Fukushima, traffico di donne in Cina, inquinamento in Mongolia: notizie asiatiche
Si esportano di nuovo prodotti da Fukushima. La società civile cinese condanna lo scandalo della donna schiavizzata a Fen. Gli scienziati sviluppano un nuovo cultivar di riso resistente al sale. La capitale mongola nei primi posti mondiali per inquinamento
Si esportano di nuovo prodotti da Fukushima. La società civile cinese condanna lo scandalo della donna schiavizzata a Fen. Gli scienziati sviluppano un nuovo cultivar di riso resistente al sale. La capitale mongola nei primi posti mondiali per inquinamento
Cina: come la scoperta di una donna schiavizzata ha energizzato la società civile
Come tanto altro di questi tempi, anche la storia della donna schiavizzata della municipalità di Fen, nella città di Xuzhou (Jiangsu) è diventata pubblica tramite i social media, scioccando la nazione: è stato un video su Duoyin (il nome con cui si chiama TikTok in Cina, di proprietà della Duoyin) a mostrare a tutti una donna incatenata per il collo, in una casa dai muri fatiscenti. Il video è stato fatto circolare freneticamente da cittadini infuriati davanti a questo abuso, e lo scandalo non è stato fermato nemmeno dagli stretti controlli su Internet del periodo olimpico. Quello che è stato appurato è che si tratta di una donna madre di otto figli, vittima del traffico di persone (che si era reso acuto nel periodo più duro della politica del figlio unico, ora eliminata). Oggi, sappiamo che la donna si chiama Xiao di cognome, soffre di gravi problemi di salute mentale, e che è stata venduta come sposa per ben due volte da trafficanti. È nata nel 1977 nello Yunnan, ed è ora ricoverata in un ospedale dopo che lo scandalo è esploso su Internet. Fedeli ai loro istinti, le autorità hanno cercato di mettere tutto a tacere; rassicurando la popolazione sul fatto che il “caso” sia stato risolto, e la donna liberata. Ma non tutti sono così facilmente persuasi, e la tragedia ha ridato vita a quanti cercano risposte sul traffico di persone in Cina, in particolare donne, e sul modo in cui le autorità locali hanno potuto ignorare qualcosa di così grave – se non tramite corruzione e connivenza. Estendendo di nuovo la conversazione alla necessità di avanzare il dibattito sull’eguaglianza di genere nel Paese. I media nazionali, schiacciati dalla censura, non hanno coperto la notizia, ma molti blogger e semplici utilizzatori di social media si sono mobilitati per mantenere alta la pressione sullo scandalo, scoprendo anche altri casi di donne trafficate a Fen. Mostrando ancora una volta alle autorità quanto la società cinese, con maggiore libertà di espressione, sia una forza positiva.
Voto: 10 alla società civile che denuncia con forza e coraggio gli abusi, grande peccato che il governo abbia paura invece di credere nei cittadini.
Giappone: prodotti di Fukushima in esportazione
Dopo undici anni dalla tripla catastrofe che si è abbattuta su Fukushima – il terremoto, lo tsunami e la distruzione della centrale nucleare – il Giappone è riuscito a convincere i suoi partner regionali a importare nuovamente prodotti della regione. Sia Taiwan che Singapore, conosciuti per avere alcune delle regole di sicurezza più severe per l’importazione di prodotti alimentari, hanno infatti confermato i risultati ottenuti dalle autorità agricole giapponesi, che mostrano livelli di radioattività nel riso e nella frutta di Fukushima paragonabili a quelli di ogni altro prodotto in commercio. Si tratta di un traguardo significativo in particolar modo dal punto di vista psicologico, dato che i risultati dei test condotti negli ultimi anni avevano già portato i prodotti agricoli di Fukushima ad essere venduti a livello nazionale, ma la ripresa economica della zona aveva bisogno anche del ritorno dell’approvazione e della fiducia dei consumatori su scala internazionale. La ricostruzione nella zona infatti deve ancora affrontare sia le conseguenze della triplice catastrofe, che lo stigma ormai attaccato al nome di Fukushima.
Voto: 9 alla tenacia e iniziativa dei coltivatori giapponesi e alle autorità che li sostengono.
