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Thailandia: il futuro negato ai vincitori delle elezioni


Un successo fragoroso la vittoria elettorale, lo scorso maggio, di Move Forward, il partito anti sistema guidato da Pita Limjaroenrat, che ora rischia l'estromissione e lo scioglimento del partito, per manovre e pressioni di esercito e monarchia, sconfitti alle elezioni, ma padroni del potere

Sono passati più di due mesi dalle elezioni in Thailandia, terminate con un successo fragoroso di Move Forward, il partito anti sistema guidato da Pita Limjaroenrat. Ma ancora il Paese del Sud-Est asiatico non ha un nuovo primo ministro. E, anzi, le speranze del grande vincitore emerso dalle urne sembrano vacillare. Giovedì 13 luglio il Parlamento ha respinto la sua prima nomina, arrivata di concerto con la coalizione che Pita è riuscito a mettere in piedi insieme al Pheu Thai della dinastia Shinawatra e ad altre forze minori.

Servivano 376 voti per ottenere il via libera, ne sono arrivati “solo” 325. Un numero che potrebbe sembrare sufficiente, visto che la camera bassa del parlamento è composta da 500 membri. Ma in realtà sulla nomina di premier e formazione del governo votano anche i 250 senatori. Espressione del potere costituito di esercito e monarchia, cioè quelle istituzioni che non vedono bene (per usare un eufemismo) l’ascesa al potere di un giovane leader che ha costruito la sua campagna elettorale promettendo una revisione del reato di lesa maestà, architrave della perpetuazione del potere della corona thailandese.

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