Trump, scampato per due volte all’impeachment, è ancora molto potente presso gli elettori e una sua impresa politica parallela fa tremare i confusi repubblicani
Trump, scampato per due volte all’impeachment, è ancora molto potente presso gli elettori e una sua impresa politica parallela fa tremare i confusi repubblicani
Nei passaggi istituzionali previsti in Congresso dal processo di impeachmentcontro Donald Trump alcuni esponenti repubblicani hanno preso le distanze dal passato recente del loro partito. Come è noto, undici rappresentanti hanno votato per rinviare a giudizio l’ex presidente e sette senatori sono stati a favore di una condanna. Il resto del partito non l’ha presa bene: quella che tutti immaginavano come una guerra civile destinata ad aprirsi nel Grand Old Party sembra essere la piccola insurrezione di qualche moderato conservatore spaventato dalla piega presa dopo il 6 gennaio e l’assalto a Capitol Hill. Le cose sono più complicate di così: in un sistema bipartitico e federale come quello degli Stati Uniti, all’interno dei partiti convivono figure e approcci molto diversi tra loro. Quella in corso all’interno del partito repubblicano è però una battaglia per l’anima del partito e anche per il potere. Al centro del campo di battaglia, che parli in pubblico come ha fatto per la prima volta il 28 febbraio al CPAC, la conferenza annuale dei conservatori, o che passi le sue giornate a giocare a golf in Florida, c’è naturalmente l’ex presidente.
Quasi tutti i comitati statali repubblicani dei congressmen che hanno votato contro Trump hanno censurato la scelta dei loro eletti, lasciando presagire quanto meno una sfida alle primarie per i traditori. Eppure nei giorni immediatamente successivi al 6 gennaio tutti i leader e persino diversi alleati storici del presidente uscente avevano utilizzato parole inequivocabili. Il leader alla Camera, Kevin McCarthy, aveva dichiarato: Trump “è responsabile dell’attacco al Congresso” e per non aver “immediatamente condannato quanto stava accadendo”. Il leader repubblicano del Senato Mitch McConnell aveva parlato di rivoltosi “nutriti con bugie”, “incitati dal presidente” e pur dicendosi contrario all’impeachment aveva proposto una mozione di censura. Lindsey Graham, influente senatore della South Carolina, già grande amico e sodale di John McCain divenuto pro Trump, aveva tuonato: “Enough is enough”. Due su tre tra costoro hanno cambiato idea. McCarthy ha articolato meglio il suo pensiero spiegando che se Trump ha responsabilità, la condivide con tutti gli americani e, per farsi perdonare, è volato in Florida alla volta della nuova residenza dell’ex Presidente.
L’accusa di Mitch McConnell
L’unico ad aver in qualche modo mantenuto il punto è Mitch McConnell, che dopo aver taciuto in attesa dei risultati senatoriali della Georgia che hanno certificato la perdita della maggioranza repubblicana, ha accusato Trump di portare enormi responsabilità per il 6 gennaio e ricordato che, se non condannato dal Senato, questi verrà perseguito dalla giustizia. Il capo dei senatori del G.O.P. ha votato contro l’impeachment perché, ha sostenuto, condannare un presidente non più in carica significava andare oltre i limiti fissati dalla costituzione.
Il senatore del Kentucky è noto per la sua assenza di scrupoli e abilità al gioco della politica e ciò che lo ha fatto infuriare con l’ex presidente è il fatto di non essere più il leader. McConnell è convinto che siano le figure improbabili promosse da Trump e certi suoi atteggiamenti ad essere costati la Georgia. La pensa così anche Nikky Halley che dopo il 6 gennaio ha parlato di andare “oltre il trumpismo”. Molti la vedono candidata nel 2024: donna di origini asiatiche, un’alternativa al maschio bianco anziano. Ma dopo le parole sul 6 gennaio, Trump si è rifiutato di accordarle udienza a Mar-a-Lago, divenuto il luogo dove è necessario andare in pellegrinaggio per ricevere l’imprimatur da Trump e dove si è tenuto un fundraiser per il senatore Mike Lee, altro membro dell’ala destra del partito. Alla cena da 10mila dollari a testa partecipavano Matt Gaetz, eletto in Florida, e la rappresentante del Colorado Lauren Boebert, nota per gli spot elettorali in cui mostra come spara bene.
La risposta di Trump al discorso pronunciato da McConnell è affidata in uno dei due comunicati diffusi dopo l’uscita di scena: “Mitch è un dilettante della politica, cupo, imbronciato e poco sorridente e se i senatori repubblicani resteranno con lui, non vinceranno di nuovo”. Il messaggio continua: “Sosterrò gli sfidanti repubblicani che in vista delle primarie sposano lo slogan Making America Great Again e la nostra politica di America First, McConnell non farà mai ciò che è giusto per il Paese”. Si chiama avvertimento e più che a McConnell, che ha 78 anni ed è appena stato rieletto per sei, sembra rivolto a chiunque sia intenzionato ad andargli dietro.
Torniamo a Graham, che ha fatto tre passi indietro spiegando che “senza Trump non c’è alcun modo per recuperare la maggioranza in Senato… Se si candidasse alle primarie, otterrebbe la sua nomina…Non so cosa voglia fare ma la sua figura dominerà il partito per gli anni a venire. Per come la vedo io, non c’è modo di raggiungere i nostri obiettivi senza Trump”.
