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Il filo rosso che unisce l’Ucraina e il Nagorno Karabakh


Le tensioni tra Armenia e Azerbaijan, mai veramente sopite dal cessate-il-fuoco del novembre 2020, sono aumentate pochi giorni dopo l'inizio dell'azione militare russa in Ucraina

L’invasione russa dell’Ucraina sta provocando gravi ripercussioni sulla già precaria stabilità del Caucaso meridionale. Mentre in Georgia è in corso un pesante scontro istituzionale tra Governo e Presidente, divisi sul condannare o meno l’aggressione di Mosca, in Nagorno Karabakh si è ricominciato a sparare. Le tensioni tra armeni e azeri, mai veramente sopite dal cessate-il-fuoco del novembre 2020, sono aumentate pochi giorni dopo l’inizio dell’azione militare russa in Ucraina. A inizio marzo, le autorità armene del Nagorno Karabakh hanno denunciato operazioni militari azere nei villaggi di Norshen e Khramort mirate a intimidire la popolazione e favorirne il volontario allontanamento dalla regione. Lo scontro si è inasprito l’8 marzo quando la popolazione del Nagorno Karabakh è rimasta senza gas a causa di un incidente alla sezione del gasdotto Shushi-Zariflu posta sotto il controllo delle forze armate di Baku. Il blocco delle forniture, durato circa 10 giorni, ha lasciato al freddo buona parte degli oltre 100.000 armeni che ancora popolano la regione e ha scatenato la dura reazione delle autorità armene che hanno parlato apertamente di “azione di sabotaggio“.

Le intenzioni di Baku, a detta degli armeni, sarebbero quelle di spingere le persone a lasciare la regione per poter avanzare e annettere le zone ancora sotto controllo armeno. Ad avvalorare la tesi dell’atto premeditato è stato anche l’Ombudsman del Nagorno Karabakh, il quale ha accusato pubblicamente gli azeri di impedire l’accesso dei tecnici inviati per riparare il gasdotto. Le accuse armene sono state prontamente smentite dall’Azerbaijan che ha negato ci fossero intenti bellicosi dietro l’accaduto. Al blocco delle forniture di gas sono seguiti ripetuti scontri a fuoco tra azeri e forze territoriali di difesa armene accompagnati dalle solite reciproche accuse di voler provocare un’escalation nella regione.

Dalla battaglia del gas ai morti sul campo

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