I furti di bestiame sono direttamente connessi ad altri fenomeni legati alla criminalità. Le grandi razzie, il furto di centinaia di animali, hanno portato a un crescente utilizzo della violenza su larga scala e alla diffusione di armi sofisticate
In Nigeria, sono sempre più diffuse le razzie di bestiame. Lo riporta in un proprio rapporto, pubblicato a gennaio, la Global initiative against transnational organized crime, un’organizzazione non governativa che si occupa dello studio e del contrasto del crimine internazionale. L’ente sottolinea come il fenomeno sia portato avanti da numerosi gruppi armati e sia diventato negli ultimi anni sempre più intenso e preoccupante, per la stabilità del Paese e dell’intera area del Sahel. Inoltre, lo studio mostra come le razzie siano strettamente collegate alla forte presenza di armi e al rapimento di persone.
I furti di bestiame sono presenti da sempre in Nigeria e, fino ad una decina di anni fa, rappresentavano un fenomeno parzialmente accettato dalla società e con poche implicazioni in termini di stabilità e sicurezza. Le razzie venivano eseguite in situazioni di necessità da persone di etnia Fulani, dedite tradizionalmente alla pastorizia: i piccoli furti servivano ad aumentare la quantità di bestiame, nel caso in cui questa fosse diminuita drasticamente, per garantire la sussistenza degli allevatori.
A partire dal 2011, però, si è assistito ad un cambiamento di questa dinamica, in maniera sempre più marcata. Le razzie sono diventate di dimensioni maggiori, portando al furto di centinaia di animali in ogni occasione. Questo ha portato anche ad un crescente utilizzo della violenza su larga scala, alla distruzione sistematica e alla diffusione di armi sofisticate. Inizialmente, questi episodi sono restati per lo più confinati alle regioni settentrionali della Nigeria; a partire dal 2018, tuttavia, le razzie sono diventate frequenti anche nella parte meridionale del Paese.
Lo studio evidenzia come i grandi furti di bestiame stiano avendo un forte impatto sulla stabilità della Nigeria e sull’equilibrio tra i diversi gruppi che abitano all’interno dello stato. La crescita delle violenze ha infatti portato alla distruzione sistematica degli ambienti in cui vivono le popolazioni vittime delle razzie e delle risorse che queste utilizzano per la loro sussistenza. Con l’aumento di questi episodi, poi, sono cresciute anche le tensioni tra i diversi gruppi presenti nel Paese, in particolare tra quelli dediti all’agricoltura e quelli che invece vivono di pastorizia.
Le razzie di bestiame hanno inoltre degli effetti su tutta la regione circostante, e non soltanto sulla Nigeria. Questa e il Mali rappresentano i due Paesi dove l’allevamento è maggiormente diffuso, ma i gruppi armati che compiono le violenze sono attivi anche nel resto del Sahel e dell’Africa occidentale. Lo studio mostra quindi come i furti abbiano effetti anche sulla stabilità di Burkina Faso, Niger e Costa d’Avorio.
La Global Initiative sottolinea anche come i furti di bestiame siano direttamente connessi ad altri fenomeni legati alla criminalità, come la diffusione di armi e il rapimento di persone. Oltre ai gruppi che compiono le violenze, anche le popolazioni che le subiscono si stanno infatti dotando in maniera sempre maggiore di armi, per poter rispondere alle crescenti minacce. Inoltre, le stesse razzie servono ai gruppi criminali per poter sostenere le proprie attività: le armi, perciò, vengono spesso pagate con gli animali sottratti.
I rapimenti, invece, rappresentano a volte una vera e propria alternativa al contrabbando di bestiame, utilizzati per ottenere un guadagno. “Quando i gruppi criminali si sono accorti che le dimensioni delle mandrie stavano diminuendo rapidamente – spiega nel rapporto una persona residente nella regione di Zamfara, nella Nigeria settentrionale – hanno fatto ricorso ai rapimenti per poi chiedere il riscatto”.