Cina: gli scienziati sviluppano un nuovo cultivar di riso resistente al sale
Fino a 80 milioni di persone potranno essere nutrite grazie a un nuovo tipo di riso sviluppato nel nord della Cina, capace di crescere nelle terre salate del Golfo di Bohai, la regione del Nord della Cina dove si trova Tianjin. Chiamato “riso d’acqua di mare”, il cultivar è frutto delle ricerche per garantire la sicurezza alimentare al Paese in vista dei cambiamenti climatici e dell’innalzarsi del livello dei mari. La scoperta era stata annunciata da Yuan Longpin, lo scienziato cinese considerato il “padre del riso ibrido” che l’anno scorso aveva detto che il “riso d’acqua di mare” stava dando buoni ma limitati risultati. Oggi invece il primo tipo di riso che riesce a resistere a terreni alcalinizzati e periodicamente bagnati da acqua marina può già essere cresciuto in maniera massiccia. Non solo, il tipo di selezione genetica portato avanti per sviluppare questo nuovo riso (creato a partire da riso selvatico) consente anche raccolti leggermente più alti rispetto alla media nazionale data da altri tipi di riso. Il “riso d’acqua di mare” è già entrato in produzione e dovrebbe essere disponibile nei negozi cinesi fin dal prossimo raccolto.
Voto: 9 alla scienza e la ricerca finalizzate a un bene quotidiano di tutti.
Mongolia: Ulaanbaatar è inquinatissima
La cappa costante che soffoca Ulaanbaatar, la capitale della Mongolia, continua a essere fra le più gravi del pianeta, e il Primo Ministro del Paese, Oyun-Erdene Luvsannamsri, ha dunque deciso di licenziare Urtnasan Nyamjan, Ministro dell’Ambiente ed ex giornalista, che non avrebbe affrontato il problema con sufficiente determinazione. Il compito è improbo: la capitale mongola si trova in una conca, il grande freddo dei mesi invernali significa che la sovrappopolata città brucia carbone e l’assenza di infrastrutture sufficienti per i trasporti fa sì che le auto private intasino le vie di Ulaanbaatar. La città è spesso ai primi posti mondiali per inquinamento. Le conseguenze sono severe, fra cui alti casi di incidenza di asma e problemi respiratori già a partire dai trent’anni, un calo del 25% nella fertilità delle donne. Proposti dunque dunque modi per non bruciare più solo carbone, trasporti in comune e perfino maggiore accessibilità a cavallo delle vie della capitale. Ma per fare tutto questo, serve più che non la volontà di un unico ministero.
Voto: 5 a un Governo che non sa rispondere a oggettive minacce collettive.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.
Cina: come la scoperta di una donna schiavizzata ha energizzato la società civile
Come tanto altro di questi tempi, anche la storia della donna schiavizzata della municipalità di Fen, nella città di Xuzhou (Jiangsu) è diventata pubblica tramite i social media, scioccando la nazione: è stato un video su Duoyin (il nome con cui si chiama TikTok in Cina, di proprietà della Duoyin) a mostrare a tutti una donna incatenata per il collo, in una casa dai muri fatiscenti. Il video è stato fatto circolare freneticamente da cittadini infuriati davanti a questo abuso, e lo scandalo non è stato fermato nemmeno dagli stretti controlli su Internet del periodo olimpico. Quello che è stato appurato è che si tratta di una donna madre di otto figli, vittima del traffico di persone (che si era reso acuto nel periodo più duro della politica del figlio unico, ora eliminata). Oggi, sappiamo che la donna si chiama Xiao di cognome, soffre di gravi problemi di salute mentale, e che è stata venduta come sposa per ben due volte da trafficanti. È nata nel 1977 nello Yunnan, ed è ora ricoverata in un ospedale dopo che lo scandalo è esploso su Internet. Fedeli ai loro istinti, le autorità hanno cercato di mettere tutto a tacere; rassicurando la popolazione sul fatto che il “caso” sia stato risolto, e la donna liberata. Ma non tutti sono così facilmente persuasi, e la tragedia ha ridato vita a quanti cercano risposte sul traffico di persone in Cina, in particolare donne, e sul modo in cui le autorità locali hanno potuto ignorare qualcosa di così grave – se non tramite corruzione e connivenza. Estendendo di nuovo la conversazione alla necessità di avanzare il dibattito sull’eguaglianza di genere nel Paese. I media nazionali, schiacciati dalla censura, non hanno coperto la notizia, ma molti blogger e semplici utilizzatori di social media si sono mobilitati per mantenere alta la pressione sullo scandalo, scoprendo anche altri casi di donne trafficate a Fen. Mostrando ancora una volta alle autorità quanto la società cinese, con maggiore libertà di espressione, sia una forza positiva.
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