La legge voluta dal Governo degli Stati Uniti impone una restrizione dell’export tecnologico verso la Cina, ma le aziende di microchip sudcoreane non vorrebbero rinunciare a un mercato vasto come quello cinese
Intervistato dal Financial Times, il Ministro del Commercio della Corea del Sud, Ahn Duk-geun, ha espresso qualche riserva sulle politiche degli Stati Uniti per limitare i trasferimenti alla Cina di tecnologie e capacità manifatturiere avanzate per i semiconduttori.
“La nostra industria dei semiconduttori”, ha detto Ahn, “è molto preoccupata per ciò che il Governo statunitense sta facendo in questi giorni”, riferendosi alla legge CHIPS Act che vieta a tutte quelle aziende che abbiano ricevuto fondi pubblici americani di espandere o aggiornare le loro produzioni di microchip in Cina per dieci anni.
La Corea del Sud – grazie principalmente a Samsung – è uno dei maggiori poli manifatturieri di semiconduttori: assieme a Taiwan, vale circa l’80% della capacità produttiva mondiale, contenuta dentro stabilimenti chiamati fonderie.
Ahn ha specificato che Seul condivide i timori americani sulla cosiddetta dualità dei microchip, che possono venire utilizzati sia per scopi civili (la fabbricazione di smartphone o automobili, ad esempio) che militari (la realizzazione di missili). “Il problema”, sostiene il Ministro, “è nella zona grigia, dove il Governo statunitense cerca di raggiungere quelle che prima erano aree commerciali più generiche, e il Governo coreano a volte non è d’accordo sulla demarcazione”. Tradotto: le aziende di microchip sudcoreane non vorrebbero rinunciare a un mercato vasto come quello cinese, ma la geopolitica – nella forma della grande competizione tra Washington e Pechino – sta interferendo con il loro business.
Nonostante qualche malumore, non ci sono divergenze strutturali di visione tra il Governo sudcoreano e quello americano; anzi, Ahn ha precisato al Financial Times che il suo Paese vuole potenziare i contatti commerciali con gli Stati Uniti e l’Unione europea per ridurre la dipendenza commerciale dalla Cina.
Negli ultimi due anni, l’America in particolare ha lavorato molto per creare delle partnership con gli altri attori di peso della filiera dei semiconduttori. A maggio, durante una visita in Corea del Sud, il Presidente Joe Biden ha visitato una fabbrica di Samsung. Più o meno nello stesso periodo, la segretaria al Commercio Gina Raimondo si è riunita a Tokyo con l’omologo giapponese Koichi Hagiuda per discutere di “cooperazione in ambiti quali i semiconduttori e il controllo delle esportazioni”. Il mese scorso la Presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, ha detto al governatore dell’Arizona Doug Ducey che intende produrre “chip della democrazia” assieme agli americani.
Gli Stati Uniti hanno anche proposto un’alleanza “Chip 4” con Taiwan, il Giappone e la Corea del Sud, ma i dettagli sono ancora in fase di definizione. L’obiettivo ultimo di Washington è quello di isolare Pechino e impedirle di accedere a componenti e tecnologie avanzate straniere, così da complicarne i piani di sviluppo economico. “A mio avviso, nel breve periodo lo sviluppo della Cina in questo settore sarà fortemente limitato” a causa di queste alleanze, ha detto a CNBC Pranay Kotasthane, analista dell’High Tech Geopolitics Programme.
La legge voluta dal Governo degli Stati Uniti impone una restrizione dell’export tecnologico verso la Cina, ma le aziende di microchip sudcoreane non vorrebbero rinunciare a un mercato vasto come quello cinese