Islamabad in trattative con Emirati e Qatar per la cessione di infrastrutture chiave. Si punta alla privatizzazione di numerose aziende statali in linea con le richieste del Fondo monetario Internazionale
Il Pakistan pensa alla cessione di alcune perle industriali dal valore economico e strategico importantissimo pur di superare la crisi del debito che attanaglia il Paese dal 2019, anno in cui è iniziato il programma di prestiti del Fondo Monetario Internazionale. Una mossa che sicuramente accontenterà l’organizzazione con sede a Washington, che nei giorni scorsi ha approvato l’ultima tranche di prestito, pari a 3 miliardi di dollari, da restituire nell’arco dei prossimi 9 mesi.
La decisione del FMI
“L’obiettivo — si legge nella nota del FMI — è quello di stabilizzare l’economia e metterla in condizione di gestire gli shock, creando allo stesso tempo spazio per lo sviluppo sociale e per supportare il popolo pakistano”. Tra difficoltà post pandemia, guerra in Ucraina e disastri naturali, alle quali si aggiunge una gestione clientelare dell’economia, il Pakistan è arrivato alla perdita di ingenti riserve monetarie in dollari utili all’acquisto di prodotti dai mercati internazionali.
Le privatizzazioni delle aziende statali
Un quadro desolante per una nazione straordinariamente decisiva negli equilibri regionali e non solo, che portano il Governo a scelte dolorose ma necessarie. Infatti, come spiegato da Khaqan Najeeb, ex consigliere economico di tre Ministri delle Finanze di Islamabad, sono almeno 168 le aziende controllate dallo Stato, operanti in settori quali energia, aviazione, ferroviario, logistica, comunicazione, manifatturiero, finanziario, dell’esplorazione mineraria, del commercio all’ingrosso, al dettaglio e del marketing.
Il bisogno di liquidità
La cessione di tali asset porterebbe liquidità immediata alle casse governative, “segnalando al mondo che il Pakistan sta ragionando al di fuori della logica della creazione di debito”, ha spiegato Najeeb. Un’occasione preziosa per rilanciare la sua immagine economica sul piano internazionale e, in parallelo, per seguire l’approccio richiesto proprio dal Fondo Monetario Internazionale, che solo dopo lunghe trattative ha sbloccato il prestito di 3 miliardi.
Il porto di Karachi agli Emirati
La scorsa settimana è giunta conferma dallo stesso Governo pakistano sulle trattative per la costruzione del nuovo cargo terminal del porto di Karachi che, se verranno finalizzate, vedranno gli Emirati controllare l’85% delle attività dell’infrastruttura. Una trattativa che segue il deal, sempre con gli Emirati, per l’intero porto della città sul mare, sottoscritto con Abu Dhabi Port Group per 25 anni. La società opererà su tre ormeggi e investirà in infrastrutture per permettere l’attracco di imbarcazioni più grandi con la costruzione di nuovi moli e spazi per l’alloggio dei container. Il Governo riceverà 68 milioni di dollari tra equipaggiamento e servizi.
Tuttavia, ci sono state criticità sulle trattative concluse: secondo alcuni analisti, Islamabad avrebbe potuto chiedere di più, valorizzando maggiormente il peso strategico del porto nel quadro dell’infrastruttura dei trasporti est-ovest. La complicata posizione economica del Paese non ha permesso di spingere per richieste al rialzo, cementificando semmai un’alleanza politica con gli Emirati, che supporteranno in futuro il Pakistan in caso ci fosse la necessità di nuovi prestiti.
Il caso degli aeroporti e l’interesse del Qatar
Discorso a parte quello delle infrastrutture aeroportuali. Gli aeroporti di Karachi e Lahore, come spiegato da Khaqan Najeeb, sono difficilmente vendibili a causa di una norma di finanza islamica imposta dal Governo, mentre quello di Islamabad non sarebbe d’interesse visto il basso traffico passeggeri che registra. Motivi per i quali ancora ad oggi non è stata chiusa la trattativa con il Qatar, avviata nel 2018. Per Umar Karim, ricercatore del King Faisal Center for Research and Islamic Studies, sono evidenti i segnali che il Governo pakistano si prepara per la cessione di national assets come la compagnia PIA, sempre in linea con la logica desiderata dal FMI.
