Storico accordo trilaterale tra la Turchia e i due Paesi scandinavi, che segna la strada al loro ingresso nel Patto atlantico. Cina sempre più al centro dell’interesse dell’Alleanza. Polemica l’Ucraina: non ci vogliono
Madrid diventa, ancora una volta, la città delle svolte storiche per la Nato, che già col summit del 1997 organizzato nella capitale spagnola aprì all’allargamento del Patto atlantico a Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia. A distanza di 25 anni, in un altro momento decisivo per l’Organizzazione e la comunità internazionale, l’Alleanza spiana la strada all’ingresso di Finlandia e Svezia, dopo le rassicurazioni offerte alla Turchia rispetto alle preoccupazioni di sicurezza nazionale di Ankara.
Il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, quello finlandese Sauli Niinistö e la Prima Ministra svedese Magdalena Andersson hanno partecipato alla sottoscrizione, firmata dai rispettivi Ministri degli Esteri, del memorandum trilaterale che sancisce sostanzialmente la condanna netta delle due nazioni verso il Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, inquadrato come organizzazione terroristica. In questo modo, presumibilmente si aprirà la strada all’estradizione in Turchia di alcuni attivisti curdi fino a ieri considerati rifugiati politici.
Da un certo punto di vista, un vero e proprio cambio di passo da parte delle due socialdemocrazie scandinave, spinte alla richiesta di ingresso nella Nato dall’aggressione della Russia in Ucraina che, a ben vedere, rafforza l’Alleanza. Allo stesso tempo, porta i membri del Patto atlantico a scendere a compromessi su temi spinosi, e a sbattere contro alcune evidenti contraddizioni. Ma il momento è decisivo per una rivoluzione del modus operandi nei confronti, in primis, di Mosca, e col nuovo Strategic Concept anche verso la Cina.
Un occhio di riguardo all’Indo-Pacifico
La presenza a Madrid di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud è un elemento distintivo del nuovo corso Nato, che diventa sempre più realtà globale di riferimento. L’invito alla partecipazione delle nazioni dell’area del Pacifico è un vero e proprio cambio strategico, finalizzato al rafforzamento di partnership geograficamente lontane, ma dagli stessi interessi. Come il contenimento della Cina — alla quale sarà dedicato parte del Strategic Concept —, nonostante nella conferenza stampa tenuta ieri, il Segretario Generale Jens Stoltenberg abbia voluto precisare che la Repubblica popolare “non è un avversario, ma dobbiamo tenere in considerazione le conseguenze verso la nostra sicurezza dei pesanti investimenti in capacità militari di ultima generazione, come i missili a lungo raggio, le armi nucleari, il controllo delle infrastrutture critiche come le reti 5G”.
Il nuovo Primo Ministro australiano Anthony Albanese, presente a Madrid, ha parlato di incontro che unisce le nazioni democratiche, con un messaggio a Pechino: “La guerra di Mosca in Ucraina ha dimostrato che imporre cambiamenti con la forza porta alla resistenza”. Albanese si è detto preoccupato per la vicinanza tra Russia e Cina, evidenziando le dirette ricadute che la relazione tra i due attori protagonisti della comunità internazionale avranno sull’Indo-Pacifico.
Nota stonata, le critiche dell’Ucraina alla Nato. “Ci è stato detto che non siamo membri perché non ci vogliono”, ha affermato Ihor Zhovkva, vice capo dello staff di Volodymyr Zelensky. “La Nato non ci darà niente”. Nonostante i ripetuti rifornimenti di armi e la vicinanza espressa in ogni momento, Kiev alza il tiro, un’asticella forse troppo complicata da superare che significherebbe, per l’Alleanza, vera guerra diretta con la Russia. Forse un messaggio indiretto al Cremlino, un’apertura non troppo velata alla trattativa che, purtroppo, ancora non è stata palesata in termini concreti.