Dalla sicurezza nel Pacifico alla guerra in Ucraina, passando per lo stato di salute delle relazioni bilaterali e la questione Taiwan, Wellington tiene il punto sui diritti umani e chiede alla Repubblica Popolare di supportare le istituzioni regionali
Si è appena conclusa la missione diplomatica in Cina di Nanaia Mahuta, prima visita dal 2018 per un Ministro degli Esteri della Nuova Zelanda. Un viaggio di fondamentale importanza per la ripresa delle discussioni sulle più spinose tematiche, in uno scenario internazionale in rapido mutamento. Specie nella regione del Pacifico, dove la presenza cinese diventa sempre più impattante, con Wellington solidamente nel campo occidentale ma con i dovuti distinguo.
Lo scorso anno, le due nazioni ratificarono un importante aggiornamento del trattato di libero scambio nato nel 2008, garantendo il rafforzamento economico di entrambe le realtà nelle rispettive nazioni. L’update dell’agreement tra Pechino e Wellington ha permesso di colmare alcune mancanze normative su una serie di settori fino ad allora esclusi, come l’e-commerce, le gare d’appalto, la protezione ambientale.
La Cina è il più importante trading partner della Nuova Zelanda: gli scambi commerciali bilaterali hanno toccato la cifra di circa 32 miliardi di dollari neozelandesi, triplicata dagli oltre 9 miliardi di quando il free trade agreement venne siglato. Motivo per il quale il Paese si muove certamente con i piedi di piombo quando si confronta con la Cina, cercando di rapportarsi con il gigante asiatico mantenendo i propri interessi strategici. Lo fa senza far mancare, allo stesso tempo, l’appoggio alle diverse realtà occidentali delle quali fa parte.
Nel viaggio in Cina dei giorni scorsi, Mahuta ha incontrato sia il suo omologo Qin Gang che l’esperto Wang Yi, già Ministro degli Esteri e oggi a capo della Commissione Centrale per la politica estera del Partito Comunista. Con entrambi, l’esponente del Governo di Chris Hipkins — che ha sostituito la dimissionaria Jacinda Ardern a gennaio — ha segnalato i punti di frizione tra Wellington e Pechino, come la posizione cinese verso l’Ucraina e le preoccupazioni per la gestione dei diritti umani nello Xinjiang e a Hong Kong.
Sull’invasione della Russia, la Nuova Zelanda ha stigmatizzato i rischi dell’invio di armi letali in supporto alla Federazione. Una guerra, quella in Ucraina, definita dalla Ministra “illegale”, che ha stravolto lo status quo a livello internazionale, in parallelo alla politica cinese nella regione del Pacifico. Per Wellington, Pechino dovrebbe supportare e rafforzare le istituzioni regionali del Pacifico: un messaggio inviato al Partito Comunista dopo la decisione di giugno 2022, quando l’ex Pm Ardern annunciò con il Presidente Usa Joe Biden alla Casa Bianca l’avvio della cooperazione militare con Washington.
Per la Nuova Zelanda un bilanciamento calibrato delle sue posizioni internazionali che, nel pieno rispetto della collocazione ad Occidente, tiene in vita il dialogo e l’interscambio economico con Pechino, resistendo alle pressioni — in particolare quelle degli Stati Uniti — per trasformare ogni forum, ogni consesso, ogni organizzazione in funzione anti-cinese. Come nel caso dell’alleanza d’intelligence Five Eyes, quando Wellington bloccò i tentativi d’espansione delle sue funzioni.
“Non è necessario, ogni volta e su qualunque materia, invocare Five Eyes come strumento per creare una coalizione di supporto su tematiche specifiche come i diritti umani”, dichiarò nel 2021 la Ministra Mahuta. “Siamo a disagio nell’espansione delle competenze di Five Eyes. Preferiamo esprimere i nostri interessi attraverso le opportunità multilaterali”, aggiunse l’esponente governativa.
Mahuta ha aperto all’incontro ad alto livello tra i due Governi: con i funzionari cinesi ha paventato l’ipotesi di un viaggio del Primo Ministro Hipkins a Pechino, contestualmente invitando Qin a visitare la Nuova Zelanda. “Il nostro interesse è quello di una regione del Pacifico in pace, stabile e resiliente, in particolare relativamente alle questioni di sicurezza”, ha sottolineato la Ministra.