Mali e Niger hanno interrotto le loro relazioni con l’Ucraina, dopo che è emerso che Kiev avrebbe aiutato gruppi ribelli nei due Stati a uccidere dei mercenari russi.
L’Ucraina non ha una propria politica africana, sottolinea l’ex comandante ucraino Evgeniy Dikiy. Si limita a regolare i propri conti con la Russia e con l’ex Gruppo Wagner, se necessario agendo anche nell’area subsahariana. Ma per quanto gli interventi nel continente africano siano limitati, questi possono essere estremamente problematici e rischiano di portare ad importanti conseguenze politiche e diplomatiche. Come dimostra la decisione, presa in questi giorni da Mali e Niger, di arrivare ad una rottura delle relazioni con l’Ucraina.
I dissidi tra i due stati del Sahel e Kiev nascono da un’imboscata, condotta dai ribelli tuareg a Tinzaouten, in Mali, alla fine di luglio. L’attacco ha segnato una delle più cocenti sconfitte per l’ex gruppo Wagner in Africa, ora conosciuto ufficialmente come Corps Africa, portando alla morte di 84 mercenari. Al tempo stesso, però, l’azione ha avuto conseguenze significative anche per le forze ufficiali maliane, che da tempo si appoggiano ai mercenari nel tentativo di sconfiggere le milizie ribelli: tra le vittime ci sono stati infatti 47 soldati maliani.
Due giorni dopo l’episodio di Tinzaouten, il portavoce dell’intelligence ucraina Andriy Yusov ha fatto intendere che Kiev avesse giocato un ruolo significativo in quanto successo. I gruppi tuareg, ha dichiarato, avrebbero “ricevuto le informazioni necessarie, e non soltanto quelle, per permettere il successo dell’operazione militare contro dei criminali di guerra russi”. In seguito, è emerso come l’Ucraina abbia probabilmente addestrato i separatisti all’uso di droni.
Le notizie di un probabile coinvolgimento ucraino hanno portato il governo militare del Mali ad interrompere i rapporti con Kiev, nonostante i successivi tentativi del governo di Zelensky di affermare la propria estraneità rispetto a quanto accaduto. In seguito, anche il Niger ha annunciato la rottura dei rapporti con l’Ucraina, in solidarietà con il Mali e con la volontà di condannare “le affermazioni sovversive e inaccettabili di Andreiy Yusov”.
Mentre la decisione maliana rappresenta una diretta conseguenza dell’uccisione dei propri soldati, la scelta nigerina è spiegabile con la vicinanza politica tra il regime di Niamey e quello di Bamako. Entrambi gli stati sono guidati da giunte golpiste che sono arrivate al potere promettendo di reprimere duramente i gruppi separatisti, e che quindi non possono permettersi un rafforzamento di queste milizie o delle sconfitte come quella di Tinzaouten. Inoltre, in entrambi i Paesi è sempre più forte la volontà di impedire ogni intromissione esterna, come quella avvenuta da parte dell’Ucraina.
Il coinvolgimento di Kiev nel Sahel è stato stigmatizzato da Mosca, che ha accusato l’Ucraina di supportare gruppi terroristici e di voler aprire un secondo fronte.
Più rilevanti delle critiche russe sono state però quelle mosse dall’ECOWAS, l’organizzazione regionale che riunisce i Paesi dell’Africa occidentale. I rapporti del blocco regionale con Mali e Niger sono tutt’altro che buoni, tanto che i due stati hanno annunciato il proprio ritiro dall’organizzazione all’inizio di quest’anno. Nonostante questo, l’ECOWAS ha preso posizione in maniera netta al fianco degli stati saheliani, dichiarando la propria “ferma disapprovazione e ferma condanna di qualsiasi interferenza esterna nella regione che possa costituire una minaccia per la pace e la sicurezza dell’Africa occidentale e di qualsiasi tentativo volto a trascinare la regione negli attuali scontri geopolitici”.
La reazione dell’ECOWAS – che a differenza di Niger e Mali non è particolarmente vicina a Mosca – mostra una volta di più come per gli stati africani il conflitto tra Russia e Ucraina abbia un’importanza limitata, e di certo vada in secondo piano rispetto alle questioni interne. E suggerisce perciò a Kiev di muoversi in maniera più cauta, soprattutto in vista di possibili colloqui di pace e di un’eventuale fine delle ostilità. Ora più che mai, l’Ucraina ha infatti bisogno di un sostegno diplomatico trasversale, anche da parte dei Paesi africani. Che rischia però di alienarsi, se non dovesse tenere conto delle loro esigenze e priorità.
I dissidi tra i due stati del Sahel e Kiev nascono da un’imboscata, condotta dai ribelli tuareg a Tinzaouten, in Mali, alla fine di luglio. L’attacco ha segnato una delle più cocenti sconfitte per l’ex gruppo Wagner in Africa, ora conosciuto ufficialmente come Corps Africa, portando alla morte di 84 mercenari. Al tempo stesso, però, l’azione ha avuto conseguenze significative anche per le forze ufficiali maliane, che da tempo si appoggiano ai mercenari nel tentativo di sconfiggere le milizie ribelli: tra le vittime ci sono stati infatti 47 soldati maliani.