Le prese di posizione di McConnell e Graham segnalano due strategie e non due visioni del mondo. Più che a favore o contro “la versione di Trump”, questi atteggiamenti sembrano dettati dal calcolo politico. E naturalmente ogni ipotesi ha senso. Se il senatore della South Carolina è convinto che senza Trump non si vinca, McConnell ritiene che occorra a tutti i costi evitare di ritrovarsi con candidati estremi e impresentabili nel 2022.
Per entrambe le fazioni molto dipende da cosa sceglierà di fare Trump: ha intenzione di mettere su una macchina politica o solo di lanciare strali o annunciare il sostegno a questo o quel candidato senza impegnarsi in maniera strutturata? Di certo sappiamo che a Mar-a-Lago sono in corso riunioni con i familiari e Brad Parscale, stratega digitale nel 2016 ed ex capo della campagna Trump licenziato a un mese circa dal voto. L’ipotesi è costruire un database sugli elettori esterno a quello repubblicano con i dati raccolti in questi anni.
Se si eccettua un drappello di moderati, la frattura dentro a un partito che tende a compattarsi quando si tratta di fare opposizione, non è tanto sulla filosofia politica, quanto sui limiti ai quali è consentito arrivare in termini di teorie del complotto, fake news, flirt con gruppi e atteggiamenti estremistici come quelli che hanno condotto l’assalto a Capitol Hill.
Quanto seguito ha Donald Trump
Il partito con più seguito e base militante è quello di Trump, la cui fotografia è il palco della manifestazione del 6 gennaio. Conduttori di talk radio conservatrici che hanno un seguito enorme e hanno contribuito a fare dell’elettorato GOP quel che è oggi, fenomeni social e politici estremisti. La candidata alla leadership del partito in Michigan, Mershan Maddow, moglie di un rappresentante, che twitta il video dell’assalto al Congresso scrivendo “la gente più incredibile con cui mi è capitato di marciare”. Oppure Matt Gaetz, che dalla Florida è volato in Wyoming per tenere un comizio contro Liz Cheney. In Arizona il partito ha votato una mozione di sfiducia contro il governatore, la vedova di John McCain e l’ex senatore Flake. O lo stesso Don Jr. che su Rumble, social media conservatore, pubblica video contro i sindacati della scuola con sullo sfondo una parete di mitra e fucili. Ci sono altri esempi, ma i segnali sono quelli di un’insurrezione che continua e che accanto alle forme istituzionali proseguirà con campagne social e manifestazioni alle quali partecipano anche gruppi di estremisti come i Proud Boys o gli Oathkeepers, gruppo nato nel 2009, attorno al Tea Party– certe spinte pre-esistono a Trump, che le ha solo coagulate, esaltate, rese nazionali.
Tra questi gruppi, una base che crede nell’ex Presidente e figure pubbliche di raccordo come Alex Jones o Roger Stone, rispettivamente agitatore mediatico di estrema destra e stratega repubblicano senza scrupoli, c’è intesa e voglia di rifarsi dopo che le elezioni sono state rubate. I partiti locali usano la teoria del furto elettorale per modificare in peggio le leggi e i regolamenti elettorali. In Georgia, vinta di un soffio dai democratici, si pensa a negare la possibilità di andare a votare in anticipo nella domenica pre-elettorale. Il partito di Trump sceglie di usare una teoria del complotto per cercare di tornare a vincere senza dover cambiare nulla della propria base elettorale. Senza Trump questa operazione è difficile, perché è l’ex presidente che ha portato ai seggi milioni che non ci andavano normalmente e perché buona parte del gruppo alla Camera è composto da figure che si riconoscono nel suo messaggio. Con Trump è l’unica strada possibile. Se e quanto l’ex Presidente mobiliterà la sua base contro coloro che hanno osato prendere la parola contro di lui è la chiave per capire quale sarà il futuro del partito repubblicano.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.
Trump, scampato per due volte all’impeachment, è ancora molto potente presso gli elettori e una sua impresa politica parallela fa tremare i confusi repubblicani
Nei passaggi istituzionali previsti in Congresso dal processo di impeachmentcontro Donald Trump alcuni esponenti repubblicani hanno preso le distanze dal passato recente del loro partito. Come è noto, undici rappresentanti hanno votato per rinviare a giudizio l’ex presidente e sette senatori sono stati a favore di una condanna. Il resto del partito non l’ha presa bene: quella che tutti immaginavano come una guerra civile destinata ad aprirsi nel Grand Old Party sembra essere la piccola insurrezione di qualche moderato conservatore spaventato dalla piega presa dopo il 6 gennaio e l’assalto a Capitol Hill. Le cose sono più complicate di così: in un sistema bipartitico e federale come quello degli Stati Uniti, all’interno dei partiti convivono figure e approcci molto diversi tra loro. Quella in corso all’interno del partito repubblicano è però una battaglia per l’anima del partito e anche per il potere. Al centro del campo di battaglia, che parli in pubblico come ha fatto per la prima volta il 28 febbraio al CPAC, la conferenza annuale dei conservatori, o che passi le sue giornate a giocare a golf in Florida, c’è naturalmente l’ex presidente.
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