.
E l’Iran?
Nei giorni scorsi erano circolati dei video che mostravano dei camion superare il confine tra Iran e Armenia: se ne era parlato perché si sospettava che trasportassero dei rifornimenti militari, e che quindi Teheran si fosse ritagliata un ruolo negli scontri nel Nagorno Karabakh. Il Governo iraniano però ha negato, offrendosi al contrario come mediatore tra le due parti.
La neutralità sembra essere, in effetti, l’opzione migliore per Teheran, che confina sia con l’Armenia che con l’Azerbaijan e che intrattiene rapporti significativi con entrambi i Paesi. Tuttavia, ultimamente l’Iran è parso più vicino all’Armenia, nonostante i legami religiosi con l’Azerbaijan.
Ieri l’Armenia si è detta pronta a collaborare con l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) per ristabilire il cessate-il-fuoco nel Nagorno Karabakh, il territorio conteso nel Caucaso meridionale dove da quasi una settimana sono ricominciati gli scontri con l’Azerbaijan.
La tregua è stata invocata giovedì da Francia, Russia e Stati Uniti, che assieme presiedono il Gruppo di Minsk, l’organismo dell’Osce creato nel 1992 appositamente per favorire una soluzione pacifica alla guerra tra Armenia e Azerbaijan. I due Paesi – riassumendo molto – rivendicano a sé il controllo del Nagorno Karabakh, che appartiene all’Azerbaigian ma che è abitato per la maggioranza da armeni, i quali di fatto si autogovernano dopo aver proclamato l’indipendenza nel 1988. L’Armenia appoggia i separatisti della regione, mentre l’Azerbaijan li contrasta.
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