La Cina punta a frenare l'export delle terre rare per ostacolare la difesa statunitense. Ma il braccio di ferro tecnologico con gli Usa riguarda anche i semiconduttori
La Cina punta a frenare l’export delle terre rare per ostacolare la difesa statunitense. Ma il braccio di ferro tecnologico con gli Usa riguarda anche i semiconduttori
Non è una novità, Stati Uniti e Cina dipendono in maniera crescente l’uno dall’altro. Il problema e il paradosso per i due colossi mondiali è che l’integrazione crescente cammina di pari passo con il crescere delle tensioni. L’ultima partita sembra essere quella delle terre rare, minerali indispensabili alle tecnologie del settore militare, ma anche a diverse altri settori destinati a crescere nei prossimi anni, specie in America, come le energie rinnovabili – auto elettriche, turbine eoliche. La Cina ha un quasi monopolio nell’estrazione e anche del know-how necessario alla raffinazione, l’80% delle importazioni americane provengono da quello che di recente Biden ha definito “serious competitor”.
Negli anni dell’amministrazione Trump, gli Stati Uniti si sono posti il problema di questo controllo cinese delle catene del valore dei minerali, immaginando di incentivare nuove ricerche minerarie e anche di ricostruire una filiera nazionale. E di recente il Pentagono ha firmato un contratto da 30 milioni con la australiana Lynas, la più grande azienda di estrazione e lavorazione delle terre rare fuori dalla Cina. Ed è probabile che l’idea della nuova amministrazione di coordinare con gli alleati l’atteggiamento nei confronti di Pechino avrà delle conseguenze anche su questo terreno.
Sappiamo che l’Europa si trova in una posizione scomoda in questo senso, con la proposta di legge recente del Ministero degli Interni tedesco di aprire di fatto le porte alla tecnologia 5G di Huawei per evitare alle Telecom tedesche di dover sostenere il costo della sostituzione di materiale già incorporato nelle proprie reti. Una legge non c’è ancora, ma questa decisione sarebbe in contrasto con quelle francesi o britanniche – e avrebbe anche implicazioni per la sicurezza e lo scambio di informazioni all’interno dell’Alleanza Altlantica.
Con la nuova amministrazione e l’atteggiamento di Biden che appare più severo nei confronti di Pechino e della sua maggiore assertività internazionale (e maggior propensione a infischiarsene dei diritti umani), la Cina sembra aver deciso di mettere le terre rare sul piatto della bilancia delle relazioni tra i due Paesi. Il Financial Times riferisce che il mese scorso “il Ministero dell’Industria e dell’Information Technology ha proposto una bozza di controlli sulla produzione e l’esportazione di 17 minerali. I dirigenti dell’industria hanno detto che i funzionari del Governo hanno chiesto loro quanto male farebbero le aziende negli Stati Uniti e in Europa, compresi gli appaltatori della difesa, se la Cina limitasse le esportazioni di terre rare durante una disputa bilaterale”.
Il braccio di ferro tecnologico tra i due Paesi riguarda anche i semiconduttori, con l’amministrazione Trump che, utilizzando l’argomento del legame tra Huawei e lo Stato cinese, ha abilmente fatto in modo di impedire che i più grandi produttori del mondo di chip, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company e le imprese americane, esportino in Cina. A sua volta, Pechino, sta lavorando per rendere autonoma la sua produzione, ma rimane anni indietro dal punto di vista tecnologico.
Le partite a scacchi tra Cina e Stati Uniti sono molte e questa tecnologica è tra quelle con più implicazioni per il futuro. Entrambi i Paesi puntano all’autosufficienza in un terreno delicato e dalle prospettive enormi. Con la difficoltà relativa al fatto che gli intrecci e gli scambi rendono il processo di ricerca dell’autonomia molto difficile. Due esempi: le imprese americane che si occupano di terre rare hanno tra gli azionisti imprese cinesi, mentre in tema di semiconduttori, costringere Taiwan a tagliare i ponti con Pechino ha delle implicazioni non solo economiche. I passaggi delle navi da guerra statunitensi nel Mar della Cina di queste settimane sono lì a ricordarcelo.
La Cina punta a frenare l’export delle terre rare per ostacolare la difesa statunitense. Ma il braccio di ferro tecnologico con gli Usa riguarda anche i semiconduttori
Non è una novità, Stati Uniti e Cina dipendono in maniera crescente l’uno dall’altro. Il problema e il paradosso per i due colossi mondiali è che l’integrazione crescente cammina di pari passo con il crescere delle tensioni. L’ultima partita sembra essere quella delle terre rare, minerali indispensabili alle tecnologie del settore militare, ma anche a diverse altri settori destinati a crescere nei prossimi anni, specie in America, come le energie rinnovabili – auto elettriche, turbine eoliche. La Cina ha un quasi monopolio nell’estrazione e anche del know-how necessario alla raffinazione, l’80% delle importazioni americane provengono da quello che di recente Biden ha definito “serious competitor”.
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