L’idea di Erdogan è mantenere i tassi di interesse bassi per attrarre investimenti esteri e favorire quelli nazionali. Ma la scommessa è rischiosa
La crisi economica turca si avvita su se stessa. A inizio della settimana in corso il valore della Lira è sceso del 15% in un giorno dopo che il Presidente Erdogan era tornato a ribadire che la politica monetaria di taglio dei tassi di interesse non si fermerà nonostante un’inflazione stabilmente sopra al 10% dalla fine del 2019 (oggi è al 19,8%, con un balzo di circa il 5% dall’inizio dell’anno). La perdita del valore della moneta turca dall’inizio dell’anno è attorno al 40%.
Le ragioni di questa caduta sono da cercare appunto nella ostinazione del Presidente di vincere quella che definisce una “guerra economica di indipendenza” e che ha portato alla rimozione di tre direttori della Banca centrale in due anni – a fine ottobre è stata la volta di due vice della Banca, uno dei quali era stato l’unico dei sette membri del comitato di politica monetaria della banca a votare contro l’ultimo taglio dei tassi.
L’idea di Erdogan è quella secondo la quale mantenere i tassi di interesse il più basso possibile – il tasso è al 15% dopo aver subito tre tagli dalla fine dell’estate. L’idea è quella di attrarre investimenti esteri e favorire quelli nazionali. E a proposito di investimenti, Erdogan riceverà oggi il principe ereditario di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed al Nahyan, un rivale in un quadro mediorientale nel quale tutti gli attori si sono riposizionati nei terremoti successivi alle primavere arabe ma anche un potenziale grande investitore.
I problemi economici della Turchia in questa fase potrebbero essere potenzialmente accentuati dalle scelte del Presidente che nel 2023 cercherà un nuovo mandato dopo aver esteso i poteri presidenziali con il referendum vinto di un soffio e con possibili brogli nel 2017 (la Corte Suprema consentì al conteggio delle schede non timbrate). Sebbene infatti il Paese stia crescendo a ritmi piuttosto sostenuti dopo il forte rallentamento della prima parte del 2020, l’inflazione erode il potere d’acquisto dei salariati. Tra l’altro, l’inflazione dei prodotti alimentari è attorno al 27%: più sei povero e peggio ti va, dunque. La perdite di valore della Lira, poi, è un problema serio anche perché il Paese è un forte importatore. Il basso valore della valuta nazionale favorisce l’export, che è in aumento, ma tutto quel che è importato, che si tratti di beni di consumo o di materie prime, costa di più.
Il clima di incertezza sta facendo scappare gli investitori stranieri, comincia a generare proteste (come questa degli studenti a Istanbul) e preoccupa le imprese. Molte delle figure già alleate del Presidente lo hanno attaccato duramente. L’ex Ministro degli Esteri, premier e leader dell’Akp (il partito di Erdogan) Ahmet Davutoglu, oggi all’opposizione ha twittato: “Questa non è più ignoranza. Questo è tradimento”. Tra i due non corre buon sangue dal 2016 in poi, proprio a causa del referendum che ha unificato le figure del Presidente e del premier.
L’incertezza economica è anche per il mondo bancario. Le banche sono indebitate con l’estero e più il valore della lira scende, più cresce il loro debito. Lo stesso si dica per le finanze pubbliche, che pure sono in relativa salute se comparate a quelle di altri Paesi.
Erdogan punta probabilmente sull’idea che la Lira debole e i bassi tassi di interesse favoriscano la crescita a un livello tale da poter tornare ad alzare i tassi tra un anno o qualche mese. A quel punto l’inflazione tornerebbe relativamente sotto controllo e lui potrebbe presentarsi come un vincente al voto del 2023. Ma la scommessa è naturalmente rischiosa, il Paese è in relativo tumulto, nel 2019 le grandi città hanno votato per l’opposizione e i sondaggi danno il Presidente in calo costante.
Negli anni Erdogan ha giocato molte volte d’azzardo, accentrando poteri, facendo arrestare oppositori democratici, ripulendo lo Stato dai nemici di ogni ordine e grado dopo il fallito colpo di Stato del 2016. Allora decine di migliaia di insegnanti sono stati licenziati, giudici e militari arrestati assieme a oppositori che nulla avevano a che vedere con il tentativo di putsch militare – il leader dell’Hdp Demirtas è in carcere e ha subito due condanne per aver pronunciato discorsi o per “aver insultato” il Presidente” dal novembre 2016. Questa volta l’azzardo è economico e sta portando a una crisi inflazionistica che ricorda decenni passati.
L’idea di Erdogan è mantenere i tassi di interesse bassi per attrarre investimenti esteri e favorire quelli nazionali. Ma la scommessa è rischiosa