Dallo spionaggio allo spazio, dalla tecnologia all’ambiente: cresce lo scontro tra Cina e Stati Uniti
Ieri la Cina ha ordinato la chiusura del consolato americano a Chengdu in risposta alla decisione presa qualche giorno prima dell’amministrazione Trump, che aveva per l’appunto imposto la chiusura del Consolato cinese a Houston per motivi di spionaggio.
Si tratta di gesti eclatanti, che contribuiscono ad alzare di molto la tensione tra Stati Uniti e Cina e che hanno, per la loro gravità, catturato l’attenzione di tutti i giornali. I rapporti fra Washington e Pechino non sono però entrati in crisi certo ora. Ormai da anni tra le due superpotenze è in corso una “guerra” che tocca tantissimi temi. Dal commercio alla tecnologia, passando per Hong Kong, il Mar cinese meridionale e lo spazio. Solo per citarne alcuni.
Le dighe cinesi sul fiume Mekong
Il fronte forse meno noto dello scontro tra Stati Uniti e Cina si trova sul fiume Mekong, il più lungo ed importante dell’Asia sud-orientale. Il fiume nasce in Cina e tocca il Laos, il Myanmar, la Thailandia, la Cambogia e il Vietnam. Le sue acque sono vitali per l’agricoltura, la pesca e il soddisfacimento del fabbisogno energetico di questi Paesi.
La Cina ha costruito undici dighe nella parte iniziale del corso del Mekong per ricavarne energia e soddisfare la domanda della sua popolazione.
Queste dighe garantiscono a Pechino un grande controllo sulle acque del fiume. Di conseguenza le permettono di esercitare un’influenza molto forte sulla penisola indocinese, vista la centralità del Mekong per la sopravvivenza di tutti i Paesi che ne sono attraversati.
Le dighe forniscono dunque alla Cina una leva geopolitica per portare dalla sua parte i governi della regione – già economicamente legati a Pechino – e marginalizzare gli Stati Uniti.
Le iniziative di Stati Uniti e Cina
Già attraverso la Mekong River Commission – un’organizzazione intergovernativa fondata nel 1995 per promuovere lo sviluppo sostenibile delle acque del fiume – gli Stati Uniti avevano cercato di estendere la propria penetrazione nell’area del Mekong. Poi, nel 2009, l’amministrazione Obama aveva annunciato la creazione della Lower Mekong Initiative per favorire la collaborazione tra i governi di Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia e Vietnam.
Washington, infine, intrattiene rapporti economici significativi con la regione, di interesse strategico perché prossima al Mar Cinese meridionale e allo stretto di Malacca. Nel 2018 il commercio bilaterale tra l’America e l’area del Mekong ammontava a 109 miliardi di dollari.
Anche la Cina ha messo a punto una propria piattaforma regionale – chiamata Lancang-Mekong Cooperation e operativa dal 2016. Con il duplice scopo di contrastare le iniziative di stampo occidentale e di favorire la realizzazione di infrastrutture. Pechino ha stipulato accordi per la costruzione di dighe con i governi della Cambogia e del Laos.
Rispetto agli Stati Uniti, la Cina spende molto più denaro per la cooperazione nell’area del Mekong. In undici anni Washington ha finanziato la Lower Mekong Initiative con 120 milioni, mentre nel 2016 Pechino ha creato un fondo da 300 milioni per la Lancang-Mekong Cooperation.
Tuttavia, la Cina non condivide con i Paesi della regione alcun dato sulle attività delle proprie dighe.
La questione ambientale
Le undici dighe cinesi sono opere controverse dal punto di vista dell’impatto ambientale. Per questo, si sono trasformate nell’ennesimo argomento di scontro diplomatico con gli Stati Uniti.
Nel 2019 il segretario di Stato americano Mike Pompeo, in visita in Thailandia, disse che la Cina, limitando il corso d’acqua del Mekong, era la principale responsabile della siccità nella regione. Un recente report pubblicato da Eyes on Earth – società di ricerca e consulenza americana – ha ribadito l’accusa.
Pechino ha reagito subito. Prima affermando che lo studio americano fosse inaffidabile perché influenzato dalla politica e poi sostenendo la tesi contraria: cioè che le dighe cinesi avevano piuttosto contribuito ad alleviare la siccità lungo il Mekong.
Ieri la Cina ha ordinato la chiusura del consolato americano a Chengdu in risposta alla decisione presa qualche giorno prima dell’amministrazione Trump, che aveva per l’appunto imposto la chiusura del Consolato cinese a Houston per motivi di spionaggio.
Si tratta di gesti eclatanti, che contribuiscono ad alzare di molto la tensione tra Stati Uniti e Cina e che hanno, per la loro gravità, catturato l’attenzione di tutti i giornali. I rapporti fra Washington e Pechino non sono però entrati in crisi certo ora. Ormai da anni tra le due superpotenze è in corso una “guerra” che tocca tantissimi temi. Dal commercio alla tecnologia, passando per Hong Kong, il Mar cinese meridionale e lo spazio. Solo per citarne alcuni.
Le dighe cinesi sul fiume Mekong
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Abbonati per un anno a tutti i contenuti
del sito e all'edizione cartacea + digitale della rivista di
geopolitica