“Ma sarà interessante capire le modalità di vendita, dato che tali unità non godono di un buon stato di salute, sfruttate per conquistare appoggio politico attraverso l’offerta di posti di lavoro”, ha spiegato Karim. Gli acquirenti non tollererebbero un simile approccio e mancherebbe, in realtà, la volontà politica per concretizzare le operazioni. Una situazione incancrenitasi nel corso di 76 anni di storia non semplice, complicata dalle dinamiche interne e dal superamento delle crisi internazionali.
Un quadro desolante per una nazione straordinariamente decisiva negli equilibri regionali e non solo, che portano il Governo a scelte dolorose ma necessarie. Infatti, come spiegato da Khaqan Najeeb, ex consigliere economico di tre Ministri delle Finanze di Islamabad, sono almeno 168 le aziende controllate dallo Stato, operanti in settori quali energia, aviazione, ferroviario, logistica, comunicazione, manifatturiero, finanziario, dell’esplorazione mineraria, del commercio all’ingrosso, al dettaglio e del marketing.
Il bisogno di liquidità
La cessione di tali asset porterebbe liquidità immediata alle casse governative, “segnalando al mondo che il Pakistan sta ragionando al di fuori della logica della creazione di debito”, ha spiegato Najeeb. Un’occasione preziosa per rilanciare la sua immagine economica sul piano internazionale e, in parallelo, per seguire l’approccio richiesto proprio dal Fondo Monetario Internazionale, che solo dopo lunghe trattative ha sbloccato il prestito di 3 miliardi.
Il porto di Karachi agli Emirati
La scorsa settimana è giunta conferma dallo stesso Governo pakistano sulle trattative per la costruzione del nuovo cargo terminal del porto di Karachi che, se verranno finalizzate, vedranno gli Emirati controllare l’85% delle attività dell’infrastruttura. Una trattativa che segue il deal, sempre con gli Emirati, per l’intero porto della città sul mare, sottoscritto con Abu Dhabi Port Group per 25 anni. La società opererà su tre ormeggi e investirà in infrastrutture per permettere l’attracco di imbarcazioni più grandi con la costruzione di nuovi moli e spazi per l’alloggio dei container. Il Governo riceverà 68 milioni di dollari tra equipaggiamento e servizi.
Tuttavia, ci sono state criticità sulle trattative concluse: secondo alcuni analisti, Islamabad avrebbe potuto chiedere di più, valorizzando maggiormente il peso strategico del porto nel quadro dell’infrastruttura dei trasporti est-ovest. La complicata posizione economica del Paese non ha permesso di spingere per richieste al rialzo, cementificando semmai un’alleanza politica con gli Emirati, che supporteranno in futuro il Pakistan in caso ci fosse la necessità di nuovi prestiti.
Il caso degli aeroporti e l’interesse del Qatar
Discorso a parte quello delle infrastrutture aeroportuali. Gli aeroporti di Karachi e Lahore, come spiegato da Khaqan Najeeb, sono difficilmente vendibili a causa di una norma di finanza islamica imposta dal Governo, mentre quello di Islamabad non sarebbe d’interesse visto il basso traffico passeggeri che registra. Motivi per i quali ancora ad oggi non è stata chiusa la trattativa con il Qatar, avviata nel 2018. Per Umar Karim, ricercatore del King Faisal Center for Research and Islamic Studies, sono evidenti i segnali che il Governo pakistano si prepara per la cessione di national assets come la compagnia PIA, sempre in linea con la logica desiderata dal FMI.
“Ma sarà interessante capire le modalità di vendita, dato che tali unità non godono di un buon stato di salute, sfruttate per conquistare appoggio politico attraverso l’offerta di posti di lavoro”, ha spiegato Karim. Gli acquirenti non tollererebbero un simile approccio e mancherebbe, in realtà, la volontà politica per concretizzare le operazioni. Una situazione incancrenitasi nel corso di 76 anni di storia non semplice, complicata dalle dinamiche interne e dal superamento delle crisi internazionali.
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