Ankara ha aumentato le esportazioni di droni armati al Marocco e all’Etiopia. Nel frattempo gli Stati Uniti e la Grecia hanno rinnovato la collaborazione sulla difesa
Stando alle fonti di Reuters, la Turchia ha aumentato le esportazioni di droni armati al Marocco e all’Etiopia attraverso degli accordi che includono anche la fornitura di pezzi di ricambio e la formazione all’utilizzo. Si tratta di droni modello Bayraktar TB2, realizzati dall’azienda turca Baykar e già fattisi notare in Libia, Siria e nel Nagorno-Karabakh: il loro impiego in tutti questi conflitti è stato determinante per la vittoria delle fazioni sostenute da Ankara.
Perché la notizia è importante
Non è chiaro, almeno al momento, il valore economico di questi accordi – non rivelati ufficialmente – e nemmeno la quantità di droni venduti ai due Paesi. Ma la notizia è comunque importante, per diversi motivi.
Il primo, e il più generale, sta nella conferma dell’importanza degli aeromobili a pilotaggio remoto nelle operazioni belliche contemporanee. Il secondo motivo ha a che vedere invece con la crescente appetibilità dei droni turchi nei mercati esteri, percepiti come qualitativi e più economici di quelli prodotti dagli Stati Uniti o da Israele: i TB2 sono stati acquistati anche dalla Polonia e dall’Ucraina, per esempio.
Il terzo motivo è economico. L’economia della Turchia è in cattive condizioni e l’inflazione aumenta più delle previsioni della Banca centrale. Le esportazioni di strumenti militari, allora, permettono quantomeno di alleviare la crisi: da gennaio a settembre 2021 le vendite di apparecchi per la difesa e l’aviazione hanno portato ricavi di 2,1 miliardi di dollari, il 39% in più rispetto all’anno prima. Picchi significativi si sono per l’appunto registrati nei mercati marocchino ed etiope.
Il quarto motivo è geopolitico. La Turchia sta rafforzando l’apparato nazionale della difesa anche perché intende emanciparsi dalle tecnologie estere e soddisfare le sue ambizioni di potenza regionale tra Medio Oriente, Europa e Nordafrica. Tra le altre cose, di recente ha presentato la nuova generazione di droni TB2, chiamati Akinci e paragonabili agli MQ-9 Reaper americani. E sta realizzando un’imponente struttura – soprannominata “Pentagono turco” – dove far confluire tutti i quartieri generali delle forze di terra, aria e mare.
Il quinto e ultimo motivo è diplomatico. Le forniture di droni all’Etiopia non faranno certamente bene ai rapporti tra la Turchia e l’Egitto, già compromessi dal colpo di Stato che ha rimosso il Presidente Mohamed Morsi (esponente dei Fratelli musulmani, organizzazione politica sostenuta dal Governo turco) e portato al potere il generale al-Sisi. Tra l’Egitto e l’Etiopia ci sono tensioni legate alla costruzione della diga sul Nilo Azzurro e al suo impatto sugli approvvigionamenti idrici. Fonti di Reuters raccontano che Il Cairo ha sollecitato l’intervento degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei per bloccare l’accordo sui droni tra Ankara e Addis Abeba.
Cosa fanno gli Stati Uniti e la Grecia
Giovedì, più o meno contemporaneamente alla diffusione della notizia sui droni turchi a Etiopia e Marocco, gli Stati Uniti e la Grecia hanno firmato un patto per rilanciare la loro cooperazione sulla difesa. Si tratta di una relazione importante: Washington e Atene sono membri della Nato; dagli anni Novanta gli americani possono operare con le loro truppe all’interno del territorio greco e hanno qui diverse basi militari (nella baia di Suda c’è una struttura per le unità navali, ad esempio).
L’accordo dunque non sorprende nessuno: nemmeno la Turchia, che fa parte della Nato ma ha dei contrasti sui confini marittimi con la Grecia. Ad Ankara però non fa piacere vedere l’intesa greco-americana sugli aerei da caccia F-35, che Atene avrebbe intenzione di acquistare per modernizzare le sue forze armate. Dal programma F-35 la Turchia è stata invece esclusa per aver deciso di acquistare il sistema missilistico russo S-400, che gli Stati Uniti ritengono incompatibile con il possesso dei caccia costruiti da Lockheed Martin.
Ankara ha aumentato le esportazioni di droni armati al Marocco e all’Etiopia. Nel frattempo gli Stati Uniti e la Grecia hanno rinnovato la collaborazione sulla difesa