Dopo il processo e l’arresto del Presidente Pedro Castillo, sale al governo la sua vice, Dina Boluarte. Nel suo primo discorso ha chiesto ampio dialogo tra tutte le forze politiche per installare un governo di unità nazionale
Dopo la rimozione dall’incarico e l’arresto del presidente del Perù Pedro Castillo, di sinistra, che aveva cercato di sciogliere il Congresso per accumulare più potere, Dina Boluarte ha prestato giuramento come nuova presidente del paese: resterà in carica fino al 2026. Boluarte, che ricopriva la carica di vicepresidente sotto Castillo, è la prima donna alla presidenza del Perù. Nel suo discorso di insediamento ha parlato di ritorno alla stabilità politica e ha promesso un gabinetto di governo rappresentativo di tutte le fazioni. Ha anche definito la mossa di Castillo contro il Congresso un “tentato colpo di stato”.
L’impeachment a Castillo
L’obiettivo dell’ex-presidente – accusato di corruzione e di incapacità di governo: dall’inizio del suo mandato, nel luglio 2021, ha sostituito decine di ministri e cinque primi ministri – era impedire lo svolgimento del processo di impeachment nei suoi confronti. Castillo puntava a scogliere il Congresso, dare vita a un governo straordinario e indire nuove elezioni legislative. Il processo di impeachment si è comunque tenuto, e conclusosi con 110 voti a favore della sua rimozione, sei contrari e dieci astenuti. Dall’inizio del suo mandato Castillo, un ex-insegnante di orientamento marxista, era già sopravvissuto ad altri due tentativi di impeachment.
Trent’anni di corruzione al governo
Il Perù – il secondo maggiore produttore al mondo di rame, un metallo fondamentale per la transizione energetica – non è nuovo all’instabilità politica: negli ultimi trent’anni, anzi, molti suoi presidenti sono stati rimossi dall’incarico o incarcerati sulla base di accuse di corruzione. Prima di Castillo, Martín Vizcarra (di destra, presidente dal 2018 al 2020) aveva subìto una prima procedura di impeachment perché accusato di aver ricevuto una tangente da 64.000 dollari da due appaltatori pubblici; e poi una seconda dopo qualche mese perché giudicato “moralmente incapace” di governare. Pedro Pablo Kuczynski (centro-destra, 2016-2018) si dimise da presidente per i suoi passati legami con Odebrech, il gruppo ingegneristico brasiliano al centro di un enorme caso di corruzione in vari paesi dell’America latina. Ollanta Humala (sinistra, 2011-2016) è attualmente sotto processo per via dei presunti legami con Odebrecht, che avrebbe finanziato la sua campagna elettorale con 3 milioni di dollari. Alejandro Toledo (centro, 2001-2006) è accusato di aver ricevuto una tangente da 20 milioni di dollari da Odebrecht durante il suo mandato: attualmente è libero su cauzione negli Stati Uniti, dopo aver trascorso quasi otto mesi in una prigione californiana, ma il Perù ha aperto un procedimento di estradizione nei suoi confronti. Alberto Fujimori (destra, 1990-2000) sta scontando una pena di venticinque anni in carcere per gli abusi sui diritti umani commessi: tra le altre cose, ha guidato uno squadrone della morte, il Grupo Colina, responsabile dell’uccisione di decine di civili e oppositori del governo.
L’obiettivo dell’ex-presidente – accusato di corruzione e di incapacità di governo: dall’inizio del suo mandato, nel luglio 2021, ha sostituito decine di ministri e cinque primi ministri – era impedire lo svolgimento del processo di impeachment nei suoi confronti. Castillo puntava a scogliere il Congresso, dare vita a un governo straordinario e indire nuove elezioni legislative. Il processo di impeachment si è comunque tenuto, e conclusosi con 110 voti a favore della sua rimozione, sei contrari e dieci astenuti. Dall’inizio del suo mandato Castillo, un ex-insegnante di orientamento marxista, era già sopravvissuto ad altri due tentativi di impeachment.