Una donna di nazionalità siriana è stata arrestata perchè ritenuta colpevole della bomba a Istiklal Caddesi. Pesa il ruolo di Ankara nelle trattative con Svezia e Finlandia per il loro ingresso della Nato. Rifiutato il messaggio di condoglianze di Washington dopo l’attentato
Le autorità turche sono certe della responsabilità del Pkk per la bomba piazzata a Istikal Caddesi, il lungo viale di Istanbul frequentato quotidianamente da cittadini e turisti drammaticamente macchiato domenica scorsa dall’esplosione che ha ucciso 6 persone, ferendone altre 81. Una notizia che ha immediatamente fatto il giro del mondo in un momento di straordinaria delicatezza nel rapporto tra potenze mondiali e regionali, che vede la Turchia broker interessato per la pace in Ucraina e per l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato.
L’accusa di Ankara al Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan ritenuto dalla repubblica turca movimento terrorista, va a beneficio del Presidente Recep Tayyip Erdoğan, in prima linea nella lotta all’organizzazione, e alle discussioni sull’allargamento del Patto Atlantico a Helsinki e Stoccolma, che storicamente hanno assunto una posizione aperturista verso i curdi. L’attentato nella via di Istanbul arriva nel mezzo delle trattative di accesso dei due Paesi alla Nato, spingendoli ad assecondare definitivamente le richieste turche sull’estradizione di individui segnalati dalla Turchia come ostili.
Nessun gruppo ha, in realtà, rivendicato l’attacco a Istiklal Caddesi, mentre il Pkk e le Syrian Democratic Forces (Sdf) hanno negato ogni coinvolgimento. “Il nostro popolo e il pubblico democratico sanno che non siamo collegati a questo attentato, perché non prenderemmo di mira direttamente i civili e non accettiamo azioni contro i civili”, fa sapere il Comando del Centro di Difesa della Popolazione. Il Comandante Generale di Sdf, Mazlum Abdi, ribadisce la totale estraneità ai fatti. Ciononostante, per il Ministro dell’Interno Süleyman Soylu sono proprio il Partito dei Lavoratori del Kurdistan e Ypg, Unità di Protezione Popolare, responsabili dell’attentato: oltre a una donna siriana di 23 anni entrata in Turchia dall’area di Afrin, di cui è stata pubblicata una foto e le iniziali di nome e cognome (A.A.), sono stati fermati altre 21 individui che, secondo i primi accertamenti, per il Ministro riportano a Pkk/Ypg. “Abbiamo stabilito che le istruzioni per l’attacco sono arrivate da Kobane”, ha aggiunto Soylu.
La questione si lega alla guerra in Siria, dove gli Stati Uniti e altri Paesi hanno sostenuto le forze che hanno combattuto contro lo Stato Islamico: su tutte, le Unità di Protezione Popolare. Per questo motivo, Ankara respinge al mittente le condoglianze di Washington. “Questo messaggio dovrebbe essere interpretato come ‘i killer arrivano per primi sulla scena del crimine’. Sicuramente risponderemo chiaramente a questo messaggio”, ha detto il Ministro Soylu. A ottobre 2019, con un accordo tra l’allora Presidente Donald Trump e il leader turco Erdoğan, gli Usa hanno ritirato l’appoggio militare ai curdi e, in concomitanza, la Turchia diede inizio all’operazione a est del fiume Eufrate.
L’accusa di Ankara al Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan ritenuto dalla repubblica turca movimento terrorista, va a beneficio del Presidente Recep Tayyip Erdoğan, in prima linea nella lotta all’organizzazione, e alle discussioni sull’allargamento del Patto Atlantico a Helsinki e Stoccolma, che storicamente hanno assunto una posizione aperturista verso i curdi. L’attentato nella via di Istanbul arriva nel mezzo delle trattative di accesso dei due Paesi alla Nato, spingendoli ad assecondare definitivamente le richieste turche sull’estradizione di individui segnalati dalla Turchia come ostili.